L’opera al gelo. Col refrigerante Manuel Felisi

Sotto la regia della direttrice Maria Flora Giubilei e la curatela di Fortunato D’Amico, la GAM di Genova ospita la seconda “puntata” di una rassegna dedicata all’arte contemporanea. Fino al 23 giugno tocca a Manuel Felisi.

La grande questione della conservazione e della tutela del proprio patrimonio storico e artistico in Italia, prima nazione ad averne certificato l’importanza nero su bianco trasformandola in una norma fondamentale grazie all’articolo 9 della Costituzione, non è poi così sentita dalla popolazione; e nemmeno le complesse e ingarbugliate leggi della recente storia repubblicana – non ultimo il contestatissimo Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2001 – aiutano a sviscerarne la complessità.
Senza voler sottoscrivere il pessimismo cosmico dell’autorevolissimo Salvatore Settis, il noto storico dell’arte autore di saggi in cui descrive una nazione in balia del degrado culturale e amministrativo, il discorso è piuttosto serio e fortunatamente, almeno fra gli artisti, qualcuno si è posto il problema. Così Manuel Felisi (Milano, 1976) – protagonista di una personale a Genova, dove ai quadri dei pittori liguri del passato si alternano le sue tele cupe, fatte di boschi spettrali, tombe e lapidi riprese dai camposanti milanesi – pone al centro del suo intervento il dramma di un Paese che cade a pezzi: nella stanza principale delle Galleria troviamo così una vera e propria cella frigorifera dove, d’accordo con la direzione, vengono ospitati venti capolavori della collezione museale, in modo da poterli congelare e destinare all’eternità, dunque di fatto salvandoli dal destino d’oblio e decadenza a cui le altre ricchezze d’Italia sembrano essere abituate.

È chiaramente una provocazione: i quadri, protetti in apposite casse di legno, alla fine della mostra saranno rimessi al loro posto, la cella sarà smontata e la sala tornerà come prima. Intanto però ci siamo dovuti fermare per riflettere sulla sempre più urgente necessità di preservare l’arte, questa volta provando l’impossibile, cercando di mantenerne intatta la struttura chimica, fermandone la vecchiaia: un po’, suggerisce Felisi, “come fanno i vecchi ricconi che si surgelano in attesa dell’elisir per l’eterna giovinezza”.
È un lavoro formalmente pulito, netto, di facile lettura, eppure a pensarci bene questa cella assomiglia più a “un’arca tecnologica, costruita per difendere l’arte dai musei stessi, ormai contenitori vuoti sempre in attesa delle persone”. È anche un’operazione sottilmente duchampiana, laddove un congelatore da battaglia diventa esso stesso parte di un’opera che usa il linguaggio duro della contemporaneità. E che contiene anche un’altra amara verità: se siamo così impegnati a tentare di preservare l’estetica del tempo passato, la pittura novecentesca e la perfetta ritrattistica da cavalletto, forse le bellezze dell’arte contemporanea, espressioni del nostro tempo, non hanno davvero i numeri per guadagnarsi posti nemmeno sulla scialuppa di salvataggio.

Max Mutarelli

Genova // fino al 23 giugno 2013
Manuel Felisi – Meno Venti
a cura di Fortunato D’Amico
GALLERIA D’ARTE MODERNA
Via Capolungo 3
010 3726025
www.museidigenova.it

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Max Mutarelli

Max Mutarelli

Massimiano Mutarelli nasce nella primavera del 1977 a Lambrate, quartiere storico di Milano. A vent’anni, con l’iscrizione all’Accademia di Brera, corona il sogno di poter entrare nel magico mondo dell’Arte. In realtà è un periodo turbolento, sospeso fra gli esami…

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