Citazione, plagio, appropriazione? Risponde l’architettura

È uscito il nuovo numero di “Perspecta: The Yale Architectural Journal”. Dove si declina, attraverso lo sguardo di autorevoli figure del panorama internazionale della cultura architettonica, il tema della citazione.

L’ARCHITETTURA E LE IMMAGINI
Il volume si apre con l’affermazione che “ogni impegno intellettuale si basa su un organismo già esistente di conoscenze strutturato per il suo riutilizzo”, disegnando subito una traiettoria di pensiero che non criminalizza l’atto del citare in sé ma denuncia come questa sia una delle forme egemoni della contemporaneità nella tendenza sempre più diffusa di annullamento dei confini tra riferimento/fonte e rielaborazione/autore. Nell’universo del progetto la pratica dell’appropriazione o citazione è più veloce, facile e non ha una regolamentazione. In questo vuoto normativo è possibile cogliere un insieme composito di aporie, di stimoli di riflessione che richiedono una capacità critica dis/interessata e che guardano a questi processi di innesto non originale come uno strumento di produzione culturale. Anche se molto dibattuto e contestato, questo approccio si collega a una dimensione che la teorica e critica Eeva-Lisa Pelkonen, nel saggio di apertura, definisce virale e agganciata al costante profluvio di immagini e informazioni in cui siamo immersi. Questa passiva proliferazione di immagini e testi produce forme spurie, frutto di un’incontrollata selezione, che rendono non riconoscibile la copia o la fonte. L’architettura rappresenta la disciplina più condizionata da questa produzione incontrollata di riferimenti, tanto da essere essa stessa fondata e foraggiata da una costante e continua proiezione su un archivio in divenire e praticamente infinito. Attraverso un documentato supporto iconografico e bibliografico, la curatrice Ana Miljaçki costruisce una testimonianza di questa indeterminatezza operativa in cui si muove l’universo del progetto, offrendo un catalogo di tipologie architettoniche come la torre per uffici, il museo, lo shopping center e mettendoli in relazione con le immagini che circolano nella rete sui siti e social di riferimento come Dezeen, Archdaily, Instagram e altri. Emerge un archivio senza freni di meme, di elementi di un paesaggio culturale che si alimenta soprattutto per imitazione attraverso un ambiente influenzato più dalla visione fotografica che dalla sfera materiale del costruito.

Perspecta 49

Perspecta 49

OLTRE LA CARTA BIANCA
Nel suo saggio dal titolo Double or Nothing: architecture not in evidence, la studiosa della scena artistica californiana Sylvia Lavin prova a suggerire un’originale vicinanza d’intenti nell’opera dell’artista Ed Ruscha e dell’architetto Robert Venturi, vedendoli come coloro che hanno anticipato la costruzione di un immaginario popolato da feticci urbani privi di apparente significato culturale, artistico e modellati senza filtri critici o di giudizio. Un accumulo di riferimenti che Venturi e Denis Scott Brown, in Learning from Las Vegas, trasformano in costruzione, educazione alla formazione di uno sguardo sulla metropoli californiana intesa come archetipo del capitalismo occidentale. L’architettura è quindi in/formazione costante e l’appropriazione orizzontale dal catalogo della quotidianità metropolitana è salutata come una possibilità di diffusione capace di scardinare le rigidità moderniste costruite su basi razionali e mediate. In una lunga intervista, raccolta nel volume, Richard Rogers conferma come inevitabile l’assenza di una matrice originaria nella produzione architettonica e fa riferimento al Centre Pompidou di Parigi realizzato con Renzo Piano: “L’architettura non può partire da un foglio di carta bianca” – dice l’architetto inglese. “Se vuoi mettermi in imbarazzo dammi un pezzo di carta bianca. C’è molta più architettura nelle influenze da altri ambiti disciplinari che nel chiuso di una disciplina che si interroga su stessa. Occorre assorbire e analizzare questi riferimenti preziosi che ci chiamano continuamente e sono intorno a noi”.

Perspecta 49 - Project_Rorschach, Card 10. Ana Miljački e Lee Moreau (Project_) con Sarah Hirschmann

Perspecta 49 – Project_Rorschach, Card 10. Ana Miljački e Lee Moreau (Project_) con Sarah Hirschmann

LA CHIAVE DELL’IRONIA
Rincara la dose, con uno sguardo critico e politico sul tema, FKAA – Fake Industries Architectural Agonism, collettivo transdisciplinare con sedi a Barcellona, New York e Sydney dove sviluppa un’architettura intesa come risorsa sociale. Il tema del falso o dell’originalità ha molti estimatori nella storia culturale recente, da Nietzsche nella Gaia Scienza a Deleuze in Cinema 2 (l’immagine movimento) dove affronta il famoso F for Fake di Orson Welles. La natura polivalente e sfuggente ai cliché e alle categorie di F for Fake ha creato non poche perplessitaà nell’ambito della critica, ma ha aperto la strada a un’autorialità ibrida e contaminata.Duchamp amava giocare con questi rimbalzi concettuali” – afferma Urtzi Grau di FKAA – “l’ironia e la sua ambiguità semantica possono aiutare molto a leggere il nostro tempo che può essere definito come quello del trionfo del fake, del falso”. Il ricco e denso numero 49 di Perspecta si chiude con un ritratto di Walter Benjamin che ricorda come nel suo percorso filosofico la citazione rappresenti qualcosa di simile a “un gruppo di briganti sul ciglio della strada che fanno un attacco armato e alleggeriscono un fannullone delle sue convinzioni”.

Marco Petroni

Perspecta 49: The Yale Architectural Journal – Quote
a cura di AJ Artemel, Russell LeStourgeon e Violette de la Selle
MIT Press, Cambridge (Mass.) 2016
Pagg. 288, $ 29,95
mitpress.mit.edu

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Marco Petroni

Marco Petroni

Marco Petroni, teorico e critico del design. Ha collaborato con La Repubblica Bari, ha diretto le riviste Design Plaza, Casamiadecor, ha curato la rubrica Sud su Abitare.it, è stato redattore di FlashArt. Collabora con l'edizione online di Domus. Curatore senior…

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