Musei 2.0. Quali strategie?

Di fronte a una tecnologia sempre più dilagante, anche i musei devono mettere a punto strategie 2.0 che garantiscano loro un posto nella contemporaneità. Questi, e molti altri, gli argomenti trattati durante il Focus Group andato in scena lo scorso dicembre al MAXXI di Roma.

Oggi le nuove tecnologie pervadono tutti gli aspetti della nostra vita e, nello scorso novembre, il web in Italia ha raggiunto i 30,1 milioni di utenti (dati Audiweb), più della metà della sua popolazione: digitale o non digitale, non è più questo il dilemma. Come rispondono i musei a questa sfida e di quali competenze hanno bisogno per traghettare l’istituzione museale dal Novecento alla contemporaneità, sono le domande che ci siamo posti con il progetto europeo Mu.SA – Museum Sector Alliance, realizzato da un partenariato di 12 organizzazioni, provenienti da Italia, Grecia, Portogallo e Belgio.
C’è una risposta in grado di soddisfare le esigenze di tutti i musei, indipendentemente dalla loro grandezza e disponibilità di risorse? Quali sono i nuovi profili professionali che andrebbero sviluppati in questo ambito?
Se ne è discusso il 5 dicembre 2016 al MAXXI di Roma, in un Focus Group dal titolo Innovazione digitale e musei, che ha chiamato a raccolta alcuni tra i massimi esperti del settore museale e delle industrie culturali e creative in Italia. L’evento è stato realizzato da Fondazione Symbola e Melting Pro, in collaborazione con Link Campus University e l’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia Romagna, partner italiani di Mu.SA. Duplice lo scopo del progetto: identificare profili e competenze digitali necessari per aprire i musei al digitale e realizzare corsi di formazione in linea con i bisogni dei professionisti museali in Italia, Portogallo e Grecia. L’appuntamento romano rientra nella prima fase di ricerca di Mu.SA che, oltre al Focus Group, prevede la realizzazione di alcune interviste qualitative rivolte a personaggi chiave del settore museale italiano. Il tutto confluirà in un report sui fabbisogni formativi dei professionisti del settore nel campo digitale.

UN MUSEO DEI CITTADINI

Il tavolo, condotto da Simona Caraceni, è partito dalla necessità di porre al centro della progettazione strategica dei musei una profonda riflessione sulla mission. Soprattutto alla luce di una rivoluzione copernicana, in atto da diversi anni, che ha reso protagonista il pubblico e ridimensionato il ruolo degli addetti ai lavori. “Questa rivoluzione ci pone il problema del Museo dei Cittadini, intendendo per cittadino il soggetto che esercita il proprio diritto di cittadinanza attraverso la cultura”. Diritti culturali per favorire l’inclusione, mentre le politiche culturali sconfinano sempre più nel sociale.
Va da sé che la comunicazione, intesa come macchina di trasmissione di contenuti individuati a partire dai curatori, dai responsabili dei servizi educativi e dallo stesso pubblico, diventa l’asse portante per il museo 2.0, che riconosce la centralità del suo pubblico. Il tema dell’Audience Development va quindi affrontato in tutte le sue potenzialità: non solo come allargamento dei pubblici in termini quantitativi, ma anche come approfondimento delle relazioni con i diversi pubblici, sempre più profilati e targettizzati. E da qui, l’importanza della tecnologia: “Il digitale è uno strumento attraverso cui l’Audience Development si declina con maggiore chiarezza. L’importante è che non ci si fermi a livello di comunicazione ma che diventi un modo per produrre cultura”. Tecnologia, quindi, non come un fine a sé, ma come un mezzo all’interno di una strategia più complessa, per accrescere i pubblici del museo e le sue relazioni sul territorio (raggiungendo anche l’altra metà di italiani non ancora online), per assicurare una maggiore sostenibilità sociale e finanziaria dell’istituzione, da cui dipende la tutela del suo patrimonio.
I musei italiani devono cercare di recuperare il ritardo accumulato nella digitalizzazione del patrimonio e nella sua valorizzazione attraverso lo sviluppo di contenuti digitali innovativi, in grado di avvicinare gli utenti all’offerta culturale proposta, rendere unica la loro esperienza all’interno del museo e mantenere i rapporti anche dopo la visita. Il fine è ampiamente condiviso dalla platea presente: sviluppare nuovi strumenti che permettano all’utenza e agli stakeholder del museo di entrare in un rapporto di co-creazione dei contenuti e della programmazione museale.

