Gucci Cruise 2019 nella Necropoli di Arles. Il report e le immagini della sfilata

Le fiamme di Dante Alighieri e di David Lynch fanno da sfondo all’immagine di una moda che riproduce l'eredità di un passato che ha senso solo se rielaborato. Il genio di Alessandro Michele per una nuova sfilata Gucci dal sapore eterno e indimenticabile

“Fuoco cammina con me”: un sentiero di fiamme indica al pubblico, seduto su specchi, il percorso della sfilata, invitandolo ad entrare nella dimensione senza tempo che lega la Necropoli paleocristiana di Arles al cinema di David Lynch. È l’ennesima dimostrazione della potenza dell’estetica di Gucci che ogni volta sposta la meraviglia di quello che è possibile immaginare. Dopo l’abbazia di Westminster a Londra, la Galleria degli Uffizi a Firenze, il 30 maggio scorso Gucci ha scelto Arles nella Promenade des Alyscamps, luogo che ha ispirato Vincent van Gogh e Paul Gauguin, classificato come patrimonio dell’umanità.

IL LUOGO

Un luogo sacro, funebre, citato da Dante nel Nono Canto della Divina Commedia, tappa del percorso di Santiago de Compostela ma anche luogo legato alla storia della moda, grazie alla presenza di couturiers come Christian Lacroix e Louis Féraud e ad una tradizione che si ritrova nelle opere di Antoine Raspal, nei ritratti delle sue arlesiane e soprattutto nel dipinto Atelier de couture del 1760.

Gucci Cruise ad Arles - ph. Ronan Gallagher

Gucci Cruise ad Arles – ph. Ronan Gallagher

GUCCI IN THE DARK

Così Gucci scende nelle tenebre forte delle sue ispirazioni, cammina con il fuoco, attraversa l’eterno con la luce dell’innocenza di creature pure. 114 figure sfilano senza darci la possibilità di razionalizzare, ogni giudizio smentisce il precedente, ognuno non è quello che vorremmo che fosse. La giustizia che rende il miracolo consuetudine fa sì che la bellezza non stia più nei canoni noti, come che non ci siano più dei generi: quelle di Gucci sono creature che fanno parte di un mondo nuovo, l’unico che si possa opporre a quello virtuale che genera altre creature, intelligenze artificiali che propagano il contagio sociale del non pensiero. Le figure in passerella di Gucci costringono a pensare, disturbano, incarnano una dimensione infantile di indefinizione, sono ad uno stadio larvale vicino al concetto di eternità. Sono Les enfants du paradis che camminano incoscienti tra le tombe del cimitero, infuocato come l’inferno. Si portano dietro l’orsetto di peluche, si truccano come bambole di pezza o come le dame del Casanova felliniano, hanno gli occhi finti come nell’Orfeo che anche Jean Cocteau porta all’inferno. Grandi complici della deformata visione di Alessandro Michele sono l’hair stylist Paul Hanlon, che con il suo staff ha creato complicate acconciature elisabettiane e da rockstar anni ’70; c’è il trucco geniale di Yadim Carranza che usa gemme, catenelle e altro materiale per ridisegnare il viso di ogni modello, fondamentali anche le unghie come sofisticati arnesi, elaborate da una vera guru come Jenny Longworth.

LOGHI E SCRITTE IN LATINO COME DECORI

Su alcune felpe e maglie c’è ricamato il logo Chateau Marmont come simbolo di luogo infernale contemporaneo: è l’albergo di Los Angeles simile ad un castello francese dove è morto John Belushi. Qui, inoltre, Jim Morrison cadde da una finestra. Anche la scritta Gucci si deforma insieme alle altre grafiche ispirate al canto dantesco e alla nomenclatura storica, latina del luogo. Tutto è decorativamente indispensabile, tutto è lussuoso, perché frutto di elaborazione. Velluti, tessuti floreali, ricami su preziose casse toraciche come nemmeno la Schiaparelli avrebbe osato pensare, citazioni che cuciono l’attimo in cui viviamo, che ricamano la leggerezza impalpabile dell’eternità di una giacca di Chanel o dei pantaloni anni ‘70 con una ampissima zampa d’elefante. Le creature indossano le divise del “nulla è per sempre”: Gucci dilata quel momento magico, irrispettoso e infantile che usa senza limiti le cose dei grandi, il momento del coraggio di essere cosa vogliamo noi.

L’ARTE CHE SEGUE LA MODA

Il pubblico ha caratteristiche simili a quelle delle creature di Gucci, una sorta di “famiglia” legata per affinità. È commosso dalla sfilata e anche dal concerto dopo show dedicato ad Alessandro Michele da un meraviglioso Elthon John. Oltre agli attori come Valeria Golino, Chiara Mastroianni, Saoirse Ronan, Salma Hayek, Amanda Lear e molti personaggi della musica contemporanea, la sfilata di Alessandro Michele per Gucci ha richiamato anche stavolta artisti e curatori come Hans Ulrich Obrist e Maria Luisa Frisa. L’arte segue la moda di Gucci perché è un fenomeno artistico: lo spettacolo è artistico perché avviene dove non ci aspettiamo che possa avvenire, l’inaspettato e l’imprevedibile stanno sull’outfit come nell’evento. La folle e curiosa intelligenza di Alessandro Michele sceglie il luogo come parte fondamentale della complessità del lavoro e, come avviene per un’opera site-specific, usa il contesto come elemento caratteristico per ridisegnare luoghi e creature mai esistiti prima. Un lavoro serio fatto con studi e ricerche, anche per quell’universo apparentemente futile, ma che smuove economie sempre più grandi e crea tanti posti di lavoro (a Scandicci 400 assunzioni annunciate il mese scorso): un lavoro fatto da una squadra eccezionale guidata da chi, forse, da piccolo faceva già vestiti per bambole speciali e non ha mai smesso di credere nei racconti delle fate.

– Clara Tosi Pamphili

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Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili si laurea in Architettura a Roma nel 1987 con Giorgio Muratore con una tesi in Storia delle Arti Industriali. Storica della moda e del costume, ha curato mostre italiane e internazionali, cataloghi e pubblicazioni. Ideatrice e curatrice…

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