Ve lo ricordate River Phoenix, morto a 23 anni mentre girava Dark Blood? Il film, mai uscito, è adesso alla Berlinale. Un flop, compensato dal trionfo del kazako Harmony Lesson

Mentre Potsdamer Platz comincia a svuotarsi e in sala stampa il ticchettio sulle tastiere dei computer non è più intenso come nel Processo di Orson Welles, durante la penultima giornata di proiezioni alla Berlinale sono solo due i film da non bucare. Dark Blood di George Sluizer è un fuori concorso. Anche in questo caso nessuno […]

Mentre Potsdamer Platz comincia a svuotarsi e in sala stampa il ticchettio sulle tastiere dei computer non è più intenso come nel Processo di Orson Welles, durante la penultima giornata di proiezioni alla Berlinale sono solo due i film da non bucare. Dark Blood di George Sluizer è un fuori concorso. Anche in questo caso nessuno ne avrebbe reclamato l’assenza, ma la ragione di molto rumore per nulla stava tutta nella particolare aneddotica legata alla pellicola. Il film risale al 1993, anno in cui, a dieci giorni dal termine delle riprese, l’astro nascente River Phoenix moriva di overdose. Set sigillato e sequestro del girato. Sluizer, dopo quasi venti anni e senza consenso della famiglia Phoenix, rimonta il film e usa una monocorde voce fuori campo per ovviare ai materiali mancanti. Non è chiaro se sia stato più ardito il regista a presentare il risultato del cattivo esperimento, oppure il Festival di Berlino a considerarlo, anche solo fuori concorso. Risultato? La pellicola ha sfigurato in maniera veramente sfacciata, visto che seguiva tra l’altro l’anticipazione del giovane kazako Emir Baigazin con Harmony Lesson, questa volta un’opera in concorso: la folgorazione che ancava. Si può certo soprassedere sull’eccesso di retorici simbolismi, per un esordiente che promette una fulgida carriera, grazie a un universo visivo di incisiva visionarietà. Una storia darwiniana, la sua, sul tema della sopravvivenza del più forte nella giungla della vita. Nel caso specifico ci troviamo in una scuola di adolescenti nella steppa del Kazakistan. A fare le spese del bullismo è l’intelligente tredicenne Aslan, che mentre sfoga le umiliazioni ricevute con un eccesso di igiene, macchina una spietata vendetta. I volti intensi dei ragazzini della steppa, esaltati insieme al paesaggio dal direttore della fotografia Aziz Zhambakiyev, e una ipnotica colonna sonora, contribuiscono al senso di unitaria eleganza espressiva e all’avvincente efficacia narrativa.
In ultimo, due parole sul turco Soguk (Cold) di Ugur Yucel, presentato nella sezione “Panorama”, storia di un padre di famiglia che si innamora di una prostituta russa e per lei fa esplodere un ponte, uccidendo infine il fratello. Atmosfere chagalliane di lunare bellezza, per una sceneggiatura schematica ma funzionale.

– Federica Polidoro

www.berlinale.de

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Federica Polidoro

Federica Polidoro

Federica Polidoro si laurea in Studi Teorici Storici e Critici sul Cinema e gli Audiovisivi all'Università Roma Tre. Ha diretto per tre anni il Roma Tre Film Festival al Teatro Palladium, selezionando opere provenienti da quattro continenti, coinvolgendo Istituti di…

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