Parigi. Tutti pazzi per Picasso

Parigi, Grand Palais – fino al 29 febbraio 2016. Un omaggio all’arte di Pablo Picasso, attraverso le opere di 77 “grandi” della contemporaneità. Picasso icona e stereotipo, ma anche modello scomodo, controverso, irremovibile. Una mostra da non perdere durante l’art week trainata dalla FIAC.

QUANDO I CURATORI SONO SCALTRI
Un anno dopo la tanto attesa riapertura del Musée Picasso, era pressoché inevitabile che Parigi dedicasse una grande mostra all’artista-icona della contemporaneità.
Il rischio di una vacua (o strombettante) celebrazione era decisamente nell’aria, ma i curatori del progetto in scena presso il Grand Palais paiono aver colto con la giusta destrezza il duplice pericolo e opportunità: da un lato, presentando una mostra appetibile al pubblico più vasto (grandi nomi, location monumentale, locandina ammiccante); dall’altro, elaborando un percorso dal deciso spessore critico (e non privo della giusta dose d’ironia).

PICASSO L’ICONA CAPOCCIONA
L’avvio pare infatti ricadere subito nella temuta pesantezza: una “intervista multipla” in ultra-wide screen ad alcuni “grandi” della scena artistica contemporanea (da Jeff Koons a Philippe Parreno) e una sala intitolata Salut l’artiste!, ingombra di omaggi, ritratti e “capoccioni”.
Ma è proprio il capoccione dell’immancabile Maurizio Cattelan a svelare la sottile ambiguità dell’approccio curatoriale, che non può fare a meno di poggiarsi sull’aspetto “iconico” del proprio soggetto, ma che può (e deve) decostruirlo al contempo, per mostrarne l’effettiva rilevanza storica, culturale e sociale. A questa sala fanno così il paio quelle dedicate alla ricezione di Picasso sul grande e piccolo schermo, allo Star System (meno efficace nell’installazione video-sonora, ma rinvigorita dagli interventi di Francesco Vezzoli e Bertrand Lavier) e alle proverbiali teste cubiste (C’est du Picasso!).
Su questa linea si colloca infine l’intervento di Martin Kippenberger, ispirato non dalle celebri “teste”, ma da un paio di picassiani “slip kangourou”.

David Hockney, Paint Trolley, L.A. 1985, 1985 - Paris, collection Maison Européenne de la Photographie - © David Hockney

David Hockney, Paint Trolley, L.A. 1985, 1985 – Paris, collection Maison Européenne de la Photographie – © David Hockney

COME GESTIRE L’ASSENZA DEI CAPOLAVORI
L’allestimento procede lungo uno sviluppo cronologico, che non ambisce a completezza (i periodi precedenti al Cubismo sono pressoché assenti), ma che si avvale della potenza installativa di alcuni accrochages ispirati a quelli picassiani, il cui sovraccarico non è gratuito, ma anzi programmatico.
Al netto della sovraesposizione di un singolo prestatore (ma l’omaggio al Musée Picasso era inevitabile), spiccano gli accostamenti “in assenza” Guernica (con i monumentali Adel Abdessemed e Leon Golub) e alle Demoiselles, le sale monografiche dedicate a David Hockney, Rineke Dijkstra e Jasper Johns, e alcune tarde “chicche” picassiane, come la serie completa di Raffaello e la Fornarina, dove l’intensa e grottesca sensualità (viewer discretion is advised…) si discioglie nell’ineffabile eleganza e leggerezza del tratto.

Simone Rebora

Parigi // fino al 29 febbraio 2016
Picasso.mania
a cura di Didier Ottinger, Diana Widmaier-Picasso ed Emilie Bouvard
Catalogo Réunion des musées nationaux
GRAND PALAIS
3 avenue du Général Eisenhower
+33 (0)1 44131717
www.grandpalais.fr

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Simone Rebora

Simone Rebora

Laureatosi in Ingegneria Elettronica dopo una gioventù di stenti, Simone capisce che non è questa la sua strada: lascia Torino e si dedica con passione allo studio della letteratura. Novello bohémien, s’iscrive così alla Facoltà di Lettere a Firenze, si…

Scopri di più