La Biennale non c’entra: il Padiglione Natura è a Milano. Lo realizza Bros, street-artist alle prese con una costruzione effimera ai margini di uno dei cantieri sorti all’ombra di Expo; una riflessione amara su un paesaggio negato

Ironia della sorte: parti per un viaggio a caccia di frammenti di paesaggio liberi dall’intervento dell’uomo, con l’intento di documentare angoli vergini d’Italia; torni con le pive nel sacco, dopo 10mila chilometri passati a registrare piloni, cemento, asfalto e tralicci. Ovunque. E vieni chiamato per intervenire a margine di un cantiere nel cuore di Milano, […]

Ironia della sorte: parti per un viaggio a caccia di frammenti di paesaggio liberi dall’intervento dell’uomo, con l’intento di documentare angoli vergini d’Italia; torni con le pive nel sacco, dopo 10mila chilometri passati a registrare piloni, cemento, asfalto e tralicci. Ovunque. E vieni chiamato per intervenire a margine di un cantiere nel cuore di Milano, città grigia per eccellenza, destinata a rabbuiarsi ulteriormente nel nome dell’utopia verde lanciata da Expo 2015. Faccenda strana quella capitata a Bros, street artist già alle prese con interventi al Macro e recentemente all’opera nel centro storico de L’Aquila. Nel 2010 passa in rassegna invano il Belpaese insieme a Cosimo Filippini, professione fotografo; nel 2012 riceve la chiamata da parte dell’impresa alto-atesina che in zona Politecnico realizzerà nuove soluzioni residenziali per la Milano che vuole crescere all’ombra di Expo. Tre anni e rotti di cantiere quelli previsti, troppo oneroso pensare di allocare le maestranze in alberghi e pensioni; costa meno realizzare una soluzione ad hoc, ecco spuntare allora una nuova palazzina lungo l’asse di via Pinturicchio. In facciata un enorme pannello in legno, tutto da decorare.
È qui che Bros mette mano alle bombolette, costruendo quel paesaggio che non ha saputo trovare altrove: sembrano brandelli di decollage, strappi convulsi, e invece le sue forme ricalcano il profilo di monti, colline, golfi e promontori; la palette dei colori copre dodici differenti gradazioni, assemblate in accostamenti di complementarietà. Un atlante impossibile, tradotto su legno. L’intervento, destinato a scomparire alla chiusura del cantiere e rendersi disponibile per seguire l’impresa costruttrice nei suoi successivi lavori, porta il nome di Padiglione Natura: nessuna coincidenza biennalistica, semmai lo sguardo rivolto alle partecipazioni nazionali ad Expo. L’insegna posta sul tetto della costruzione inganna e seduce: promette un contesto espositivo che in realtà non esiste, in una ironica musealizzazione della vita dell’operaio, inscatolato suo malgrado alle spalle di un’opera d’arte. La natura siamo noi, sembra dire Bros. Tutto è paesaggio. E allora ben venga l’esorcismo della presenza pervasiva dell’uomo, alla luce di una rinnovata sintesi concettuale tra ambiente e attività produttiva.

– Francesco Sala


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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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