Gina Lollobrigida e quel fattaccio che la portò in tribunale. A Venezia l’attrice-artista racconta un episodio curioso, finito per il meglio. La storia dell’elaborato furto…

L’arte irrompe prepotentemente nella Mostra del Cinema e lo fa non solo con Marina Abramovic (giurata del concorso e protagonista del film di Giada Colagrande), ma anche con le parole improvvise e dirette di Gina Lollbrigida, “reinventatasi” fotografa e scultrice circa 15 anni fa e vanto – dicono le cronache istituzionali – dell’arte italiana al’estero: […]

L’arte irrompe prepotentemente nella Mostra del Cinema e lo fa non solo con Marina Abramovic (giurata del concorso e protagonista del film di Giada Colagrande), ma anche con le parole improvvise e dirette di Gina Lollbrigida, “reinventatasi” fotografa e scultrice circa 15 anni fa e vanto – dicono le cronache istituzionali – dell’arte italiana al’estero: dell’attrice fioccano mostre personali in prestigiose istituzioni internaizonali, come il museo Puskin di San Pietroburgo, dove l’evento fu inaugurato niente di meno che alla presenza di Putin.
Ospite a Venezia del Festival di Taormina, che presentava alla terrazza del Lancia Cafè l’edizione 2013, la Lollo nazionale ha ricevuto il “Premio Le Colonne della Città di Taormina”, (applaudita da un onnipresente Alberto Barbera, autentico padrone di casa). Ma al momento di esporre la gioia per il proprio ritorno al Lido dopo 11 anni di assenza, Gina ha spiazzato tutti narrando la truffa operata ai suoi danni da parte di “amici” che si erano presi la briga di produrre e vendere opere a suo nome. La Lollo – che detto tra parentesi è stata venerata da Marilyn Monroe come proprio modello, mica poco… – ha sporto denuncia e vinto una causa. 200mila euro pare abbia reso lo sfruttamento del suo nome ad un gallerista romano, che in coppia con il responsabile di una notissima casa di gioiellieri, fu imputato dei reati di “truffa, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con segni mendaci”.
Il fatto risale al 2002, quando i due, approfittando dei rapporti di confidenza con l’attrice, le fecero credere che i proventi delle vendite sarebbero finiti in beneficenza. Tutto falso, a quanto pare. Furono proprio le tasche del gallerista ad averne vantaggio, mentre il socio, appropriatosi di un “bozzetto” dell’artista, lo fuse con un altro oggetto della sua azienda, creando un manufatto “tarocco” e spacciandolo per una creazione griffata Lollobrigida. L’azienda, alla fine del processo, avrebbe patteggiato.
Gina, in tutta questa storiaccia, racconta d’averci guadagnato solo anni di esaurimenti nervosi e depressione, dai quali è oggi felice di dirsi liberata, finalmente.

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