Raymond Carver, 30 anni dopo la sua morte

Ci lasciava il 2 agosto di trent’anni fa Raymond Carver, uno dei più importanti autori nordamericani del Novecento, maestro della narrativa nella forma del racconto, al punto da essere considerato il Cechov americano. Nella sua opera immortale, l’umanità colta in quella fasi della vita in cui si è costretti a fare i conti con se stessi.

Non ebbe vita facile, Raymond Clevie Carver Jr. (Clatskanie, 1938 – Port Angeles, 1988), che giunse alla fama letteraria soltanto a 38 anni, con Will You Please Be Quiet, Please?, dopo i difficili anni affiancando l’università ai lavori più disparati, dall’operaio in una segheria al custode ospedaliero, spostandosi in giro per gli USA, da Clatskanie a Yakima, da Eureka a Sacramento, e passando per due matrimoni, con Maryann Burk prima e Tess Gallagher poi. Per inseguire la sua aspirazione di poeta e scrittore faticò non poco, e tutta la sua produzione possiede una punta autobiografica: fra quelle pagine si ritrova l’America che “tira la carretta”, lontana anni luce da quella degli yuppies di reaganiana memoria, celebrati da Bret Easton Ellis e (anche se in maniera più blanda) da Jay McInerney, che fu suo allievo di scrittura creativa alla Syracuse University.
Carver non si sente un eroe e nella sua narrativa, come in quella di Cechov, s’incontrano individui falliti, malinconici, pessimisti, o comunque stanchi e delusi, ma in fondo con ancora la voglia di lottare, perché l’essenza dell’America Dream è avere sempre a disposizione un’altra possibilità. Di tutti costoro Carver traccia struggenti, impietosi ritratti psicologici, dai quali emergono un quasi costante senso di perdita, debolezze del corpo e dello spirito, la necessità di un altrove che non è quello romantico di Byron, bensì quello più tragico di matrice esistenzialista derivato da Thoreau. Rileggetevi, ad esempio, Gazebo, Il pelo, o Vicini, e avrete un’idea della complessità delle relazioni affettive, e allora capirete meglio perché Woody Allen insistesse sulle uova.

IL CINEMA E L’ARTE

Pur non avendo direttamente ispirato (tranne in un caso) gli artisti, la narrativa di Carver affiora con discrezione nell’opera di cineasti e pittori. Per le sue descrizioni di ampio respiro, per la vastità dei paesaggi attraversati (dal deserto dell’Arizona ai boschi di montagna del Nordovest), le pagine di Carver hanno di per sé un’allure cinematografica. Se Shortcuts diretto da Robert Altman nel 1993 con una strepitosa Andy MacDowell è un diretto omaggio ai suoi racconti, le atmosfere di Carver ritornano però anche in altre pellicole a cavallo fra gli anni e Ottanta e Novanta. Nel sorprendente Sex, lies and videotapes, di Steven Soderbergh, si rintraccia quell’originalità narrativa che rende suggestiva una vicenda di per sé banale, e il latente desiderio di ricostruirsi una vita mollando quella condotta sinora. Su un altro registro, Fargo, dei fratelli Coen, omaggia la bellezza dei paesaggi del Grande Nord, (che tornano in molti racconti, fra cui), e quella cinica indifferenza per il crimine che caratterizza uno dei suoi racconti più belli: Con tanto di quell’acqua a due passi da casa.
Carver è scrittore psicologico, nemmeno i suoi ambienti sono accessori, bensì presenze in stretto rapporto con i protagonisti. Da questo punto di vista, si ritrovano affinità con la pittura di Edward Hopper, che ha saputo fermare sulla tela la banalità e la poesia della vita. Quel senso di sospensione, di angosciosa attesa in camere afose e invase da una luce accecante che potrebbe anche essere quella del deserto dell’Arizona (dove Carver ha ambientato diversi suoi racconti), oppure quei locali oscuri per nottambuli di cui sono disseminate le highway americane, o ancora quegli interni domestici saturi di silenzio e di ricordi, sono i luoghi ideali dove le vicende carveriane avrebbero potuto svolgersi.

La prima edizione americana della raccolta d’esordio di Carver Will You Please Be Quiet Please McGraw Hill New York 1976 Raymond Carver, 30 anni dopo la sua morte

La prima edizione americana della raccolta d’esordio di Raymond Carver, Will You Please Be Quiet, Please?, McGraw Hill, New York, 1976

L’AMERICA DI CARVER, OGGI

L’America di Carver esiste ancora adesso, perché non sono purtroppo venute meno le condizioni del disagio sociale: solitudine, precarietà economica, alcolismo. Per una classificazione a grandi linee, si può dire che l’elettore medio di Donald Trump abita la letteratura di Carver, non perché lo scrittore fosse un repubblicano convinto, quanto perché racconta storie di quel ceto che solitamente e paradossalmente è più conservatore: e di fatto conservatori sono i suoi personaggi, cui un destino avverso troppo spesso impedisce di sognare.

– Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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