E lo chef si fa il suo centro culturale. Tra formazione, ospitalità e marketing territoriale Niko Romito, forse il migliore cuoco italiano, apre in Abruzzo Casadonna

Per fortuna è difficile, in questo momento storico, sbilanciarsi su quale sia il miglior cuoco d’Italia. L’offerta è così vasta ed eterogenea, la qualità è così elevata, la competizione è così alle stelle da rendere impossibile una credibile graduatoria. Ciò che si può delineare, questo sì, è un gruppo di testa. Una formazione di eccellenze […]

Per fortuna è difficile, in questo momento storico, sbilanciarsi su quale sia il miglior cuoco d’Italia. L’offerta è così vasta ed eterogenea, la qualità è così elevata, la competizione è così alle stelle da rendere impossibile una credibile graduatoria. Ciò che si può delineare, questo sì, è un gruppo di testa. Una formazione di eccellenze assolute. All’interno di questa, c’è chi dice sul podio, chi nella top5 o nella top10, sta per meriti e talento Niko Romito. Ma c’è qualcosa che va ancora oltre al talento: il coraggio. L’iniziativa che lo chef abruzzese ha inaugurato in questi giorni, dopo anni di progetti e di cantieri, segna uno spartiacque. Delinea un prima e un dopo in quell’ambito dove creatività e cibo si incontrano e si scontrano.
È il cuciniere-imprenditore che inventa una piattaforma a network, pronta, modularmente, a cooperare con altri network esterni ad essa, capace di servire da mangiare, ma anche di fare formazione, di fare ricerca, di sviluppare nuovi format. Si chiama Casadonna e sta dentro ad un antico convento cinquecentesco tra i poggi di Castel di Sangro, dove Abruzzo e Molise si toccano, a pochi chilometri da Rivisondoli, sino a ieri patria storica della tavola di Niko Romito: il ristorante Reale, da oggi perla di Casadonna.
Dentro Casadonna, che Marco Bolasco, direttore della guida Slow Food ha identificato come un “centro culturale” applicato alla gastronomia, c’è tutto. Ristorante, scuola, laboratorio in progress, albergo, agriturismo, fattoria, vigneto, frutteto… Nella cornice di un progetto di recupero che fa tanto marketing territoriale, che profuma di turismo di qualità, che ci parla di quale valore aggiunto (l’unico che ci è rimasto, e sarebbe bene lavorarci) può generare, oggi, questo paese.
Un atteggiamento che ricorda il passo che negli anni Novanta avevano gli chef spagnoli. Non è un caso se la trasformazione di El Bullì, di cui abbiamo parlato qualche giorno fa, e la contestuale apertura di Casadonna abbia fatto baluginare ad un altro attento osservatore, come Paolo Marchi, inventore di Identità Golose, il parallelo Adrià-Romito. La Spagna sta definitivamente passando lo scettro di mecca della creatività (e della qualità) gastronomica all’Italia?

Casadonna
086469382
www.casadonna.it


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Redazione

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