Dio, anzi l’arte, ti vede

Nessuno passa inosservato. Due artisti, Tomoaki Suzuki e Maria Antonietta Mameli, scrutano in segreto la massa di persone che ogni giorno attraversa le strade cittadine, per trasformarla con l'immaginazione. Il risultato, al Museo Marino Marini fino al 4 giugno, sono miniature di legno e puntini di colore dispersi nel nulla.

Rivolgersi al flusso dirompente di ordine e caso che scorre nelle zone di New York o Londra – quindi più in generale nel contesto metropolitano – per ottenerne la materia prima di nuove creazioni: questo tentativo di sintesi tra folla e identità è quanto avvicina le ricerche di Tomoaki Suzuki e Maria Antonietta Mameli, i protagonisti della doppia personale al Museo Marini.
Tomoaki Suzuki
(Mito, 1972; vive a Londra) da più di un decennio osserva con curiosità, ma senza volontà di giudizio, i mutamenti e le diversità in seno alla società londinese; così Dalston, il suo quartiere di residenza, è diventata una risorsa inesauribile di street style e di tipologie umane. Il risultato sono statue in legno di lime, in scala di un terzo rispetto al corpo umano, che riproducono con precisione, nelle forme e nei colori, i modelli di riferimento.

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Tomoaki Suzuki – Solo Show

Oltre che per il concetto di verticalità, connesso alla possibilità della scultura di reggersi senza piedistallo – una componente che l’artista giapponese, impegnato in un paziente lavoro di circa tre mesi per ogni “personaggio”, considera fondamentale – le opere si caratterizzano per il rapporto ironico con le dinamiche dell’incontro e del riconoscimento. Trovarsi letteralmente “tra i piedi” la miniatura di una persona molto diversa da noi per aspetto e credenze è un consapevole invito a considerare in modo meno grave le appartenenze culturali.

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Maria Antonietta Mameli – Free Composition

In un contesto simile si collocano le osservazioni-composizioni di Maria Antonietta Mameli (Cagliari, 1969; vive a New York). Con un approccio che si potrebbe definire “investigativo”, sebbene non sia veramente tale, l’artista fotografa in incognito il passaggio costante di gente nelle strade cittadine – in questo caso il punto visuale è dal Manhattan Bridge verso il basso. Segue poi un’accurata fase di selezione e di postproduzione degli scatti, al cui termine le figure risaltano isolate su una grande distesa bianca. In Free Composition tale tema è ripetuto per alcuni metri lungo la parete, a formare un vero e proprio diagramma dell’umanità, con linee che descrivono picchi e conseguenti discese.

È evidente però che la lettura dell’opera non deve essere di tipo scientifico ma poetico: nell’impossibilità di essere rivelate, le reali intenzioni e destinazioni degli individui diventano pretesto per infinite ipotesi immaginifiche. Così, nella dialettica fra determinazione ed eventualità, la massa umana assume su di sé la dignità solenne di un paesaggio. Anche nel caso di fotografie di singole persone su fondo nero, la sostanza del discorso non cambia: resta il desiderio di comprendere i limiti dell’arte nell’indagine del proprio soggetto, e la volontà di superarli attraverso una partecipazione empatica all’estraneità.

Matteo Innocenti

dal 14 aprile al 4 giugno 2011
Tomoaki Suzuki – Solo Show

Maria Antonietta Mameli – Free Composition

a cura di Alberto Salvadori

Museo Marino Marini

Piazza San Pancrazio – 50123 Firenze

Orario: tutti i giorni tranne domenica e martedì ore 10–17

Ingresso: intero € 4; ridotto € 2

Info: tel. +39 055219432;
[email protected]; www.museomarinomarini.it

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Matteo Innocenti

Matteo Innocenti

In linea agli studi universitari in Storia dell'Arte inizia un percorso come critico e curatore. Collabora a vari progetti editoriali, in modo particolare prima ad Exibart e poi ad Artribune. E' direttore artistico di TUM, collettivo di artisti e di…

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