“A dirigere la Biennale volevo Hou Hanrou. Massimiliano Gioni? Lo hanno imposto Baratta e Orsoni”. Non si placa il dissenso del consigliere Emmanuele Emanuele

“Sono un uomo pacifico e sono stupito di questo can-can mediatico per aver chiesto e preteso una cosa normalissima: quella che le scelte della Biennale siano condivise e non solo frutto delle decisioni del presidente, con una semplice presa d’atto dei consiglieri. Dov’è lo scandalo?”. Non accenna a placarsi il dissenso manifestato da Emmanuele Emanuele, […]

Sono un uomo pacifico e sono stupito di questo can-can mediatico per aver chiesto e preteso una cosa normalissima: quella che le scelte della Biennale siano condivise e non solo frutto delle decisioni del presidente, con una semplice presa d’atto dei consiglieri. Dov’è lo scandalo?”. Non accenna a placarsi il dissenso manifestato da Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Roma e neoconsigliere della Biennale di Venezia, nei confronti del presidente Paolo Baratta e delle dinamiche interne al Cda. E anzi la polemica torna a ravvivarsi, con l’intervista rilasciata da Emanuele La Nuova Venezia, dalla quale emerge la sua determinazione ad ottenere rispetto dei ruoli, ed anche qualche retroscena alquanto interessante.
Per le Arti Visive – precisa il consigliere -, pur con la massima stima di Massimiliano Gioni, ho proposto una candidatura orientale come quella di Huang Rui”. Huang Rui? Il nome del sessantenne artista cinese non ci convinceva, in questo contesto, per cui siamo andati a verificare alla fonte: il nome – equivocato –  avrebbe dovuto essere quello di Hou Hanru, uno dei big dell’art scene globale, già curatore di importanti rassegne come la Shanghai Biennale (2000), la Gwangju Biennial (2002), la Guangzhou Triennial (2005), la Istanbul Biennial (2007). E questa è una notizia: una validissima alternativa sul tavolo, che poi ha portato alla scelta di Gioni. “Mi è stato detto – prosegue Emanuele – che l’istruttoria era già stata compiuta e si è scelto Gioni, senza che tra l’altro fossero neppure presenti alla seduta il presidente della Regione Zaia e quello della Provincia Zaccariotto. Hanno in pratica deciso Baratta e il sindaco Orsoni. Se alla Biennale funziona così e non è possibile interagire con le scelte del presidente, ne prendo atto e vorrà dire che costituirò un elemento di diversità all’interno del Consiglio di amministrazione”.
E non manca l’affondo sull’autonomia rivendicata da Baratta, con puntualizzazioni che toccano la sfera finanziaria: “Mi ha nominato il ministro Ornaghi, e lui rappresento nel Consiglio della Biennale. La piena autonomia può esistere in fondazioni private come quella che presiedo e che anche quest’anno ha fatto 53 milioni di utile, ma la Biennale è un’istituzione pubblica la cui sopravvivenza dipende dai 14 milioni di euro che gli assicura ogni anno proprio il Ministero dei Beni Culturali”. Prossimo rendez-vous? Il 10 marzo, quando è convocato il prossimo Consiglio di amministrazione, ed i due si ritroveranno di fronte…

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