Freespace: cambio di passo (e di prospettiva) al Padiglione Centrale della Biennale di Venezia

Seconda panoramica della mostra curata da Yvonne Farrell and Shelley McNamara, che nel Padiglione Centrale si arricchisce della sezione speciale Close Encounter. Meetings with remarkable buildings

Muovendosi dagli spazi delle Corderie a quelli del Padiglione Centrale ai Giardini, il cambio di passo e di prospettiva della mostra Freespace è chiaro. Fa eccezione la prima sala, nella quale, con modalità analoghe a quanto proposto all’Arsenale, il percorso espositivo prende avvio con uno spazio nel quale a prevalere è il vuoto. Grafton Architects affida al collettivo Assemble l’incipit, che risponde al tema rivestendo il pavimento esistente con migliaia di piastrelle di argilla a encausto fatto a mano. Il risultato è un “territorio inedito”, che intende evocare la tradizione dei pavimenti delle chiese medievali e delle strutture vittoriane. Mentre all’Arsenale i progetti sono disposti lateralmente, seguendo uno schema rigoroso che lascia poco margine al guizzo e all’inventiva, il Padiglione Centrale cattura lo sguardo e lo accompagna, seppur con una certa fatica, tra i progetti che affollano le sue sale. 

MOLTI CAMBI DI SCALA

Frequenti i cambi di scala: nella rivisitazione architettonica del passato, al centro del progetto speciale Close Encounter. Meetings with remarkable buildings, sono inclusi grandi modelli anche abitabili; nella successiva proposta di Amateur Architecture Studio, che indirizza lo sguardo verso tematiche urbane, a emergere è la riproduzione 1:2 di un edificio spontaneo sorto in una città cinese; nella “terrazza atelier” di Peter Zumthor una rassegna di modelli dell’architetto svizzero ripercorre la decennale attività del suo studio. A fronte di una generosità e varietà interpretativa del tema Freespace, che include la presentazione dell’articolato piano Humanhattan 2050 di BIG – Bjarke Ingels Group e interventi, tra gli altri, di Caruso St John Architects, Paulo Mendes da Rocha e Cino Zucchi -, i progetti esposti concedono poco respiro, facendo da contraltare alla libertà di movimento garantita, anche se in maniera piuttosto asettica, dalle Cordiere. Degna di nota la scelta di non occupare per intero l’area del padiglione, riducendo di un 10% la superficie espositiva.

-Arianna Testino e Valentina Silvestrini

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

Scopri di più