QR Code, Museum für Hamburgische Geschichte, photo Christoph Braun via Wikipedia

QR Code, Museum für Hamburgische Geschichte, photo Christoph Braun via Wikipedia

LIMITI E TRAGUARDI

Ma il traguardo è ben lontano dall’essere raggiunto. “Molti musei stanno ancora oggi entrando nell’era digitale: non hanno personale dedicato e tendono a non ragionare per strategie e obiettivi, ma per strumenti.” Molti sono i limiti culturali da superare in un Paese in cui, nel tanto atteso concorso statale per l’assunzione di 500 nuovi professionisti museali, a nessuna delle figure ricercate sono richieste competenze digitali specifiche. Nemmeno ai futuri professionisti della comunicazione museale. Di fatto, in Italia, molto spesso i servizi digitali vengono affidati in outsourcing, così come molti altri servizi museali, a partire da quelli educativi. Più in generale, le posizioni che riguardano la comunicazione o le strategie social, se presenti all’interno del museo, sono poco stabili e soffrono di un turnover troppo rapido, affidandosi soprattutto a tirocinanti. Oltre a una maggiore stabilizzazione di queste figure e alla loro messa in rete per i musei di minore dimensione, sono necessari corsi di alfabetizzazione digitale a tutti i livelli, in grado di assicurare qualità ed efficacia dei contenuti digitali prodotti, senza sottovalutare l’importanza della loro valenza estetica, la loro preservazione nel tempo e il loro aggiornamento continuo. “A volte i musei ignorano le strategie da percorrere. Non ci sono idee chiare da parte della committenza e molti prodotti diventano obsoleti in fretta. Bisognerebbe costruire un rapporto serio tra domanda e offerta tecnologica”. Senza politiche nazionali strategiche, il digitale aumenterà le differenze, anziché abbatterle.
E se il limite non è solo tecnologico ma anche culturale, non da meno sono importanti quelle soft skill necessarie a favorire l’innovazione e l’apertura al cambiamento: in primis, la capacità di ascolto e mediazione, sia dei bisogni interni che delle reali esigenze del pubblico. “I modelli di partecipazione richiedono forti livelli di coinvolgimento, una produzione di senso condivisa in cui i musei devono mettersi di lato, evidenziando un surplus di autorevolezza. Bisogna capire come progettare e guidare questi processi di accompagnamento, saper condurre la partecipazione”.

SVILUPPO E FUTURO

Nonostante la crisi economica, i musei stanno vivendo una fase di grande sviluppo, sia a livello nazionale che internazionale, in cui stanno cercando di ricostruire il proprio ruolo: dopo essere stati considerati per decenni alla stregua di “non luoghi”, finalizzati soprattutto ad attrarre turisti, oggi sono sempre più impegnati a costruire legami forti con il contesto locale. In questa trasformazione le nuove tecnologie hanno un ruolo strategico fondamentale, perché permettono il consolidamento e l’ampliamento di un network stabile di relazioni. Da un lato, ai musei viene chiesto di crescere come hub turistici, grazie a strumenti di marketing in grado di rafforzare i legami tra l’istituzione culturale, la città e il territorio in cui il museo è inserito. Dall’altro, i musei sono sempre più chiamati a stringere relazioni con la parte più produttiva e imprenditoriale della società: il mondo delle imprese. Sul tema delle start up, ad esempio, i musei possono fare da tramite per metterle in contatto con le diverse comunità del territorio, potenziali acquirenti dei loro prodotti. Lavoro di mediazione che può includere anche la manifattura di alta qualità. Solo così i musei possono diventare un hub di prodotti culturali a 360°: dalle opere d’arte ai contenuti digitali fino alla produzione manifatturiera creative-driven.
In attesa di completare la ricerca per Mu.SA, possiamo solo sottolineare l’esigenza in Italia di percorsi formativi adeguati a sviluppare le nuove competenze richieste, nella speranza che progetti come questo accrescano la consapevolezza riguardo la necessità di musei 2.0, che sappiano coinvolgere i pubblici più vari (online e offline) in un’ottica di rete, perché “singolarmente il museo non ne verrà fuori. Bisogna operare a livello di sistema.”

Fondazione Symbola e Melting Pro

http://meltingpro.org/
http://www.symbola.net/

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Redazione

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