Osram e il Carapace di Arnaldo Pomodoro

Siamo in provincia di Perugia, esattamente nella tenuta di Castelbuono a Bevagna. La scorsa primavera ha inaugurato un “carapace” che ospita botti e vino. E a illuminarlo, un progetto di Barbara Balestreri.

Questo progetto rappresenta per me un’esperienza completamente nuova, perché si è trattato di fare un’opera che fosse allo stesso tempo architettonica e sculturale”: queste le parole di Arnaldo Pomodoro sul Carapace – tenuta della famiglia Lunelli a Castelbuono a Bevagna nel perugino – inaugurato la primavera dello scorso anno. Di nuovo c’è un intervento che va a completare definitivamente l’opera: l’illuminazione ideata dallo studio di lighting design Barbara Balestreri e realizzata da Osram.
Al piano terra, aperto al visitatore, l’atmosfera è calda, soffusa e accogliente. Scendendo nella barricaia, al piano interrato, lo scenario cambia radicalmente: è un luogo più freddo, quasi asettico. Un grande ovale dalle pareti azzurro cielo illuminate a led dove le vere protagoniste sono le botti di Sagrantino. Ne parliamo con Roberto Barbieri, consigliere delegato Osram.

Da dove è nata l’idea dell’illuminazione del Carapace?
Il progetto è nato da un’idea della famiglia Lunelli di inventare una struttura che potesse servire da cantina ma soprattutto da location per presentare i loro prodotti. Il rapporto con Pomodoro è iniziato nel momento in cui noi, come Osram, siamo entrati nella seconda fase, quando Pomodoro aveva già pensato la struttura. In questo caso siamo entrati grazie al nostro partner, l’architetto Balestrieri, il light designer che, lavorando con Pomodoro, ha capito quali erano le esigenze. Quasi in simbiosi hanno sviluppato il progetto, noi eravamo alle loro spalle per offrire le tecnologie migliori e per seguirli passo passo nelle esigenze di illuminazione.
Così abbiamo iniziato a sviluppare al meglio le tecnologie in nostro possesso e in particolare quella led, che è servita per l’illuminazione della cantina dove si trovano le botti. Perché qui il maestro voleva ottenere un effetto cielo il più realistico possibile. E i led si sono rivelati la migliore soluzione per rendere reale questo effetto.

Carapace - Castelbuono a Bevagna

Carapace – Castelbuono a Bevagna

Quali sono le problematiche che avete riscontrato nel rapportarvi con un’opera d’arte di questo genere? E come le avete risolte?
Le problematiche più grandi sono state quelle di capire e interpretare per poter realizzare concretamente quello che all’inizio era solo un’idea. Credo che l’aspetto più critico sia stato trovare la tonalità di luci adatta a rendere il cielo della barricaia il più vero possibile, così come lo voleva Pomodoro. Da questo punto di vista, l’unione del materiale con la luce ha portato a un risultato finale con un effetto cromatico unico. Un cielo azzurro in cui ci sono tantissimi riflessi, possibili principalmente grazie all’uso della tecnologia led. L’altra problematica è stata limitare il consumo di energia, quindi contenere l’emissione di infrarossi e calore che andavano a influenzare la climatizzazione. I led in questo sono risultati perfetti.

Osram lavora spesso per l’illuminazione di opere d’arte e di architettura. Quali sono le potenzialità della luce in questo rapporto?
Le potenzialità sono enormi perché oggi, grazie a queste tecnologie, ci si può adattare alle esigenze creative delle opere d’arte. Credo che in futuro sempre di più, che si parli di un monumento o una struttura architettonica, si debba partire dall’idea generale e pensare al tipo di luce che l’architetto ha in testa. Oggi la tecnologia è abilitante, consente di poter seguire questi concetti progettuali perché, grazie al led, abbiamo una luce molto flessibile dal punto di vista concreto, nel fatto che possa seguire la struttura. Una volta avevamo le lampadine, che erano un vincolo dal punto di vista geometrico; oggi i Led è possibile usarli in piastre e strisce molto più utili per seguire la struttura. Ma sono anche flessibili dal punto di vista dell’applicazione, possiamo comandare e pilotare sia l’aspetto cromatico, quindi la qualità, ma anche la quantità della luce. E quindi facilmente adattare e rendere percepibili i volumi dell’opera d’arte. Le potenzialità sono enormi, quasi infinite.

