Aroma di nuovo in casa Lavazza: dopo vent’anni a braccetto con fotografi di grido il Calendario 2013 diventa social. Nasce con i contributi setacciati in rete da Marco Brambilla. Ed è tutto digitale

La foresta Amazzonica sentitamente ringrazia: con buona pace del comparto dei tipografi, stampatori, rilegatori e distributori. L’edizione 2013 del premiato Calendario Lavazza molla la carta e si getta esclusivamente su web, segnando il passo di una piccola e curiosa rivoluzione dell’immagine che, come ogni stravolgimento che si rispetti, non può non nascere dal basso. Dalla […]

La foresta Amazzonica sentitamente ringrazia: con buona pace del comparto dei tipografi, stampatori, rilegatori e distributori. L’edizione 2013 del premiato Calendario Lavazza molla la carta e si getta esclusivamente su web, segnando il passo di una piccola e curiosa rivoluzione dell’immagine che, come ogni stravolgimento che si rispetti, non può non nascere dal basso. Dalla rete, naturalmente, la stessa su cui il progetto vive dallo scorso 1 gennaio all’indirizzo operaviva.lavazza.com. Mentore del progetto Marco Brambilla (Milano, 1960), uno che ha cominciato come regista del Demolition Man interpretato da Stallone, è passato attraverso i videoclip per Kanye West e ha trovato ormai da tempo nella video-arte un nuovo, piacevole, ambito espressivo. Mesi passati a raccogliere contributi da tutto il mondo, con gli instagrammer (e non solo) scatenati a caricare sul sito Lavazza foto varie e disparate; la selezione di poche decine di immagini, opportunamente cucite in caleidoscopici filmati animati, tutti luci ed effetti pop. Ed ecco il calendario: due minuti di video a raccontare dodici mesi, le ventiquattro ore di una giornata tipo esplose e spalmate, due al giorno, sui dodici mesi. Un cortocircuito temporale alla Joyce, una Odissea visuale intrigante e potenzialmente infinita: perché chiunque può scaricare il template base ed arricchirlo con le proprie immagini, tenendo sul desktop del computer, sullo smartphone o sul tablet il proprio almanacco privato. Si è parlato di calendario social, viene da pensare a un calendario socialista: il lunario del popolo, creato dalla collettività per la collettività, con buona pace delle royalty e di un diritto d’autore finalmente liberato e condiviso. Tolta ogni valutazione soggettiva sull’esito estetico finale, che può piacere o meno, resta la testimonianza di un esperimento coraggioso, che manda in soffitta i recenti contributi patinati dei vari Helmut Newton, Annie Leibovitz e David LaChapelle; abbracciando la trasmutazione tutta contemporanea del “lo potevo fare anch’io” in “lo posso fare anche io”. E dunque lo faccio.

– Francesco Sala

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Francesco Sala

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