Tutti gli stili di Gino Severini. A Parma

Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo – fino al 3 luglio 2016. Divisionista, futurista, cubista e non solo: è Gino Severini, pittore che visse pienamente il Novecento, rendendosi protagonista delle avanguardie tra Roma e Parigi. La fondazione parmigiana gli dedica una mostra rigorosa e ricca di inediti.

DOPO BALLA, SEVERINI
L’anno scorso fu Giacomo Balla. Astrattista Futurista.  A pochi mesi di distanza da quella mostra, nella villa di Luigi Magnani, a due passi da Parma, ha preso vita una monografica dedicata a Gino Severini (Cortona, 1883 – Parigi, 1966), “un intenzionale dittico espositivo, dedicato a due personalità artistiche non propriamente affini ma assai vicine per parte del loro percorso”, come precisa il curatore Stefano Roffi tra le pagine del catalogo. Proprio Balla fu, infatti, maestro del pittore più giovane, oltre che di Boccioni, e durante quell’esperienza Severini fu iniziato alla conoscenza del Divisionismo, dell’uso dei colori stratificati fino a ottenere composizioni luminose, ma anche a un senso di purezza delle linee e di equilibrio delle forme che sarà uno dei cardini su cui ruoterà tutta la sua successiva produzione.

Gino Severini, Natura morta con strumenti musicali, inizio anni ‘40

Gino Severini, Natura morta con strumenti musicali, inizio anni ‘40

UNA MOSTRA TEMATICA
Non è qui la sede per ripercorrere le vicende biografiche di Severini, dei suoi rapporti con i futuristi della prima ora con i quali firmò, nel 1910, il Manifesto La pittura futurista, o ancora della svolta verso il cubismo che meglio rispondeva alle esigenze di un nuovo ordine geometrico e matematico: meglio, invece, porre l’attenzione sulla mostra vera e propria, che raccoglie ben 25 opere totalmente inedite o mai esposte in Italia, oltre a tele, disegni e bozzetti – in totale un centinaio, provenienti da raccolte pubbliche e private – che documentano l’intero percorso artistico del pittore. Percorso esposto non in ordine cronologico, bensì tematico: perché se lo stile di Severini muta a seconda del periodo storico, il pittore torna costantemente su alcuni soggetti: i ritratti e ancor più le maschere italiane, la danza, il paesaggio e la natura morta. Altra sezione è dedicata alla grande decorazione murale, laica e religiosa, che impegnò l’artista in vari momenti della sua vita in una rivisitazione pienamente moderna di un uso considerato ormai “passato”.

Gino Severini, Danseuse articulée, 1915

Gino Severini, Danseuse articulée, 1915

DUE OPERE IN COLLEZIONE
Ma perché, oltre al legame con Balla, Severini è ospite della Magnani Rocca? Come molte altre iniziative, anche questa si lega all’esistenza nella collezione permanente di due opere firmate dal pittore: la tarda Natura morta con strumenti musicali e la Danseuse Articulée del 1915, piccolo gioiello pienamente futurista che può essere messo in movimento reale tramite un sistema di cordicelle e di piani mobili e che, esposto nel 1916 presso la Galerie Boutet de Monvel, conquistò gli amici artisti e fece divertire “immensamente” l’autore. Un emblema dell’emozione evocata nel titolo, che si sposa con il rispetto delle già citate regole compositive a cui Severini fu sempre debitore. E a queste si ispirano anche i curatori, che hanno scelto di allestire una mostra dall’alto valore scientifico, offrendo un percorso non sempre facilissimo – dei confronti, anche solo in riproduzione, avrebbero certamente aiutato la lettura delle caratteristiche intrinseche dell’opera di Severini –, e di pubblicare un catalogo che porta nuove luci nello studio sull’arte del Novecento.

Marta Santacatterina

Mamiano di Traversetolo // fino al 3 luglio 2016
Severini. L’emozione e la regola
a cura di Daniela Fonti e Stefano Roffi 
FONDAZIONE MAGNANI ROCCA
Via Fondazione Magnani Rocca 4
0521 848327
[email protected]
www.magnanirocca.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/52287/severini-lemozione-e-la-regola/

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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