Manzoni (Piero) a Milano. Nel racconto di Flaminio Gualdoni

Per la più grande personale milanese mai organizzata, Flaminio Gualdoni ci parla del “suo” Piero Manzoni. In scena a Palazzo Reale di Milano fino al 2 giugno.

La mostra che ho curato con Rosalia Pasqualino di Marineo al Palazzo Reale è la prima vera antologica completa di Piero Manzoni che si tenga a Milano, la città dove ha vissuto e operato. Il progetto mira a documentare con ampiezza, attraverso le opere primarie, tutto il percorso dell’artista, dagli esordi nell’ambito dell’arte nucleare sino alla fine, e tutte le sue sperimentazioni, dall’intuizione geniale di Achrome alle Linee, dalle Sculture viventi all’opera che considero assoluta, Socle du monde.
Sono circa 130 opere che sfatano alcuni tenaci luoghi comuni intorno a Manzoni: la totale inscrittibilità entro il perimetro della tradizione monocroma, il valore puramente provocatorio di esperienze come Corpi d’aria e Merda d’artista, un imparentamento vincolante con le avanguardie neodada. Manzoni, in piena solitudine intellettuale, segue una doppia linea di riflessione, che comporta da un lato la remise en question radicale della natura e della ragion d’essere della forma/quadro, dall’altra la riflessione sulla centralità del corporeo come fondante misura biologica ed esistenziale, che l’artista assume in prima persona su se stesso.

Piero Manzoni, Achrome, 1962 ca. - panini e caolino, 31 x 31 cm

Piero Manzoni, Achrome, 1962 ca. – panini e caolino, 31 x 31 cm

Ciò che si legge chiaramente, credo, è la sua profonda indifferenza a rivendicare un particolare statuto d’artista, un ruolo di tipo ideologico ammantato di teoria, e la scelta opposta di calare ogni intuizione, ogni ragionamento – e dentro ogni lavoro si decifra un pensiero autenticamente critico e radiante – nella misura concretissima del fare: l’opera non enuncia e non dimostra: è, nella flagranza del suo esistere fisico. In questa prospettiva Manzoni è, rispetto al clima del suo tempo, un reagente e un acceleratore critico, capace di guardare alla lezione duchampiana su un piano del tutto mentale, e assai più attratto da una già possibile, esperibile e motivata pars construens che dal mero gioco di dissoluzione dei codici.
Rispetto a ciò che accade dopo di lui, egli è una figura genetica non perché gli si possano ascrivere autentici seguaci, ma perché lascia in eredità al dibattito artistico una mole strepitosa di esperienze sulle quali ulteriormente costruire.

Flaminio Gualdoni

Milano // fino al 2 giugno 2014
Piero Manzoni 1933-1963
a cura di Flaminio Gualdoni e Rosalia Pasqualino di Marineo
PALAZZO REALE
Piazza Duomo 12
02 92800375
www.mostramanzonimilano.it

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #18

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