La moda è una cosa seria. Su Rosa Genoni

La moda, il femminismo, l’impegno civile, l’antifascismo. Giovanna Ginex recensisce un ottimo libro dedicato alla figura di Rosa Genoni.

Si deve a Lyda Borelli il primo tentativo di dare spazio alla moda italiana sulla ribalta di un teatro: è il giugno 1908 quando la diva indossa un modello della celebre sarta Rosa Genoni durante la rappresentazione della commedia di Paul Gavault Matrimonio di Giacomina al teatro Olimpia di Milano. Il modello Tanagra, un abito “trasformabile” e apparentemente di semplice fattura creato appositamente per l’attrice reinterpretando i panneggi all’antica delle omonime statuette antiche, sarà subito pubblicato nella rivista per signore Margherita e nel settimanale popolare L’Illustrazione Italiana, moltiplicando così, grazie alla fama di Borelli, la già comprovata notorietà dalla sua creatrice.
Questo indicativo dato storico e di cronaca, accanto a innumerevoli altri fatti, documenti, immagini e spunti di riflessione, è collocato da Eugenia Paulicelli all’interno di una vasta e articolata narrazione condotta con un rigoroso approccio transdisciplinare.
L’autrice accoglie appieno, storicizzandolo, il punto di vista di Genoni sul ruolo profondamente innovatore e migliorativo che avrebbe potuto e dovuto svolgere la moda all’interno delle rivendicazioni delle donne “per conquistare i campi che le sono ancora contesi”, tenendo salda tra le mani ideazione, produzione e commercio dell’intera filiera della moda.
Mezzo, ispirazione e metodo con cui condurre questa battaglia sono racchiusi secondo Genoni in una formula semplice: unire arte e tecnologia, creatività e scienza. Ne dà un primo, straordinario esempio, all’Esposizione internazionale di Milano del 1906, dove si presenta in un personale spazio espositivo allestito all’interno del padiglione dedicato alle arti decorative. La collezione era composta di otto abiti ispirati alla cultura e all’arte italiana, in particolare al Rinascimento: due i modelli più noti, Primavera, omaggio a Botticelli, e un Mantello di corte tratto da Pisanello, con i quali ottiene il massimo riconoscimento dalla giuria internazionale della mostra. Il suo lavoro ottiene il plauso di Ugo Ojetti, raffinato intellettuale e critico d’arte, e dell’amica Paola Lombroso, giornalista, scrittrice e pedagoga, che non esita a definire Genoni “sarta artista”.

Rosa Genoni, Manto femminile da corte Pisanello, 1906

Rosa Genoni, Manto femminile da corte Pisanello, 1906

Il legame tra arte e moda, o meglio l’essere la moda un’arte a tutti gli effetti, è esplicitato da Genoni nella relazione presentata nell’aprile del 1908 al Primo Congresso Nazionale delle Donne tenutosi a Roma, dove insiste sui rapporti tra moda e arti decorative, non tralasciando l’aspetto economico e imprenditoriale legato al rilancio dell’artigianato femminile. Due mesi dopo, Borelli indosserà Tanagra.
Nella doppia veste di “sarta artista”, Genoni è impegnata dal 1905 anche come docente alle Scuole professionali femminili della Società Umanitaria di Milano. Sarà insegnante e direttrice della Sezione sartoria, dove introduce un corso pionieristico di Storia del costume. Per migliorare la didattica del corso Genoni utilizza e teorizza già nel 1918 le proiezioni luminose, ovvero la proiezione di diapositive riproducenti opere d’arte italiane – pitture rinascimentali soprattutto – che permettano alle allieve di esercitarsi nel riconoscimento degli stili e nella conseguente ideazione di decori e modelli ispirati a quegli alti esempi nazionali. Testimonia l’impegno in tal senso il manuale Storia del Costume Femminile. Brevi cenni illustrativi della serie di diapositive, pubblicato nel 1918. Dall’attività come insegnante all’Umanitaria, e dunque dalla concreta necessità di fornire alle allieve testi di studio e repertori specifici fino allora inesistenti in Italia, hanno origine anche gli altri libri pubblicati da Genoni tra il 1909 (Per una moda italiana) e il 1925 (Storia della moda). L’esperienza all’Umanitaria continuerà fino al 1933, quando Rosa è indotta a ritirarsi dall’insegnamento adducendo motivi personali: in realtà, sceglie di uscire di scena a causa della svolta fascista dell’istituzione milanese.
Paulicelli indaga e presenta criticamente ogni attività e competenza di Genoni, facendo rivivere in un intreccio virtuoso la complessità della vicenda, anche personale, del personaggio. Genoni è sarta e insegnante, ma anche scrittrice, giornalista efficace e prolifica per numerosi periodici d’impegno dedicati alle donne, e lucida attivista nelle rivendicazioni femminili e nella battaglia per la pace. Questo impegno è ribadito con forza nel discorso pronunciato al Congresso internazionale delle donne tenutosi all’Aja tra aprile e maggio del 1915, al quale Genoni partecipa, unica rappresentate per l’Italia, come delegata delle associazioni Pro Humanitate e Comitato Lombardo Pro Suffragio femminile di Milano, Pro Arbitrato di Torino, Pro Pace di Vicenza, Per la Donna di Roma e Lega dei Paesi Neutri di Lugano.

