Vitrine stereotipate

Il progetto espositivo “Vitrine”, da poco inaugurato alla GAM di Torino, parte male. Le opere di Renato Leotta, in mostra fino all’11 novembre, inciampano nello stereotipo e non riescono a incuriosire. Aspettiamo le prossime tappe del progetto, che senz'altro risolleveranno le sorti.

A volte capita che, pur partendo da una buona idea, il primo passo verso la sua realizzazione si tramuti in un inciampo. È proprio quello che è accaduto alla tappa inaugurale del neonato progetto Vitrine, attraverso il quale la GAM di Torino intende presentare al pubblico una serie di artisti che vivono e lavorano nel capoluogo piemontese e che dovrebbero essere particolarmente rappresentativi della sua scena creativa.
Quasi a voler mettere le mani avanti, in sede di presentazione di questo primo step, Luigi Fassi, curatore dell’evento, ha tenuto a precisare quanto sia difficile e rischioso vestire i panni dell’apripista; difficoltà e rischi caduti sulle spalle di Renato Leotta (Torino, 1982). Il giovane artista, estremamente laconico durante la conferenza stampa, è uno delle anime dello spazio Cripta 747, che ha sede nella galleria Umberto I. Uno spazio dedicato alla sperimentazione e all’ibridazione dei linguaggi; la stessa ibridazione che, almeno in teoria, dovrebbe caratterizzare le tre opere presentate il 27 settembre scorso, lavori che, almeno nell’intenzione, fonderebbero l’arte con la ricerca sociale.

Leotta Untitled 2011 fotografia Vitrine stereotipate

Renato Leotta - Untitled - 2011

Laconico l’artista, laconiche le sue opere, sin dai titoli: Catania, Napoli e Torino. Mentre le prime due città vengono presentate attraverso altrettanti brevissimi filmati in cui appaiono scorci cittadini e periferici, intesi come il resoconto di una passeggiata, Torino è restituita da due tavole, una blu e una grigia, che dovrebbero fungere da contrappunto industriale ai precedenti scorci rurali, floreali e costieri.
Il fatto è che queste opere di Leotta sono ermetiche al punto da risultare statiche e perfino stereotipate – Torino è grigia e in Sicilia ci sono gli agrumi, per dire – e la millantata indagine socio-economica su cui ha insistito anche Danilo Eccher, direttore del museo, risulta molto ben nascosta dietro le piccole immagini che vengono proiettate sulle pareti della saletta. L’impressione è che il risultato un po’ annoi e non riesce a destare l’interesse che ci si aspetterebbe da opere di ricerca sociale, tanto che gli spettatori sembrano più attratti dai due proiettori vintage scelti da Leotta che non dai fotogrammi impressi sul 16 millimetri.
È solo la prima tappa ed è ancora presto per archiviare il progetto espositivo come un’occasione mancata. Aspettiamo il 24 novembre, quando toccherà ai due videoartisti Gianluca e Massimiliano de Serio rilanciare di Vitrine.

Andrea Rodi

Torino // fino all’11 novembre 2011
Con gli occhi chiusi – Renato Leotta
a cura di Luigi Fassi
www.gamtorino.it


Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Andrea Rodi

Andrea Rodi

Andrea Rodi nasce a Chieri (TO), nel 1980. Prima di laurearsi in Filosofia presso l’Università degli Studi di Torino, con una tesi sulle influenze filosofiche nell’opera dello scrittore americano Paul Auster, ha vissuto per lunghi periodi negli Stati Uniti, a…

Scopri di più