Aureo Alberto Burri. Un omaggio colossale a Parma

CSAC, Parma – fino al 6 aprile 2015. Una e una sola l’opera di Burri, 174 quelle degli altri artisti. Tra le foto di Aurelio Amendola che documentano il processo creativo del grande pittore e l’installazione di Mimmo Paladino, tra i Pirogrammi di Nino Migliori e una tela di Bonalumi, il Centro Studi espone i suoi tesori nascosti. Per dimostrare che Burri non fu solo materia, ma anche “struttura”.

Negli ultimi due anni lo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma ha chiesto a significativi pittori, scultori e fotografi, giovani e non, di donare una loro opera che manifestasse un legame con il lavoro di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995). Agli stessi artisti è stato chiesto di illustrare – e i testi sono ora pubblicati nel catalogo – le ragioni per cui l’opera donata si collega alla ricerca del grande artista. Lo scopo è dimostrare quanto sia stato e sia ancora fecondo il dialogo tra gli artisti contemporanei e l’artista umbro, e senza dubbio l’idea è stata accolta con entusiasmo: a Parma sono arrivate molte opere realizzate negli ultimi anni da artisti quali Luca Pignatelli, Nunzio, Emilio Isgrò e tanti altri.
Da questo nucleo principale e indubbiamente stimolante, il progetto della mostra Fuoco nero si è dilatato fino a esporre 175 opere, tra le “vecchie” e le “nuove”, tutte di proprietà dello CSAC, e a condurre un complesso, e purtroppo scarsamente spiegato al pubblico non specialista, discorso sulla contrapposizione tra Astrazione e Informale in Italia dagli Anni Cinquanta a oggi. Un taglio da lezione accademica più che da mostra; lezione mediante la quale si vuol dimostrare un’ipotesi a suon di opere d’arte, ripercorrendo lo sfaccettato panorama artistico a cavallo tra gli Anni Cinquanta e Settanta, i protagonisti e i movimenti che hanno dato luogo a tutte le tendenze dei decenni centrali del XX secolo (il Gruppo Origine e il Gruppo 1 con Biggi, ad esempio, poi quelli che gravitavano attorno a Lucio Fontana a Milano o a Toti Scialoja a Roma, solo per citare i più conosciuti).

Alberto Burri, Grande nero cellotex M2, s.d. (1975), cellotex e acrilico su tela

Alberto Burri, Grande nero cellotex M2, s.d. (1975), cellotex e acrilico su tela

La carrellata di nomi celebri, e altri meno, accosta e cerca le assonanze delle opere con il grande Cellotex nero di Alberto Burri del 1975, unico dipinto in mostra dell’artista di Città di Castello, del quale quest’anno ricorre il centenario della nascita. Celebrazioni dalle quali però il curatore Arturo Carlo Quintavalle dichiara di tenersi alla larga, sottolineando che l’iniziativa parmigiana vuol porsi su un binario diverso, teso appunto a valorizzare il patrimonio dello CSAC – che pare quasi il vero protagonista della mostra –, creatura dello stesso Quintavalle e per lungo tempo diretto dalla moglie, Gloria Bianchino.
Il dipinto nero è anche il punto di partenza per il secondo percorso possibile della mostra: un sostanzioso racconto che, pur riconoscendo l’importanza della materia e della stratificazione che per decenni hanno segnato la vicenda artistica di Burri fino a sfiorare la retorica, ne svela anche un’intrinseca componente strutturale, un’“architettura dell’immagine” altrettanto significativa: quel suo costruirsi geometricamente in base ai principi della sezione aurea e quell’equilibrio formale che poi è stato perseguito da molti tra coloro che, allora come oggi, hanno scelto le strade opposte al tema della “figura”.

Marta Santacatterina

Parma // fino al 6 aprile 2015
Fuoco nero: materia e struttura attorno e dopo Burri
PALAZZO DELLA PILOTTA
Piazzale Bodoni 1
0521 033652
[email protected]
www.csacparma.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/39537/fuoco-nero-materia-e-struttura-attorno-e-dopo-burri/

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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