Biennale Updates: top e flop. Le sette cose migliori e le sette peggiori a Venezia secondo il nostro insindacabile giudizio

TOP Mostra internazionale I tanti che hanno visto Il Palazzo Enciclopedico come fiore all’occhiello della migliore Biennale da parecchi anni, ne hanno apprezzato il concept deciso, l’aderenza delle scelte curatoriali al medesimo, il rigore critico anche negli allestimenti e nei sussidi didascalici, la grande ricerca fatta a monte, che ha portato a sorprendenti scoperte o […]

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Mostra internazionale
I tanti che hanno visto Il Palazzo Enciclopedico come fiore all’occhiello della migliore Biennale da parecchi anni, ne hanno apprezzato il concept deciso, l’aderenza delle scelte curatoriali al medesimo, il rigore critico anche negli allestimenti e nei sussidi didascalici, la grande ricerca fatta a monte, che ha portato a sorprendenti scoperte o rivalutazioni fra gli artisti presenti. Esame superato brillantemente per un Massimiliano Gioni ormai più che maturo e grande professionista.

Viceversa, Padiglione Italia - Luigi Ghirri

Padiglione Italia
Da quando è stato ripristinato, il Padiglione Italia ha subìto – usiamo questo eufemismo – alterne vicende. Dalla rigida coppia Penone-Vezzoli nel 2007 alla collettivona della coppia Luca Beatrice/Beatrice Buscaroli, fino alla prova fuori contesto messa in piedi da Vittorio Sgarbi. Con le 7 coppie di Vice versa proposte da Bartolomeo Pietromarchi si torna finalmente a livelli internazionali, e in spazi notevolissimi. Anche l’operazione di crowdfounding è andata più che bene, a prova che il concept è piaciuto e che la voglia di partecipazione era (è) ampia. E poi per una volta nella vita un gruppo di artisti italiani si è confrontato con la possibilità di avere reali risorse per la produzione.

Lichtenstein alla Fondazione Vedova

Lichtenstein alla Fondazione Vedova
Non è assolutamente fra le opere più riuscite di Renzo Piano, la Fondazione dedicata a Emilio e Anna Vedova ai Magazzini del Sale. In particolare per quel sistema di rotaie che fanno scorrere le opere di Vedova, rendendo gli spazi da angusti a claustrofobici. In queste settimane, però, sono tutti ben custoditi al fondo del budello e un allestimento leggero e intelligente ordina una personale-gioiellino di Roy Lichtenstein “scultore”. E finalmente si respira.

Ca’ Pesaro

Ca’ Pesaro & MuVe
Uno dei segnali più decisi e rigorosi della direzione Belli dei Musei Civici Veneziani (MuVe). Adoperando in maniera oculata e intelligente il budget a disposizione, ha trasformato il museo, nella parte relativa alla collezione, in un luogo vivace e istruttivo. Un riallestimento mozzafiato, realizzato con mezzi semplici e valorizzando quel che era (incredibilmente) in magazzino. L’immenso gesso di Rodin all’ingresso giustifica da sé il prezzo del biglietto.

Padiglione Romania ai Giardini

Padiglione Romania ai Giardini
Dimostrazione quasi accademica di come si può realizzare un padiglione memorabile con pochissimi denari. An Immaterial Retrospective of the Venice Biennale – ideato da Alexandra Pirici e Manuel Pelmuş e curato da Raluca Voinea – performa in uno spazio vuoto la storia della Biennale, restituendone attraverso il movimento e i corpi opere e momenti capitali della rassegna veneziana.

Il clima a Venezia

Il clima a Venezia
Avrà pure piovuto un pochino, ma – al netto di qualche disagio per pochi centimetri di acqua “altina” a San Marco venerdì 31 maggio – il fresco ha consegnato giornate biennalesche nelle quali alla stanchezza non ha contribuito la calura umida tipica del giugno veneziano. Chi ha memoria della Biennale 2003, ricorderà che significhi affrontare l’altoforno Corderie con climi subtropicali. Una Biennale senza sudate non ha prezzo.

Jeremy Deller

Jeremy Deller, Stefanos Tsivopoulos, Katrín Sigurdardóttir
Dove non si “premia” tanto l’oggetto delle singole proposte, quanto l’aver magistralmente interpretato o reinterpretato il concetto di padiglione “nazionale”. Con inflessioni diverse, com’è ovvio, ma con comune tensione spirituale e creativa: nella pungente ironia – che a ben vedere nasconde malcelata passione – dello zibaldone visuale di Deller (Padiglione Gran Bretagna), nella drammatica cronaca dai ritmi cinematografici di Tsivopoulos (Padiglione Grecia), nella riflessione finanche architettonica e prossemica di Sigurdardóttir (Padiglione Islanda).

