Aspettando la Biennale di Yinchuan. Il racconto di Cristiana de Marchi (I)

Inizia in un ospedale di Dubai, questo viaggio in Cina. Con un omaggio a Hassan Sharif, il grande vecchio dell’arte concettuale mediorientale. Omaggio sentito, non doveroso. Doveva esserci anche lui a Yinchuan, a vivacizzare il simposio che seguirà l’inaugurazione della prima biennale, presso il locale MoCA, il prossimo 9 settembre.

IN VIAGGIO VERSO EST
Volo notturno, raggiungo la città prima dell’alba, con ampio anticipo sull’orario previsto. Al piccolo aeroporto, aspettando l’autista che mi porterà all’Artists’ Village, ascolto frammenti di conversazione in una lingua sconosciuta, l’ennesima.
Ha un suono aspro, il cinese della provincia sino-islamica che fa capo a Yinchuan, un’asprezza non mitigata da alcuna gestualità o mimica che possa suggerire sentimenti più morbidi di quelli espressi a parole.
Il mio autista guida un’auto sgangherata, con i sedili rivestiti da una coperta, dove immagino solo poche ore prima un fedele cane possa essersi accoccolato. Odora di presenze animali, quest’auto ossidata dall’umidità.
L’umidità permea tutto il paesaggio – quasi una bassa padana –, dominato dall’immenso letto del Fiume Giallo, e poi distese di terreno paludoso, di stagni dalle splendide ninfee che si aprono al nostro passaggio, coincidente con l’apparir del sole.

CINA CHIAMA ITALIA
Il villaggio degli artisti richiama alla mente le colline toscane, il centro Italia che in questi giorni altre drammatiche notizie richiamano alla mente ed evocano con più incisiva urgenza. Il paesaggio presenta una articolazione sagomata in altitudine su cui si innesta morbidamente, senza spiccare, l’architettura in mattoni delle residenze e strutture che ospitano per la prima volta artisti internazionali, e che ancora ricorda i casali dell’Emilia con un sistema di aerazione a parete qui purtroppo solo ornamentale.
La suggestione del luogo, il quale presenta più analogie che anomalie rispetto ai paesaggi nostrani, sopravvive fino al momento in cui l’orizzonte inizia ad animarsi, a popolarsi di minute presenze umane. Gli inservienti arrivano presto e iniziano a dedicarsi alla cura quotidiana di uno spazio che sembra cautamente protetto dalle insidie dell’incuria. Il paesaggio è interamente architettato a riprodurre e far perseverare aspetti tradizionali dell’ambiente e dell’ecosistema locale.

MoCA Yinchuan

MoCA Yinchuan

LA BIENNALE DI KRISHNAMACHARI
Non a caso, forse, Bose Krishnamachari ha puntato sull’ambiente, sulle alterazioni subite da quest’ultimo e sulla sua probabile vendetta in assenza di misure correttive, per il concept curatoriale della prima biennale di Yinchuan da lui diretta.
Bose, che con Rias Komu, ha anche gettato le basi, e curato la prima edizione, della Biennale di Kochi-Muziris, quest’anno alla sua terza iterazione sotto la guida dell’artista Sudershan Shetty [anche lui a Yinchuan, N. d. R.], mi viene incontro nei suoi abituali abiti coloratissimi, con grandi occhiali che ancora più spiccano sulla minutezza della sua persona. Mi chiede, oltre i convenevoli di rito, sempre relativamente pochi e conditi dall’offerta di un pane che sembra più iraniano che indiano, se abbia già preso visione della location in cui saranno esposti i miei lavori e si informa circa i miei progetti durante la residenza. Residenza che tutti si aspettano fisicamente produttiva, se parte della biennale si costruirà in queste prossime settimane, contando appunto sui lavori prodotti in residenza dai vari artisti invitati.

Il temporary studio di Cristiana de Marchi a Yinchuan

Il temporary studio di Cristiana de Marchi a Yinchuan

INCONTRI FRA CULTURE
Alle 13:00 saliamo sulla navetta per andare in città, alla ricerca di materiali: stipati in un minivan, ognuno carico delle proprie aspettative, ci troviamo a condividere le preoccupazioni degli altri, ad agevolarne la soluzione, a partecipare alle eventuali insoddisfazioni, essendo bandito lo spazio per la delusione in un contesto dove tutto si basa sulla perseveranza e sulla precisa convinzione di poter dar forma a un’idea.
Gli stagisti (uno per ogni artista, una sorta di assistenti personali, per lo più destinati a far le veci di traduttori) sono molto efficienti, cercano di risolvere ogni minima richiesta, anche se non possono anticipare i nostri desideri.
Le culture si mostrano nella loro diversità, nella ricerca di oggetti la cui utilità sfugge a chi ci aiuta a procurarceli. Ma la cortesia nel farlo è tale che, seppure non possa mascherare qualche ovvia incomprensione, tuttavia si prodiga in cortesie che colmano la distanza.
Di sera ci riuniamo tutti nell’appartamento del team curatoriale: una riunione estemporanea che vuole anche creare familiarità tra chi ancora non si conosce. Bose è ripartito nel pomeriggio, da vero globe trotter quale la maggior parte dei curatori di fatto si trova a essere. Tornerà all’inizio della prossima settimana, per dare il tocco finale all’allestimento.
Nel frattempo assistenti e artisti sono immersi in un’attività a tratti intensa, ma mai caotica. È fresca la notizia del divieto imposto ad Ai Weiwei a partecipare alla biennale: neanche qui si respira un’atmosfera liberale, nonostante il generale clima di distensione e apertura professato.

Cristiana de Marchi

Yinchuan // dal 9 settembre al 18 dicembre 2016
Yinchuan Biennale – For an Image, Faster Than Light
a cura di Bose Krishnamachari
MOCA
No.12, HeLe Road
Xingqing District

+86 (0)951 8426106
www.moca-yinchuan.com

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Cristiana de Marchi

Cristiana de Marchi

Nata a Torino nel 1968, da oltre un decennio Cristiana de Marchi si è stabilita in Medio Oriente dove vive e lavora (Beirut, 1998-2006; Dubai, dal 2006 ad oggi). Specialista in arte e archeologia, ha collaborato con varie istituzioni culturali…

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