Rosa Genoni, Abito da ballo ispirato alla Primavera del Botticelli, 1906 - Galleria del Costume Palazzo Pitti Firenze

Rosa Genoni, Abito da ballo ispirato alla Primavera del Botticelli, 1906 – Galleria del Costume Palazzo Pitti Firenze

È forse questo il momento più alto di Genoni nell’impegno civile per i diritti delle donne e possiamo anche dire nell’attivismo politico esplicito, e anche il culmine di un percorso iniziato a Tirano, un piccolo centro delle valli lombarde, dove Rosa nacque nel 1867 da un calzolaio e da una sarta, primogenita di diciotto figli. Paulicelli ne traccia la biografia, rilevando i passaggi più significativi della sua prima gioventù, centrali per lo sviluppo della sua personalità e professionalità. A dieci anni è mandata Milano da una zia sarta e qui inizia il suo praticantato nella moda come “piscinina”, piccola aiutante tuttofare e fattorina; intanto, studia, e inizia poco dopo a frequentare i circoli operai e socialisti nei quali forgerà il suo sguardo politico. Impara il francese, ha una breve ma intensa esperienza di lavoro a Parigi e lì matura le sue prime idee per rivoluzionare, rendendola autonoma e riconoscibile, la moda italiana e l’insegnamento dei lavori della moda in Italia. Stimoli preziosi che svilupperà al suo rientro a Milano, dove negli anni Novanta incontra e stringe amicizia con Anna Maria Mozzoni, giornalista e attivista dei diritti civili. Da qui, con esemplare concatenazione e coerenza tra vita privata, professionale e “grande storia”, la vicenda di Genoni si dipana lungo molteplici fili: sono modelli di Genoni gli abiti e i tailleur dalle linee rigorose e geometriche indossati da Anna Kuliscioff, è nella cerchia degli intellettuali e professionisti milanesi radicali che conoscerà il compagno di una vita, l’avvocato penalista Alfredo Podreider, con il quale avrà l’unica figlia, Fanny, nata nel 1903, lo stesso anno in cui Rosa è nominata première dell’esclusiva Maison Haardt di Milano, incarico che manterrà sino al 1914.
Sarà la scrittrice Gianna Manzini, più giovane di oltre una generazione, a intitolare La moda è una cosa seria un suo articolo comparso nel periodico La Donna, nel luglio 1935. Paulicelli riprende questa titolazione per il suo libro, come omaggio alla figura intellettuale di Manzini e per sottolineare una continuità di pensiero, femminile e femminista, tre due donne distanti dal punto di vista biografico, ma unite nella consapevolezza della valenza di genere e dello specifico transdiscliplinare della moda.

Giovanna Ginex

Eugenia Paulicelli – Rosa Genoni. La Moda è una cosa seria. Milano Expo 1906 e la Grande Guerra
Deleyva Editore, Milano 2015
www.deleyvaeditore.com

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