Quando un gatto è una scultura. Darren Bader all’esordio italiano

In sociologia, la “profezia che si autoavvera” è una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa. Così è l'arte di Darren Bader. Che, dopo i gatti del PS1, ora sbarca da Franco Noero a Torino con le sue “sculture”. Fino al 16 aprile.

Comprare parole invisibili e irrivelabili, adottare una mucca, farsi tatuare frasi senza (apparente) senso, diventare i proprietari di un logo da applicare sulla tuta di un pilota di Formula 1 e via di seguito, passando tra forme di parmigiano, domini web, celebrità hollywoodiane e polli arrosto. Così Darren Bader (Bridgeport, 1978; vive a New York) si presenta al pubblico nella sua prima mostra italiana, che coincide con la prima da Franco Noero, e che coincide con l’ultima nella Fetta di polenta prima del trasferimento della galleria in zona Aurora.
Enfant prodige (o terrible) dell’arte americana (ma con scappatelle tra Londra e Tokyo), definito dal mitico Jarry Saltz capofila del “late-late-late post-Conceptual Relational Aesthetics”, Bader lavora con la potenzialità più assoluta dell’arte, quella di generare verità attraverso la parola. Perché, in fondo, credere che un gatto vivo sia una scultura non è poi così diverso dal votare Beppe Grillo.

Stefano Riba

Torino // fino al 16 aprile 2013
Darren Bader – #I am just living to be dying by your side
FRANCO NOERO
Via Giulia di Barolo 16d
011 882208
[email protected]
www.franconoero.com

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