BMW mette la retro: si interrompe a metà strada, dopo solo tre anni e senza troppe spiegazioni, l’esperienza del Guggenheim Lab, progetto itinerante che aveva coinvolto New York, Berlino e Mumbai

“Le cose cambiano”. Laconico, freddo, inappellabile. In una parola: teutonico. E dunque in pieno stile BMW. Sentenza che non ammette repliche quella con cui Thomas Girst, responsabile dei progetti culturali della casa automobilistica tedesca, ha commentato al New York Times la decisione di interrompere dopo solo tre anni – a metà esatta di un percorso […]

Le cose cambiano”. Laconico, freddo, inappellabile. In una parola: teutonico. E dunque in pieno stile BMW. Sentenza che non ammette repliche quella con cui Thomas Girst, responsabile dei progetti culturali della casa automobilistica tedesca, ha commentato al New York Times la decisione di interrompere dopo solo tre anni – a metà esatta di un percorso che, avviato nel 2010, doveva durare fino al 2016 – l’esperienza del BMW Guggenheim Lab. Un think tank itinerante ideato da Maria Nicanor e David van der Leer, tra i curatori del pool che lavora alla sezione architettura del museo, e che si proponeva di portare in nove diverse città del mondo una struttura effimera dove accogliere temi, dibattiti e incontri sui temi dello sviluppo sostenibile e della diffusione di buone pratiche, volte a insegnare come vivere lo spazio urbano in maniera più serena e matura. Un tavolo di lavoro che tocca il livello progettuale, da qui il coinvolgimento di designer e urbanisti; ma anche quello culturale in senso lato e quello naturalmente artistico. Primo assaggio nell’East Village (54mila i partecipanti totali agli incontri); poi il caso Berlino, con la tappa che salta su pressing di associazioni intimorite che l’operazione possa implicitamente sostenere speculazioni in quel di Kreuzberg, conferendo all’area un’appetibilità edilizia maggiore; infine Mumbai. Con la struttura disegnata dal giapponese Atelier Bow-Wow ad accogliere un ricco panorama di eventi e situazioni, documentati nella mostra che da ottobre radunerà al Guggenheim gli spunti più felici maturati nel corso del programma. Viene da chiedersi quali saranno, alla luce del netto dietrofront di un partner che annuncia la sospensione del programma senza addurre motivazioni ufficiali, parlando in via molto pacata di insindacabili “cambiamenti strategici” nelle politiche aziendali; tranquillizzando in merito al fatto che non si tratti di divorzio, semmai di un periodo di riflessione. Alle porte, assicurano i protagonisti della vicenda, nuove collaborazioni tra il museo e la casa automobilistica, solo orientate verso altri – al momento ignoti – progetti. La corsa, giurano, è dunque solo rallentata: si era semplicemente sbagliato strada.

– Francesco Sala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Francesco Sala

Francesco Sala

Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

Scopri di più