Ma non era di sinistra? Perle liberal per Massimo Bray, che si presenta alle commissioni cultura di Camera e Senato: fiscalità di vantaggio per i privati che restaurano dimore storiche e porte aperte al “federalismo museale”

Se fosse arrivato da un’altra fazione politica si sarebbe forse parlato apertamente di “federalismo museale”: parte il primo siluro al sistema da parte del Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, impegnato nel primissimo pomeriggio a relazionare le commissioni permanenti di Camera e Senato sui programmi per il prossimo futuro del dicastero. Un lungo elenco organizzato […]

Se fosse arrivato da un’altra fazione politica si sarebbe forse parlato apertamente di “federalismo museale”: parte il primo siluro al sistema da parte del Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, impegnato nel primissimo pomeriggio a relazionare le commissioni permanenti di Camera e Senato sui programmi per il prossimo futuro del dicastero. Un lungo elenco organizzato per punti – oltre venti – documentato e argomentato senza troppi fronzoli: priorità assoluta diventa puntellare e valorizzare le aree archeologiche, partendo da Pompei e arrivando a un progetto di valorizzazione a sviluppare tra Fori imperiali e asse dell’Appia antica; ma anche stringere le maglie del legislatore quando si tratta di individuare e colpire fenomeni di contrabbando e esportazione illecita di reperti. Tutto sacrosanto, tutto in linea con quanto ti aspetti dica un ministro, che sorprende invece quando tira fuori dal cilindro una perla di orgoglio museale: indecente che solo una minima parte dei proventi dei musei resti alle istituzioni, con lo Stato a drenare la fetta più grande della torta. Le risorse restino in toto alle collezioni, con maggiore e più elastica possibilità di gestione. Ma non finisce qui, perché si passa ben presto allo spinosissimo punto del rapporto tra pubblico privato, con Bray che rilancia sulla cosiddetta “fiscalità di vantaggio”: agevolazioni di IVA e – naturalmente – IMU per i proprietari di immobili storici che devono operare restauri e interventi. Perché si tratterà pure di casa loro, ma un castello che cade a pezzi è una disastro per l’intera comunità. “Un ministro dei beni culturali che intende dare battaglia per avere più fondi. Una priorità che sarà assecondata anche dal Parlamento“: così in una nota d’agenzia il PD Andrea Marcucci, presidente della commissione cultura in Senato, che sottolinea tra i vari passaggi del discorso del ministro l’impegno per sbrogliare al più presto l’intricata questione dei restauratori, con la prossima emanazione dei decreti attuativi necessari per regolare al meglio l’accesso alla professione.  “Tante belle parole, ma ci aspettiamo segnali di maggiore concretezza” commenta invece Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega Nord in commissione cultura a Palazzo Madama: bene le dichiarazioni di intenti, insomma, ma è necessario capire dove andare a trovare i soldi per chiudere il “libro dei sogni” e passare all’azione. Un paio le proposte su cui il Carroccio intende picchiare duro: aggiramento dei vincoli del patto di stabilità per i comuni che decidano di investire nel recupero di beni architettonici e revisione della proposta di legge, oggi nell’oblio del parlamento, che prevede la destinazione dei fondi dell’Otto per Mille destinati allo Stato. “Ad oggi solo il 25% di quella somma andrebbe alla tutela dei beni culturali” spiega Centinaio, “alzarla di altri cinque punti percentuali darebbe un segnale forte sulla reale volontà di questo governo di sostenere il nostro patrimonio”.

– Francesco Sala

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