Luciano Fabro, le sue Italie e i suoi Piedi. Da Christian Stein

Galleria Christian Stein, Milano/Pero – fino al 10 aprile 2016. Doppia mostra di Luciano Fabro nelle due sedi della galleria ormai da tempo lombarda. Con due ricostruzioni di mostre storiche dell’artista.

Il mio rapporto con le cose è sempre un rapporto non di appropriazione ma di partecipazione, di appartenenza, si tratta di essere aderente, come due persone che si abbracciano” (Luciano Fabro)

L’ARTE E LO SPAZIO. A MILANO
In occasione della mostra di Luciano Fabro (Torino, 1936 – Milano, 2007) alla Galleria Christian Stein, organizzata in collaborazione con l’Archivio Luciano e Carla Fabro, le opere formano un continuo gioco di equilibri e di significati, tra presenze e assenze nello spazio.
I numerosi lavori dell’artista, dagli Anni Sessanta ai Novanta, sono allestiti negli storici spazi della sede centrale di corso Monforte e nell’ampia sede periferica di Pero.
A Milano viene riprodotta la prima mostra personale di Fabro alla Galleria Vismara nel 1965. Opere come Raccordo Anulare (1963-64) o Buco (1963) mostrano come l’artista fosse attratto principalmente dallo spazio e dalle relazioni che vi si creano tra l’uomo e le opere, e come queste sono in grado di cambiare la percezione dell’ambiente. Uno specchio in grado di distorcere lo spazio o dei cerchi d’ottone, geometrie precise inserite in una realtà imperfetta. Attraverso le forme e le caratteristiche dei materiali, Fabro costruisce uno spazio nello spazio, alterando la percezione reale crea un’altra dimensione.

A PERO, NOVE DIVERSE ITALIE
Spostandosi nella sede di Pero, si può trovare un vero e proprio spazio nello spazio: Coreografia (Habitat), un ambiente creato per ospitare le nove Italie di Fabro, realizzato per la prima volta alla Galleria Christian Stein di Torino nel 1975. Uno spazio celato, uno squarcio che lascia intravedere all’interno forme e colori, da attraversare per guardare ad esempio un’Italia dorata a testa in giù (Italia d’oro, 1971), o un’Italia fatta di specchi, aperta in due come fosse un portagioie (It-alia, 1971), oppure un’Italia a brandelli, appena riconoscibile (Italia del dolore, 1975).
Nella sala accanto si entra in un’altra dimensione, di barre metalliche colorate. L’opera è Nord, Sud, Est, Ovest, giocano a Shanghai (1989-94), in cui le barre sospese formano un intreccio geometrico di colori: il rigore geometrico delle rette diventa caotico e confuso, mischiando i punti cardinali dell’equilibrio.

Luciano Fabro, Crono, 1991 - Fondazione Beyeler, Riehen-Basilea - photo Agostino Osio

Luciano Fabro, Crono, 1991 – Fondazione Beyeler, Riehen-Basilea – photo Agostino Osio

GIOIE E DOLORI DEL MARMO
Altri colori e altre forme s’incontrano nella sala che ospita i famosi Piedi di Fabro, colonne che svettano e sostengono l’ampio soffitto, posando il peso sulla base della colonna che prende forme sempre diverse. Una colonna termina con affilati artigli: Marmo bianco e seta naturale (Piede) (1968-71), o con un piede dalla forma confusa in Marmo verde di Prato e seta indiana (Piede) (1990). Materiali opposti si incontrano e si uniscono creando forme giocose.
Il marmo, tuttavia, non ha sempre forme gaie, come nell’emozionante Io rappresento l’ingombro dell’oggetto nella vanità dell’ideologia. Dal pieno al vuoto senza soluzione di continuità. (Lo Spirato) (1968-73). Niente come il titolo può meglio riassumere quest’opera. Un’assenza che si fa presente, una presenza effimera che sparisce. Un’impronta del corpo leggera, che trasforma la pesantezza del marmo in una leggerezza sognante.

Marta Ruffatto

Milano-Pero // fino al 10 aprile 2016
Luciano Fabro

CHRISTIAN STEIN
Corso Monforte 23 – Milano 

02 76393301
Via Vincenzo Monti 46 – Pero
02 38100316
[email protected]

www.galleriachristianstein.com

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/49136/luciano-fabro-fabro/
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Marta Ruffatto

Marta Ruffatto

Marta Ruffatto nasce a Padova nel 1991. Appassionata d’arte fin da piccola, frequenta il liceo artistico destreggiandosi tra colori e pennelli, sognando di diventare la nuova Frida Kahlo. Appurata l’impossibilità del suo umile obiettivo, mette da parte i pennelli per…

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