Alla Biennale è già tempo di classifiche. Le 10 cose defilate da non perdere a Venezia

A Venezia, durante i mesi della Biennale, vi sono le robe che è facile vedere e quelle che invece sono assai fuorimano.  Lasciamo a voi la graduatoria delle tante cose collocate strategicamente nei circuiti e nei tracciati turistici cercando di darvi conto di eventi marginali. Mostre con poca visibilità. Cose che è facile perdersi. Vediamo se […]

A Venezia, durante i mesi della Biennale, vi sono le robe che è facile vedere e quelle che invece sono assai fuorimano.  Lasciamo a voi la graduatoria delle tante cose collocate strategicamente nei circuiti e nei tracciati turistici cercando di darvi conto di eventi marginali. Mostre con poca visibilità. Cose che è facile perdersi. Vediamo se siete d’accordo su questa selezione.
La mostra che mescola arazzi antichi con arazzi contemporanei (da Carlos Garaicoa a Grayson Perry passando ovviamente per Alighiero Boetti) alla Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore.

L’installazione di Hans Op De Beeck all’Arsenale Novissimo all’interno della mostra One of a Thousand Ways to Defeat Entropy.

Il Padiglione Lussemburgo, dalle parti di Palazzo Grassi, per perdere l’equilibrio.

Il Padiglione Montenegro, col progetto della montenegrina Marina Abramovic per il nuovo museo che verrà edificato nel piccolo stato adriatico.

Il Padiglione Islanda con il complesso, intelligente e sexy progetto di Olafur Olafsson e Libia Castro, a Cà Zenobio.

La casa-sottiletta di Erwin Wurm alla mostra Glasstress, all’Istituto Veneto. Con panorama dal Ponte dell’Accademia.

La mostra The Future of a Promise tutta dedicata agli artisti arabi. Ai Magazzini del Sale. Ben allestita e non banale.

The Mediterranean Approach, sempre al Collegio Armeno di Cà Zenobio, in particolare per le sculture di David Casini e il video (qui sotto) del francese Ange Leccia.

Il Padiglione Portogallo per il bravo artista ospitato, ma anche per il terrazzino-patio sul Canal Grande che non ha eguali…

Il meticoloso progetto fotografico di Simone Bergantini alla galleria di Jacopo Jarach dalle parti della Fenice. Giovane artista italiano che assorbe, ingurgita e digerisce l’immaginario a stelle e strisce.

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Redazione

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