Se la città non ha più un soldo che si fa? Vendiamo le opere del museo, no? A rischio la collezione del Detroit Institute of Art, con Van Gogh e Bellini che potrebbero servire a ripianare un buco da 15miliardi di dollari

È stato il primo museo americano, era il 1922, ad acquistare un Vincent Van Gogh. E ora rischia di essere il primo a venderlo. Levata di scudi negli Stati Uniti contro la voglia matta di Kevyn Orr, super manager chiamato a trovare la quadra e ripianare il buco di bilancio che avvicina Detroit al baratro […]

È stato il primo museo americano, era il 1922, ad acquistare un Vincent Van Gogh. E ora rischia di essere il primo a venderlo. Levata di scudi negli Stati Uniti contro la voglia matta di Kevyn Orr, super manager chiamato a trovare la quadra e ripianare il buco di bilancio che avvicina Detroit al baratro della bancarotta. Come abbia fatto la città della Motown a realizzare un debito da 15miliardi di dollari è un mistero della fede: fatto sta che ora i creditori cominciano a farsi aggressivi. E ad adocchiare i gioielli di famiglia. Secondo una prima stima il valore complessivo dei sessantamila pezzi del Detroit Institute of Art potrebbe aggirarsi attorno ai due miliardi e mezzo di dollari: da qui la ventilata possibilità di un’alienazione che ha già scatenato il comprensibile valzer di polemiche. Perché la burocrazia dice che l’operazione, tecnicamente, si può anche fare. Caso particolare quello del museo, che a differenza di quanto accade per altre collezioni americane – proprietà di enti senza fini di lucro e per questo invendibili – detiene la titolarità sulle opere che conserva, inestimabile patrimonio mobile di una realtà che, al pari di qualsiasi altro soggetto giuridico, può dichiarare fallimento. E quindi essere agevolmente assalita dai creditori.
La bagarre suscitata dalla notizia ha immediatamente ricondotto tutti a più miti consigli. Orr si è affrettato a specificare in una nota ufficiale come si sia limitato a chiedere una valutazione ufficiale della collezione in via puramente cautelativa, nel caso la situazione davvero volgesse al peggio; la politica, intanto, prova a creare una rete di cavilli per impedire o quanto meno ostacolare l’eventualità che un giorno si possa dover mettere all’asta i vari Monet e Picasso, Renoir e Matisse, Bellini e Bruegel  conservati a Detroit. Passa per 24 voti a 13, al Senato del Michigan, la risoluzione che vorrebbe obbligare i musei dello Stato all’adesione al codice etico dell’American Alliance of Museum, che impone vincoli più che rigidi in termini di dismissione delle collezioni.
La battaglia è però ancora aperta.

Francesco Sala

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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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