Il gobbo, il bello e l’imperatore

Ovvero come, da una passione giovanile per Napoleone, attraverso la riscoperta del Quattrocento, si arriva alla modernità. Fino a inizio novembre, Firenze rende omaggio a Lorenzo Bartolini.

Arriva finalmente anche il momento del riconoscimento per Lorenzo Bartolini (Savignano di Prato, 1777 – Firenze, 1850), artista di vocazione cosmopolita e fra i più noti del suo tempo, ma lungamente trascurato dalla critica novecentesca (uniche eccezioni, una monografia del 1938, la mostra pratese del 1978 e gli studi pionieristici di Carlo del Bravo).
Si tratta dell’occasione per vedere, accanto ai bozzetti della collezione dell’Accademia, marmi e gessi giunti – per una volta – da tutto il mondo, a sostenere l’idea di un successo pervasivo e globale, che si respira anche nei saggi del ricchissimo catalogo-monografia che accompagna la mostra.
Il percorso umano e artistico di Bartolini parte da Parigi, dove la passione per Napoleone lo conduce nel 1800 alla scuola di David, dove conosce Ingres, che già si stava distaccando dalla compostezza neoclassica. Grazie a questi rapporti privilegiati, Bartolini viene mandato a dirigere la Banca elisiana, a Carrara, dove nascevano grandi ritratti dell’imperatore e dei suoi familiari, ma dove venivano anche prodotte copie dall’antico e arredi moderni – marmi, caminetti e vasi – sollecitando un approccio capace di fondere il classicismo di Fidia e l’inquietudine romantica.

Fig.29 Il gobbo, il bello e l’imperatore

Lorenzo Bartolini - Fiducia in Dio - 1834-35 - Milano, Museo Poldi Pezzoli

Quest’ambizione si concretizza quando lo scultore arriva a Firenze e, di nuovo insieme a Ingres all’alba della Restaurazione, comincia ad avvicinarsi alla scultura del Quattrocento: la Dama col Mazzolino di Verrocchio e i ritratti di Raffaello sono il viatico per giungere a quella naturalezza d’espressione e imitazione del naturale offerte nei meravigliosi busti di nobili e illustri contemporanei, Madame de Staël e Franz Liszt fra i tanti, e che riflette i dibattiti del tempo sul bello “scelto” dalla natura.
Grazie al successo della Carità educatrice, del 1835, destinata in origine alla cappella del Poggio Imperiale ma subito “dirottata” a Palazzo Pitti, Bartolini, nonostante le sue idee politiche e la sua anticonvenzionalità, viene nominato professore all’Accademia nel 1839, al termine di un decennio costellato di capolavori come la Fede in dio.
Fra le sue prime richieste, spicca quella per avere a disposizione modelli dal vero, che arrivò anche a pagare di tasca propria; e fra i suoi gesti più dirompenti, quello di portare un giovane gobbo, che doveva servir per un Esopo, per “assuefare lo scolaro a rendersi padrone di quello che vede, senza sistemi”, per trarre dalla natura “le parti adattate al suo soggetto”.

Fig.28 Il gobbo, il bello e l’imperatore

Lorenzo Bartolini - Dirce, detta anche Baccante a riposo - 1834 ca. - Paris, Musée du Louvre, département des sculptures

Questa presa di posizione gli valse molte critiche, ma Bartolini ne fece il suo emblema: un sigillo, un anello, uno stendardo e perfino una stele ne riportano l’immagine con il motto “Tutta la natura è bella / relativa al soggetto da trattarsi / e chi sa copiare / tutto saprà fare”, premessa a una contemplazione spregiudicata della natura senza trascendenza e alla celebrazione dell’emozione individuale, che accompagnano da allora la creatività artistica.

Silvia Bonacini

Firenze // fino al 6 novembre 2011
Lorenzo Bartolini scultore del bello naturale
a cura di Annarita Caputo, Francesca Ciaravino, Franca Falletti ed Ettore Spalletti
www.unannoadarte.it/bartolini

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Silvia Bonacini

Silvia Bonacini

Silvia Bonacini (Reggio Emilia, 1970) Nata nelle pianure dell’Emilia è fuggita a Firenze per evitare la nebbia, dopo aver studiato lingue si è laureata in Storia dell’Arte Moderna e lavora come guida turistica dal 1998, cosi sta fra mostre e…

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