Aria di Ville Lumière. In quel di Ferrara

Favolosa Parigi, quella degli anni ‘20, quella delle follie di Montparnasse, fra atelier di artisti, esposizioni internazionali e l’arrivo dei maggiori protagonisti della cultura mondiale. Un assaggio di quello che poteva essere, fino all’8 gennaio lo troviamo a Ferrara.

Ricostruire un ambiente urbano, un contesto forse tra i più stimolanti della storia della produzione artistica – quello della Parigi negli anni della Ville Lumière – è un obiettivo ambizioso. Spesso si conosce l’arte solo per monografie o movimenti, ma non si considera un elemento essenziale: sono le città a essere i contenitori entro cui si realizzano le opere e dove crescono gli artisti, i quali si confrontano, si avvicinano e si scontrano tra loro e con la realtà che li circonda. In un continuo scambio, in una costante contrapposizione.
E allora ecco Parigi tra le due guerre mondiali, nel fermento della ricostruzione e nella meditazione sulla tragedia bellica appena conclusa. Polo di attrazione, tra 1918 e 1933, per chiunque ambisse a stare al centro del mondo, a diventare qualcuno. La città dei post-impressionisti, crocevia degli stranieri di Montparnasse, luogo di elezione di Pablo Picasso e Henri Matisse, di Georges Braque, Piet Mondrian e Alexander Calder. Poi ancora la capitale maestra nel teatro e nello spettacolo – deliziosi i costumi e i bozzetti esposti –, nella fotografia d’avanguardia, senza dimenticare e incursioni nel Dadaismo e nel Surrealismo.

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Pablo Picasso - Chitarra, bicchiere e fruttiera - 1924 - Zurigo, Kunsthaus

Una carrellata, quasi un elenco telefonico, di grandi nomi che si ritrovano nell’esposizione di Ferrara, un passo importante per rompere le barriere dei capitoli dei manuali di storia dell’arte. Perché le prospettive cambiano se lo sguardo si allarga e si pensa che, nell’arco di poco più di un decennio, nella capitale francese – dove ancora forte era la presenza/assenza dei grandi vecchi impressionisti Monet e Renoir – vivevano e lavoravano Amedeo Modigliani, Man Ray, Tamara de Lempicka, Max Ernst, Giacometti e Dalí.
Non tutti si sono incontrati, forse, ma certo erano lì, accomunati dalla voglia di dar vita a un’arte inedita; si scopre così che per Calder, solo per citare un esempio, la visita nello studio di Piet Mondrian ha avuto un peso determinante nella sua successiva poetica.

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Henri Matisse - Costume di una delle prefiche per Le Chant du rossignol - 1920 - Stoccolma, Dansmuseet

Quindi un contesto esplosivo, quello appunto degli “anni folli”, come recita il titolo, e dell’Ecole de Paris, che si ritrova soprattutto nel bel catalogo edito da Ferrara Arte, ricco di saggi dal taglio interdisciplinare (la storia, of course, poi la politica, l’economia) e di un apparato iconografico che riesce a dare l’idea dell’atmosfera parigina.
La mostra è concepita per sezioni tematiche rappresentate da opere indubbiamente straordinarie; manca però di quel pizzico di fascino, di appeal che l’avrebbe forse resa più “divertente”, come sarebbe piaciuta agli artisti bohemiennes di Montparnasse.

Marta Santacatterina

Ferrara // fino all’8 gennaio 2012
Gli anni folli. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalí. 1918-1933
a cura di Simonetta Fraquelli, Susan Davidson e Maria Luisa Pacelli

www.palazzodiamanti.it


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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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