Boschi verticali e grattacieli gentili. Il futuro delle città

Anche la Svizzera e la Cina aspettano il loro “grattacielo più bello del mondo”, progettato da Stefano Boeri. Genesi, omologhi e prospettiva di un’idea progettuale che può rivoluzionare i densi agglomerati urbani metropolitani.

Il Bosco Verticale:
1 – È un progetto di sopravvivenza ambientale per la città contemporanea;
2 – Moltiplica il numero di alberi nelle città;
3 – È una torre per alberi abitata da umani;
4 – È un dispositivo anti-sprawl;
5 – Demineralizza le superfici urbane;
6 – Riduce l’inquinamento dell’ambiente urbano;
7 – Riduce i consumi energetici;
8 – È un moltiplicatore della biodiversità urbana;
9 – È un landmark urbano cangiante;
10 – È un ecosistema vivente.

Queste le ragioni trascritte per punti da Stefano Boeri in un manifesto dedicato alla città che vuole sopravvivere al domani. Il processo di creazione del Bosco Verticale si lega a un viaggio dell’architetto a Dubai, nel quale lo colpì subito l’immagine di una città minerale, disseminata di torri riflettenti, fatte di metallo, vetro e ceramica. Compatte, stratificate e poco reattive alle necessità di chi le abita, le città rimangono il risultato di un corpo quasi morto con involucri che non producono qualità di nessun tipo e non partecipano in alcun modo alla vita urbana, se non occupando suolo e producendo calore. L’idea di un grattacielo rivestito di vegetazione si fa largo tra una serie di edifici le cui facciate sono quasi completamente in vetro, come dimostra una ricerca curata dall’architetto Alejandro Zaera dello Studio AZPML sulle torri costruite dal Duemila in poi. L’intento principale del “grattacielo gentile” è quello di aumentare le quantità di ossigeno a discapito dell’anidride carbonica, che verrebbe ridotta notevolmente di anno in anno.

DAL BOSCO VERTICALE ALLA CITTÀ FORESTA

Il progetto a stampo funzionalista cerca un equilibrio fisiologico all’interno delle città nelle quali si colloca, insinuandosi nello strato compatto urbano, come elemento ibrido, naturale e artificiale.
Una macchina policroma in grado di sopraffare le polveri sottili dell’inquinamento, essere luogo per specie animali che trovano nella vegetazione una nuova ricolonizzazione, ridurre l’irraggiamento solare e il calore, il quale molto spesso induce a utilizzare impianti di climatizzazione per il raffreddamento. La struttura rende favorevole l’utilizzo di alberature alte fino a 9 metri, grazie ai solai aggettanti esterni che sporgono fino a poco più di 3 metri in maniera discontinua. Un profilo irregolare animato da piante che trovano nella naturale crescita le proprie forme discontinue.
In termini metaforici e concettuali, il Bosco Verticale può essere equiparato a un grande albero, del quale i balconi costituiscono i rami, l’insieme delle specie vegetali le foglie, il corpo centrale dell’edificio il tronco e i sistemi di approvvigionamento idrico le radici”, scrisse Boeri in Un bosco verticale; Libretto di istruzioni per il prototipo di una città foresta, pubblicato nel 2015.

Stefano Boeri Architetti, Bosco Verticale, Milano. Photo Erika Pisa

Stefano Boeri Architetti, Bosco Verticale, Milano. Photo Erika Pisa

I LECCI DI MILANO

Dopo aver completato a Milano il primo esempio pratico di architettura a densità massiva definita sostenibile e viva, con le fatiche di un lavoro proceduto a rilento, la torre – “il grattacielo più bello del mondo” – divenne all’estero un modello facilmente riconoscibile e trasferibile ovunque una città voglia mostrarsi aperta a un futuro ecologico e responsabile. Un successo, consacrato dall’Highrise Award nel 2014 e dal Best Tall Building nel 2015, ripetuto da Boeri dapprima in Svizzera, nel Canton Vaud, e poi in Cina, nella provincia dello Jiangsu.
A Milano, l’ingresso al basamento vetrato del complesso, su cui svettano la Torre De Castillia e la Torre Confalonieri, avviene mediante un giardino collegato a Piazza Gae Aulenti, dove la nuova area metropolitana ha voglia di confrontarsi con le capitali globalizzate. I diversi orientamenti dei versanti dell’edificio hanno influenzato la distribuzione delle specie vegetali. Dice Boeri: “In ogni stagione lo spettacolo e i giochi visivi saranno diversi”. Uno degli obiettivi è stato limitare l’eccessiva radicazione: per questo i sistemi di contenimento sono stati disegnati in ragione della crescita delle piante più piccole. Alcuni dispositivi tecnologici, come gli impianti fotovoltaici sulle facciate e i generatori eolici sulla sommità delle torri, rimediano ai consumi energetici, i quali incidono sui costi della gestione della Vertical Forest.

I CEDRI DI LOSANNA

La Tour des Cedres, nell’area metropolitana di Losanna, progettata in collaborazione con lo studio di paesaggisti di Laura Gatti e BuroHappold Engineering nel 2015, è alta 117 metri e conta circa cento alberature, per la maggior parte sempreverdi. I trentasei livelli, occupati da abitazioni, uffici, servizi e da un ristorante panoramico sulla sommità, provvederanno a migliorare la qualità dell’aria anche in mancanza di eccessiva luce solare grazie alla vegetazione presente durante l’inverno.
Il noto architetto svizzero Mario Botta lo ha definito un elemento positivo dirompente nella vita di un quartiere normale.

