Innocenti alla conquista di Firenze

Mark Twain, in “Innocents abroad”, li chiamava i nuovi pellegrini. Arrivavano sull’Arno per la luce, la natura, il caratteristico, ma alla fine tornavano (quasi) sempre a casa. Sono gli “Americani a Firenze”, raccontati in una mostra aperta a Palazzo Strozzi fino al 15 luglio.

La nascita del mito di Firenze raccontata come un grande romanzo ottocentesco, che fra merletti e giardini contribuisce a definire e far conoscere alcuni episodi fondamentali dell’arte e della cultura dell’Ottocento.
Se Firenze e i colli fiorentini sono lo sfondo, la mostra inizia subito con una carrellata di personaggi, ritratti e autoritratti, che hanno fatto tappa nella città toscana, creato cenacoli culturali, o semplicemente vissuto i luoghi per una stagione: John Singer Sargent, William Merritt Chase, Franck Duveneck e molti altri sfilano davanti ai nostri occhi. Pomposi, irrequieti, accademici ma comunque moderni, anche solo per il fatto di provenire da una nuova nazione, che usciva da una guerra civile con la volontà di emergere.
Per molti il contatto con la storia di Firenze e con la luce della campagna toscana sono una tappa fondamentale, più dell’Impressionismo, per schiarire le tavolozze e conoscere un paesaggio modellato dalla storia e dall’uomo, in cui natura, arte e sogno possono fondersi perfettamente. La vita in villa e in giardino, mitizzati dall’espressione idle hours, vengono celebrati da dipinti in cui si muovono figure evanescenti di donne vestite di bianco e dove trionfano limonaie, statue invase dai muschi e i toni argentati degli olivi.

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Telemaco Signorini - Mercato Vecchio a Firenze - 1881-83 - Viareggio, Istituto Matteucci

La celebrazione di questi riti passa attraverso i suoi personaggi: dandy e attrici, nobildonne e artisti in pose moderne e sfrontate, talvolta arroganti, che molto debbono alla fotografia, protagonisti di questa stagione in cui il viaggio aveva ancora la sensazione della scoperta, meglio se in bicicletta o con una pioneristica automobile. La ricerca del caratteristico e pittoresco, le procaci fioraie e i buoi maremmani, si fondono con l’eredità dell’arte del Rinascimento, anche se tutto è pervaso dalla sottile inquietudine di una perdita dell’innocenza che un viaggio in Europa portava con sé, come nei destini, spesso tragici, delle eroine di Henry James.
I ritratti sono anche il genere in cui si misura più profondamente la necessità di trovare un nuovo linguaggio artistico, capace di esprimere la morale della nuova nazione americana: a figura intera, o in interni con figure, i ritratti diventano i soggetti prediletti e le donne – figlie, mogli, sorelle – sono al contempo soggetti e creatrici di queste immagini che esaltano e definiscono i valori di purezza, ottimismo e libertà sui quali l’America  idealmente stava costruendo il suo futuro.

Silvia Bonacini

Firenze // fino al 15 luglio 2012
Americani a Firenze. Sargent e gli impressionisti del Nuovo Mondo
a cura di Francesca Bardazzi e Carlo Sisi
PALAZZO STROZZI
Piazza Strozzi
055 2645155
[email protected]
www.palazzostrozzi.org

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Silvia Bonacini

Silvia Bonacini

Silvia Bonacini (Reggio Emilia, 1970) Nata nelle pianure dell’Emilia è fuggita a Firenze per evitare la nebbia, dopo aver studiato lingue si è laureata in Storia dell’Arte Moderna e lavora come guida turistica dal 1998, cosi sta fra mostre e…

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