Morta Gabriella Crespi, pioniera dell’incontro tra design e artigianato

Classe 1922, la designer e artista milanese conosciuta per i suoi arredi scultorei e per aver arredato le case del jet set internazionale è morta alla soglia dei 95 anni. Ritorno su una figura emblematica del design italiano, tra razionalismo e artigianato classico, tra la Milano del boom economico e l’India dei santoni e della sacralità diffusa.

I suoi pezzi unici hanno affascinato personaggi famosi e capi di stato, da Grace Kelly allo Scià Reza Pahlavi, e fanno mostra di sé nelle case di creativi e artisti di oggi, da Lenny Kravitz a Stella McCartney. Pioniera di un’alleanza tra design e manifattura artigianale che diventerà tendenza stabile soltanto molti anni dopo e artefice di un lusso colto, capace di attingere al bagaglio formale dell’Art Déco e dell’Art Nouveau, donna volitiva e sicura di sé in un universo professionale ancora decisamente maschile, ha realizzato gran parte della sua produzione in un decennio, quello dei Settanta, nel quale l’eccellenza del design italiano a livello internazionale era già un dato acquisito ma il dominio dei principi del Modernismo cominciava a perdere in assolutezza, lasciando ai progettisti la libertà di guardare al passato e lasciarsene influenzare. Nel 2015, dopo una lunga pausa di meditazione ai piedi dell’Himalaya, è stata protagonista di un inatteso comeback con una piccola collezione di nove arredi-scultura in edizione limitata disegnata a quattro mani con la figlia Elisabetta e presentata al Fuorisalone.

CHI ERA GABRIELLA CRESPI

Gabriella Crespi è morta a metà febbraio, alla soglia dei 95 anni, nella sua Milano. Nata nel 1922, si era formata al Politecnico negli anni Quaranta, in un periodo nel quale la presenza di studentesse nelle aule della facoltà di Architettura non era certo massiccia, e anzi veniva scoraggiata, ritenendo alcuni docenti e molte famiglie più opportuno indirizzare le ragazze verso carriere di assistenti o decoratrici. Una formazione rigorosa della quale è facile rintracciare l’influsso in alcuni dei suoi mobili-icona, come il tavolo “Dama” (1970), o lo scrittoio-libreria della collezione “Yang Yin” (1979), entrambi appartenenti alla famosa serie dei “Plurimi” ispirati alle opere dell’artista Emilio Vedova, caratterizzati da piani scorrevoli e incastri sapienti. La sua carriera di designer è stata cronologicamente breve, circoscritta tra l’inizio degli anni Settanta e il 1987 che segna l’abbandono dell’attività e il trasferimento in India, ma feconda e coerente. In meno di due decenni Gabriella Crespi è stata in grado di “tracciare un percorso progettuale che sorprende per il rigoroso controllo a cui è sottoposto” ha scritto Massimo Martignoni in un saggio pubblicato sul catalogo della retrospettiva “Il segno e lo spirito” allestita a Palazzo Reale nel 2011, ricordando anche che tutti i prodotti di quel periodo sono firmati e brevettati. Anche la scelta dei materiali – legni e lacche accostati a metalli dall’effetto prezioso che brillano senza eccessi, materiali industriali resi importanti dall’associazione con altri più nobili – testimonia della piena padronanza della designer milanese nel portare avanti un gioco raffinato che riunisce glamour contemporaneo e influenze del passato.

-Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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