Linee morbide e un dedalo di parchi urbani a servizio della città. Milano scopre il progetto del nuovo Campus Bocconi disegnato dal duo giapponese Sanaa: il cantiere, nell’area dell’ex Centrale del Latte, parte a gennaio

Milano, via Sarfatti. Dell’ex Centrale del Latte resta solo un muro di cinta; graffittato a dovere e sberciato il giusto: malinconico il ricordo di generazioni di milanesi, trascinate con la scuola a visitare quella fabbrica che sapeva così tanto di natura, strana sintesi tra la città industriale e una vaga lontana idea di campagna. L’ex […]

Milano, via Sarfatti. Dell’ex Centrale del Latte resta solo un muro di cinta; graffittato a dovere e sberciato il giusto: malinconico il ricordo di generazioni di milanesi, trascinate con la scuola a visitare quella fabbrica che sapeva così tanto di natura, strana sintesi tra la città industriale e una vaga lontana idea di campagna. L’ex Centrale del Latte è un lotto da 35mila metri quadri, risparmiato dai presumibili appetiti dei costruttori di turno, ceduto nel 2006 alla Bocconi. L’ex Centrale del Latte sarà, lavori ultimati entro il 2018, il nuovo Campus dell’Università: quattro edifici per la School of Management, due piscine – di cui una olimpionica; un parcheggio interrato da 15mila metri quadri e una torre residenziale capace di accogliere trecento studenti.
Un cantiere che vale 130 milioni di euro e che oggi trova, alla chiusura del concorso internazionale bandito per individuare i progettisti, un papà e una mamma: si tratta di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, in arte – o meglio: in architettura – Sanaa, studio dal portfolio a prova di bomba, capace di bruciare la concorrenza dei vari Chipperfield, Fuksas, Decq e Koolhaas. Loro la recente dependance del Louvre a Lens, loro il Rolex Learning Center del Politecnico di Losanna; loro anche il New Museum of Contemporary Art di New York e la regia della Biennale Architettura 2010: e loro un progetto che, a Milano, ha convinto per la capacità di aprire l’Università alla città. Perché se su un’area di 35mila metri quadri oltre 21mila vengono destinati al verde, fruibile dall’intera collettività, significa che il processo di integrazione con il contesto urbano è reale, che l’intervento si propone di essere il meno invasivo possibile; che la prossimità con il Parco Ravizza consentirà il naturale ampliamento di una delle poche macchie di colore a ridosso del centro della grigia Milano. Le linee sinuose dei fabbricati si intrecceranno in un labirinto di piccoli e grandi giardini, tutti collegati tra loro: spazi per il relax, per lo studio all’aria aperta; piazze verdi da vivere e condividere.
Un processo di mimetizzazione con il contesto della città che potrebbe non finire qui: l’Università spinge perché la giunta Pisapia consenta la pedonalizzazione – o la limitazione al traffico – di via Sarfatti, arteria che separa il blocco storico della Bocconi dal nuovo Campus; il consigliere delegato dalla Bocconi a seguire passo dopo passo l’iter progettuale, Carlo Pavesi, si augura poi il pressing dell’amministrazione sul proprietario di un ulteriore piccolo lotto, adiacente al campus in direzione del Parco Ravizza, attualmente inutilizzato e potenzialmente funzionale ad ulteriori ampliamenti.
Chi vivrà vedrà: a gennaio l’apertura dei lavori di bonifica dell’area, con i carotaggi che sembrano aver scongiurato brutte sorprese in termini di falda – annosa questione milanese – e presenza di inquinanti; via poi, dunque, a tappe forzate verso il 2015. Perché la data dell’Expo coincide con il primo importante step, la conclusione dei lavori per la torre che accoglierà gli alloggi per gli studenti, unica parte “visibile” di un complesso che resterà a bassa quota, nascosto dagli alberi, a significare se ancora ce ne fosse bisogno la volontà di non imprimere segni eccessivi sul contesto urbano.

– Francesco Sala

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Francesco Sala

Francesco Sala

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