Carapace - Castelbuono a Bevagna

Carapace – Castelbuono a Bevagna

Negli ultimi anni c’è la tendenza a non usare più la luce come puro elemento accessorio. Essa stessa diventa protagonista. Addirittura, a volte, la lettura di un’opera passa attraverso il modo in cui la luce la mette in risalto. In questo senso come state lavorando, qual è la risposta del mercato?
È vero, c’è una crescente percezione che la luce non sia più un effetto collaterale, qualcosa che viene alla fine, per ultimo, ma ha un ruolo centrale nell’opera. In Italia però questo è un aspetto ancora poco sviluppato, in altri Paesi europei c’è già questa sensibilità a utilizzare la luce amplificando il ruolo dell’edificio o dell’opera d’arte.
La luce oggi può giocare un ruolo primario per rendere vivibile e visibile uno spazio. Molti progettisti hanno già capito questo ruolo nell’uso, ad esempio, della luce col fine di rendere un ambiente più attrattivo. Se parliamo infatti di un semplice spazio commerciale, la luce può essere usata per guidare il fruitore all’interno dello spazio. La luce non è solo funzionale alla percezione dei colori ma serve anche come esperienza di vita.

Come è cambiato il rapporto con artisti e architetti rispetto a qualche anno fa?
Intanto è cambiato. C’è una maggiore sensibilità sulle potenzialità e sul ruolo della luce. Le nostre strutture di vendita devono essere sempre più preparate nel rapportarsi con i progettisti, tramite una serie di training affinché sia possibile esprimere la tecnologia trasmettendone tutte le potenzialità. Rispetto al passato guardiamo con molta più attenzione ai progettisti, perché sono loro a guidare la tecnologia nel suo pieno utilizzo nel mercato.

Carapace - Castelbuono a Bevagna

Carapace – Castelbuono a Bevagna

Sono loro, i progettisti, a giocare un ruolo essenziale, di ponte e collegamento tra il committente e l’azienda?
Uno dei problemi oggi è che il consumatore finale non conosce a pieno le potenzialità di alcuni prodotti e si deve affidare a uno specialista. Si può affidare direttamente al produttore ma, siccome la luce non può essere fine a se stessa e deve essere inserita in un sistema, si deve affidare a un professionista per essere sicuri che conosca le potenzialità della tecnologia e che queste vengano inserite correttamente nella progettazione

Rispetto a questo, quali sono le differenze tra i progettisti italiani con quelli del resto del mondo?
In Italia esistono professionisti della luce davvero capaci. Certamente è una cultura più giovane rispetto ad altri Paesi. In Nordeuropa, Germania e Francia è partita prima questa onda. Perché c’è un mercato sensibile pronto ad accettare il fatto che ci sia un progettista pronto a esprimere le potenzialità della luce. In Italia siamo giovani in questo, però credo che chiuderemo presto il gap. Anche nelle università italiane, come il Politecnico di Milano, di Padova, Roma e Napoli, ora ci sono molti più corsi di specializzazione che possono insegnare la professione.

Zaira Magliozzi

www.osram.it

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Zaira Magliozzi

Zaira Magliozzi

Architetto, architecture editor e critico. Dalla sua nascita, fino a Marzo 2015, è stata responsabile della sezione Architettura di Artribune. Managing editor del magazine di design e architettura Livingroome. Corrispondente italiana per la rivista europea di architettura A10. Dal 2006…

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