Drodesera Festival 2017. Intervista a Marta Cuscunà e Tania El Khoury

In viaggio nel Supercontinente di Centrale Fies, che ospita la 37esima edizione del festival Drodesera. Le artiste Marta Cuscunà e Tania El Khoury dialogano e si confrontano sul rapporto tra realtà e finzione e i problemi etici che derivano dal rielaborare in direzione artistica il dato reale

Marta Cuscunà è un’artista attiva nell’ambito delle arti performative. Dal 2009 fa parte del progetto Fies Factory di Centrale Fies. Con lo spettacolo È bello vivere liberi! Progetto di teatro civile per un’attrice, cinque burattini e un pupazzo vince il Premio Scenario Ustica. Nel 2012 ha una menzione d’onore al Premio Eleonora Duse per La semplicità ingannata. Nel 2016 è finalista al Premio Ubu per Sorry, boys, l’opera proposta in questa edizione di Drodesera.
Sorry, Boys è la terza tappa del progetto Resistenze Femminili, nato dopo aver letto l’inchiesta della semiologa Giovanna Cosenza Il femminismo, che roba è? che cerca di smantellare i pregiudizi e gli stereotipi che i giovani di oggi hanno riguardo al tema. Liberamente ispirato a fatti realmente accaduti a Gloucester nel 2008, Sorry, boys è la storia di 18 ragazze adolescenti di una scuola superiore americana, che rimangono incinte contemporaneamente. Alcune delle ragazze avrebbero pianificato la gravidanza, come parte di un patto segreto, per allevare i bambini in una specie di comune femminile. L’opera si domanda qual è il contesto sociale in cui questo progetto virale di maternità ha potuto prendere forma e riprodursi.

Tania El Khoury porta avanti una ricerca animata da una profonda coscienza politica che mette in discussione i modi di raccontare il mondo arabo da parte dell’Occidente, soprattutto in relazione all’universo femminile. Le sue opere, installazioni interattive e performance, richiedono sempre il coinvolgimento dello spettatore e utilizzano narrazioni private per affrontare argomenti pubblici, come la concentrazione di potere, la violenza di stato, la questione dei confini, il gender. È stata nominata per numerosi premi e nel 2011 è vincitrice del Total Theater Innovation e del Arches Brick Award con la performance Maybe If You Choreograph Me, You Will Feel Better. È co-fondatrice del gruppo Dictaphone, un collettivo di ricerca urbana che lavora su performance site-spefic con sede a Beirut.
L’opera proposta per Supercontinent, Garden Speak, è un’installazione sonora interattiva che contiene le storie di dieci persone morte tra il 2011 e il 2013, durante la sollevazione siriana contro il regime di Assad, e poi sepolte dai propri cari all’interno di giardini domestici. In tutta la Siria, molti giardini nascondono i corpi degli attivisti che riempivano le strade nei primi periodi della rivolta. Secondo l’interesse crescente dell’artista verso le narrazioni orali, ognuno dei dieci racconti è stato accuratamente ricostruito grazie alle parole degli amici e dei membri della famiglia del defunto.

– Dalila D’amico e Marta Federici

Le video interviste sono curate da Dalila D’Amico, Marta Federici e Chiara Pirri all’interno del progetto Superconnected promosso da Centrale Fies (Dro, Trento). Super-connected è un archivio di memoria del variegato “continente” ritagliato dal Festival Drodesera XXXVII che ha l’obiettivo di ampliare i punti di vista, ibridare i ruoli tra artista e critico, lasciare che le interpretazioni nascano dal dialogo. Le domande proposte infatti, sono pensate in parte dalle curatrici e in parte dagli stessi artisti coinvolti.

www.centralefies.it/supercontinent

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Dalila D'Amico

Dalila D'Amico

Dalila D'Amico è Dottore di ricerca in Musica e Spettacolo presso il Dipartimento di Storia dell'Arte e Spettacolo dell'Università di Roma La Sapienza, curatrice e videomaker freelance. Dal 2015, insieme a Giulio Barbato, cura la direzione artistica del festival video…

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