FLOP

Mostra internazionale 1

Mostra internazionale
Una mostra, non una biennale: che poteva andar bene – per dire – al Centre Pompidou, ma non a Venezia. C’è sempre un rovescio della medaglia: per cui non è mancato chi ha disprezzato la prova di Gioni, ritenuta presuntuosa coi suoi intenti educativi, violenta nella trasformazione dell’Arsenale a suon di cartongesso. Ragioni, queste, rafforzate dallo stesso Statuto della Biennale: che recita – più o meno – che la mostra deve (dovrebbe) presentare quanto di nuovo accaduto nel mondo dell’arte nei due anni precedenti. E con circa un terzo di morti fra gli artisti invitati, i conti sono presto fatti…

Viceversa, Padiglione Italia - Flavio Favelli

Padiglione Italia
Qualcosa non quadra, e stavolta senza la scusante dei tempi strettissimi. Non quadra a livello strategico, perché dovrebbe essere chiaro ormai a tutti che restano impresse le personali o al massimo le bipersonali nei padiglioni nazionali. Scegliendo una sola delle coppie (ad esempio Baruchello e Benassi?) o al limite due, il risultato sarebbe stato con ogni probabilità più caratterizzante. Solo paesi come l’Indonesia, con tutto il rispetto, si pigliano il lusso di presentarsi a Venezia con decine di artisti; Usa, Uk, Francia e Germania (ma anche Spagna, Belgio, Olanda, Austria, Svizzera, Canada) – ovvero i big dell’arte globale al cui novero l’Italia dovrebbe aspirare – si fanno quasi sempre rappresentare da una mostra personale. I grandi spazi del nostro padiglione non possono indurre i curatori a continuare con collettive che, specie nel contesto veneziano, non possono avere l’impatto auspicato.

Germania

Scambio Germania\Francia
A Biennale vista, sfugge il senso dello scambio di padiglioni, che alla fine si fa notare solo per il disorientamento in quei visitatori – tanti – che ignoravano la cosa. A monte ci sarebbe la celebrazione del cinquantennale delle relazioni culturali fra i due Paesi: ma qualcuno ha visto menzione della cosa ai Giardini? L’unico risultato tangibile è stato un pessimo padiglione tedesco in terra francese.

Ai Weiwei

Ai Weiwei
Segnali di imbolsimento, di inaridimento della vena di una ex grande promessa dell’arte globale, venivano già da tempo. D’accordo le sofferenze, le violenze, le privazioni, gli arresti: ma tutto ciò un po’ contrasta con la grande invadenza mediatica, e con l’indugiare oltremisura sul personale. Tanto che inviare a Venezia la madre in sua rappresentanza – come accaduto nei giorni scorsi – ai più maliziosi appare più una trovata propagandistica che un’esigenza. Quanto agli esiti formali, la grande installazione al Padiglione Germania pare replicare plot già stravisti, un’accumulazione di sgabelli non troppo dissimile anche a quella di biciclette di recente alla Galleria Continua…

Photissima a Mestre

Photissima
Il numero di eventi che si svolgono durante la settimana di vernice della Biennale di Venezia è a tre cifre. Che senso ha dunque proporre una fiera proprio in quei giorni, e per di più… a Mestre? Anche il completista più forsennato non può che mollare la presa. E rischia di restare solo il rammarico di non aver potuto visitare un evento sulla carta interessante dopo le cose buone che questa rassegna aveva fatto vedere a Torino. Peccato.

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Gli articoli sui quotidiani
In generale e ancor di più nelle sezioni locali dei quotidiani: strafalcioni su strafalcioni senza aver mai sentito nominare prima nessuno degli artisti. Ma un po’ di professionalità resta ancora alla professione del giornalista?

Padiglione Giappone

Padiglione Giappone
La giuria internazionale gli ha attribuito una menzione speciale “per l’acuta riflessione sui temi della collaborazione e del fallimento”. Ma a molti il padiglione ideato dall’artista Koki Tanaka, con la curatela di Mika Kuraya, è apparso di difficile lettura non tanto nella concettosità venata di sociologia, quanto nell’inafferrabile confusione degli “oggetti” presentati che tale concept dovevano interpretare. Purtroppo, chi visita la Biennale non ha a disposizione mezza giornata per “entrare” in un progetto che, tra l’altro, prevedeva necessariamente la visita alla scorsa edizione della Biennale Architettura.

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Redazione

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