Stefano Boeri Architetti, La Tour des Cedres, Losanna. © Stefano Boeri Architetti

Stefano Boeri Architetti, La Tour des Cedres, Losanna. © Stefano Boeri Architetti

I CILIEGI DI NANJING

Il terzo grattacielo lo si vedrà crescere ai venti temperati cinesi di Nanjing, area felicemente verde e circondata da rilevanti presenze naturali. Questo è il primo vero passo verso la diffusione internazionale del “Manifesto Verde Boeriano” e l’Asia, con la società Nanjing Yang Zi State-owned National Investment Group Co.ltd, ha promosso la costruzione di queste due torri di 108 e 200 metri facendole rientrare in un più ampio programma di sviluppo legato alla zona. I ventisette livelli vedranno sorgere un museo e una green architecture school; sulla sommità, invece, a godere dell’esclusiva posizione, sarà allocato un club privato. Nel secondo complesso, più basso, un hotel con poco meno di 250 camere e una piscina per l’ultimo piano. Il grande basamento è concepito come un centro dalle molteplici destinazioni d’uso, con attività commerciali, ristoranti, market, ma anche centri ricreativi e culturali, dagli spazi espositivi alle conference hall.
La Cina, però, che desidera una strada per il suo alto grado di inquinamento, vuole andare oltre la Nanjing Vertical Forest, proseguendo la costruzione di altri Boschi Verticali a Chongqing, Guizhou, Liuzhou, Shanghai e Shijiazhuang.

UN’IDEA CONTAGIOSA

I forti caratteri identitari della torre-bosco la rendono un modello chiaramente riproducibile in svariate coniugazioni. Il ruolo di responsabilità che porta con sé la Vertical Forest ha fatto sì che l’idea diventasse un linguaggio per tanti, oltre che simbolo di necessità ecologica.
Sono molteplici gli esempi di Bosco Verticale costruiti e previsti in tutto il mondo; già dai primi anni del Duemila, studi di progettazione più o meno noti hanno realizzato proprie configurazioni di edifici verdi. A Sidney, il One Central Park è stato realizzato da Ateliers Jean Nouvel con la piantumazione di circa 38000 piante autoctone, ottenendo gli elogi ufficiali del Council of Tall Buildings and Urban Habitat che gli ha conferito il premio di Best Tall Building. Sou Fujimoto in diverse occasioni ha reso i suoi edifici ibridi, portando in città come Parigi, Tokyo e Bordeaux la possibilità di avere le proprie Vertical Forest. Sempre a Parigi, 400 piante di bambù hanno trovato casa sulla Flower Tower disegnata da Christian de Portzamparc e completata nel 2004. A Valencia nel 2005, MVRDV propongono la loro Torre Huerta – Sociopolis, per alloggi sociali.
Le città, a causa dei numeri crescenti, si trasformano diventando agglomerati urbani, frutto di una fusione tra più comunità espanse nel tempo. Per questo motivo l’alta densità e la scarsa disponibilità spaziale del suolo impongono modelli nuovi e massivi, che snaturano l’idea di casa tradizionale rendendola un alveare urbano.

Stefano Boeri Architetti, Nanjing Vertical Forest. © Stefano Boeri Architetti

Stefano Boeri Architetti, Nanjing Vertical Forest. © Stefano Boeri Architetti

DALL’ARCHITETTURA ALLA BIOLOGIA EVOLUTIVA

Il riconoscimento che spetta a Stefano Boeri sta nel manifesto che ha steso, nell’aver teorizzato lo stato di necessità, non lasciandolo più a una responsabilità che normalmente dovrebbe avere un progettista. Il modello Vertical Forest ricorda la fortunata serie di Unité d’Habitation di Le Corbusier, ottenute a seguito di un lungo lavoro di divulgazione dei nuovi principi abitativi e di propaganda di un rivoluzionario manifesto per la civiltà del Novecento. Marsiglia nel 1952, Rezé nel 1955, Briey nel 1961, Berlino nel 1957, Firminy nel 1967, sono i riconoscimenti all’architettura progressista di Charles-Édouard Jeanneret. Esempi che fondevano l’urbanistica e la costruzione in un unico disegno, proprio come i grandi piani di sviluppo urbanistico odierno insegnano le loro nuove regole, sulla mobilità, sull’abitare e persino sulla natura.
Spesso il cambiamento avviene con strategie di impatto, come è accaduto nell’area milanese di Porta Nuova. La zona, riconosciuta ora con una propria identità, è stata rifiutata per molti anni e rimasta isolata a causa della chiusura del parco dei binari ferroviari. Oggi, però, ciò che era causa di una patologia è diventata occasione di sviluppo. Così come succede in molti ambiti della biologia evolutiva.

Nicola Violano

www.stefanoboeriarchitetti.net

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Nicola Violano

Nicola Violano

Nicola Violano (1989), laurea in architettura con massima votazione e tesi sui territori di cava e le strategie di rifunzionalizzazione di un comparto lapideo. Opera nell’ambito della progettazione architettonica e contribuisce alla didattica dei corsi di Composizione architettonica presso l’Università…

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