Arte movimentata

Dadamaino a Milano, da Dep Art. Fresca del riconoscimento che le ha tributato l’ultima Artissima. Fra gli artisti più ingiustamente sottovalutati. Fin'ora...

Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza: le sei Lezioni americane di Italo Calvino, certo, ma anche sei parole appropriate per descrivere l’opera di Dadamaino (Eduarda Emilia Maino, Milano, 1930-2004).
Autodidatta formatasi nell’ambiente del Bar Jamaica a contatto con Piero Manzoni, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, si dedicò spesso alla sperimentazione di tecniche caratterizzate da un aspetto prevalente di manualità e di utilizzo di materiali allora innovativi. Nei primi anni del suo lavoro fu colpita dalla rivoluzione di Lucio Fontana e dallo Spazialismo, tanto da produrre nel corso degli anni ‘60 la serie Volumi (da confrontare con gli analoghi di Paolo Scheggi), per poi partecipare al movimento Nuova Tendenza e più tardi essere profondamente influenzata dall’Arte Programmata, a cui diede un’interpretazione in senso optical.
Il nucleo centrale della mostra è tuttavia la serie Movimento delle cose (1987-93), presentata alla Biennale di Venezia del 1990. Come in gran parte della produzione di Dadamaino, qui i protagonisti sono i segni, minuscoli trattini che si aggregano e si disperdono a creare un continuum che giunge alla sua massima espressione nell’opera del 1993, lunga quasi 4 metri. Il supporto è infatti un foglio di poliestere srotolato, che l’artista tagliava a seconda delle dimensioni volute, e che talvolta montava su telai (in mostra sono tutti originali) oppure lasciava libero di fluttuare nello spazio, creando una duplice profondità: quella del disegno mutevole e quella della superficie tridimensionale.

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L’ambiente di Dep Art con l’allestimento della mostra

Ma nell’esposizione sono documentate a latere anche altre esperienze dell’artista: un paio di Volumi, una Costellazione del 1983 e alcune carte dell’Alfabeto della mente, sterminato lavoro – 560 esemplari del quale furono esposti alla Biennale veneziana del 1980 – costituito da piccoli segni geometrici disposti su righe parallele a imitazione di un vero e proprio alfabeto, incomprensibile e illeggibile ma in quanto tale affascinante.
Emblematico esempio della produzione ultima è invece Sein und Zeit mit Krieg del 1999 dove, alla tecnica già usata per i Movimenti, Dadamaino applicava immagini significative, in questo caso una piccola illustrazione di un soldato.
Grafismi su materiale traslucido quindi sono disposti alle pareti di una piccola galleria, e creano un’atmosfera raffinata e delicata, dove importanti sono i segni e i tagli, tanto quanto i vuoti e le trasparenze, i movimenti e le dimensioni.

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Dadamaino - Volume - 1958

Una mostra preziosa e curatissima come il catalogo, frutto di un lungo lavoro di ricerca alla riscoperta del percorso artistico di Dadamaino, con lo scopo – raggiunto – di raccogliere solo opere coerenti al progetto originario, dove i lavori che testimoniano serie “altre” rispetto al Movimento delle cose si integrano in un’armonia rara a trovarsi.

Marta Santacatterina

dal 18 febbraio al 30 aprile 2011
Dadamaino – Movimento delle cose
a cura di Alberto Zanchetta
Galleria Dep Art
Via Mario Giuriati, 9 (zona viale Campania) –
20129 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39
0236535620; [email protected]; www.depart.it

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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