Italia batte Cina 1 a 0. Clonare la mitica Vespa è reato: sentenza storica per il design italiano

Per il Tribunale di Torino si chiude così la contesa tra due potenti gruppi industriali, uno italiano e l’altro cinese. Vince la Piaggio, che aveva citato in giudizio gli imitatori orientali della Vespa. Ecco perché si tratta di una sentenza importante.

PiCi avevano provato, i cinesi, a copiare lo scooter per eccellenza, tra i maggiori simboli del Made in Italy nel mondo, esempio di stile, innovazione e intelligenza imprenditoriale. Non proprio un tarocco in senso stretto, dal momento che non si trattava di un’alterazione o usurpazione del marchio Piaggio. Ma la mitica Vespa, progettata nel 1946 su disegno dell’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, dal 2013 riviveva nei cloni della Zhejiang Zhongneng Industry Group, immessi sul mercato italiano con l’ambiguo nomignolo “Ves”.  Identici all’originale.
Fu allora che scattò l’allarme, in occasione della presentazione ufficiale al salone EICMA. Con tanto di intervento della Guardia di Finanza ed esposto al Tribunale di Torino. Da quel momento il Gruppo di Pontedera provò a far valere l’unicità del suo prodotto, mentre la società cinese rispondeva con un’altra citazione, rigettando ogni accusa di contraffazione. La vicenda si conclude oggi, dopo quattro anni di battaglie legali, con una sentenza storica. Tutta a favore dell’Italia. In sostanza: secondo la legge la Vespa è un oggetto assolutamente esclusivo, riconosciuto a livello internazionale, e che pertanto non può essere riprodotto da chi non ne custodisca i diritti. Si parla cioè di “marchio tridimensionale”: la forma stessa diventa brand e dunque la sua imitazione equivale a una falsificazione.

La Vespa utilizzata da Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze romane, esposta all'Ara Pacis di Roma per la mostra Audrey a Roma. Esterno giorno, 2011

La Vespa utilizzata da Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze romane, esposta all’Ara Pacis di Roma per la mostra “Audrey a Roma. Esterno giorno”, 2011

LA VESPA? UN’OPERA D’ARTE, CELEBRATA ANCHE AL MOMA

La forma della Vespa”, scrivono i giudici della sezione specializzata di Torino, “è senz’altro nota come oggetto di design industriale e nel corso dei decenni ha acquisito talmente tanti riconoscimenti dell’ambiente artistico (e non solo industriale) che ne ha celebrato grandemente le qualità creative e artistiche, da diventare un’icona simbolo del costume e del design artistico italiano”. E qui citano film, pubblicità, premi, pubblicazioni e anche esposizioni istituzionali, come quelle “presso le collezioni permanenti di prestigiosi musei quali la Triennale di Milano, il MoMA di New York e altri in tutto il mondo”. Insomma, nessun margine di dubbio. Per quanto infinitamente riproducibile e sottoposta negli anni a piccole variazioni, la Vespa Piaggio è equiparabile a un’opera d’arte. E chi la imita commette reato. La tutela va dai primissimi modelli del 1948 fino a quelli più attuali, inclusa  la Vespa LX del 2005 a cui gli orientali si erano direttamente ispirati.
Così è deciso. Sempre che la Zhejiang Zhongneng non pensi di ricorrere in appello. Intanto una cosa è certa: il fake cinese, al momento, non può essere commercializzato sul territorio italiano. Una sentenza che potrebbe fare scuola, in direzione di una tutela rigorosa del Made in Italy: imitare le forme del grande design italiano – anche in assenza di marchio tarocco – è già contraffazione.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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