Il bacio

Icon (on) Graphy alla seconda puntata. E dopo la Pietà, un altro rapporto umano. Certo meno drammatico. Si parla di baci, ovviamente. Dalla castità raffigurata da Giotto allo scambio di effusioni durante gli scontri di Vancouver.

Dammi mille baci, poi cento poi altri mille, poi ancora cento”. Se riusciamo a collocare il primo componimento sul bacio al I secolo a. C. – grazie al carme di Catullo – non è invece data a sapere la sua più antica trasposizione iconografica. Deriva dalla trasformazione dell’atto materno di nutrire la prole dopo aver masticato il cibo, a detta degli antropologi, e viene quindi fatto risalire alla preistoria. Nonostante ciò, gli esempi più arcaici del bacio sono da ricercarsi in ambito attico tra la ceramica greca a figure rosse – dove scene d’amore platonico, saffico ed efebico sono assai diffuse – e successivamente in alcuni degli affreschi pompeiani, come quello dedicato a Polifemo e Galatea. Seguito tre secoli dopo dal gruppo scultoreo di Amore e Psiche, rinvenuto a Ostia antica nell’omonima domus.

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Polifemo e Galatea - 50-79 a.C. - affresco - Napoli, Museo Archeologico

Come testimoniano i codici miniati, il bacio assume nel Medioevo una connotazione sociopolitica poiché diventa forma di contratto oltre che simbolo dell’amor cortese, ma le trasposizioni sono da ricondurre esclusivamente a episodi evangelici, in particolare al Bacio di Giuda. Da quello del mosaico di Sant’Apollinare Nuovo agli affreschi dell’Abbazia di Sant’angelo in Formis per arrivare a Giotto che, nella Cappella degli Scrovegni, raffigura anche il casto bacio tra Anna e Gioacchino, non dissimile da quello della Visitazione di Vittore Carpaccio in quanto liturgico. Unica tipologia di bacio concessa fino al XIII secolo, quando inizia a liberarsi da quell’aura di peccato per assurgere a espressione d’amore col Bronzino, artefice del primo bacio alla francese tra Eros e Afrodite. Fino a farsi sempre più audace e sensuale con Rubens e giungere al suo trionfo con le vedute voyeuristiche di Boucher e Fragonard.

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Vittore Carpaccio - Visitazione - 1504 - olio su tela - Venezia, Museo Correr

Nel XIX secolo, quando è la letteratura a farla da protagonista, il bacio è al culmine della sua rappresentazione. Giulietta e Romeo, Paolo e Francesca, Ginevra e Lancillotto forniscono abbondante materiale a romantici, preraffaelliti e simbolisti, consacrandolo a simbolo di tragedia e passione. E se Canova recupera il modello di Amore e Psiche, Francesco Hayez affida il più celebre bacio a una coppia sconosciuta di amanti, mentre Franz von Stuck s’ispira all’enigma della Sfinge, motivo millenario ritornato in auge da fine Settecento.
Ampiamente sfruttato dagli esponenti delle avanguardie, da Munch a Klimt, da Chagall a de Chirico fino a Magritte con gli inquietanti amanti incappucciati, farà la fortuna di fotografi come Alfred Eisenstaedt e Robert Doisneau, che catturano baci appassionati tra la folla, per diventare sempre più trasgressivo. Dal bacio erotico e carnale di John Currin a quello grottesco di Joel Peter Witkin, passando per i dissacranti Robert Gligorov e Kulik in posa con cani e maiali.

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John Currin - Kissers - 2006 - olio su tela - courtesy Gagosian Gallery

Non è motivo nuovo per Benetton che, dopo trent’anni dal prete e la suora, estorce vigorosi baci ai leader mondiali tra i quali Benedetto XVI alle prese con l’imam de Il Cairo, ovviamente censurato. Ebbene sì, malgrado il romantico quanto discusso bacio di Vancouver durante la guerriglia urbana ad opera di Richard Lam, siamo lontani anni luce dai tempi de “la bocca mi baciò tutta tremante”.

Roberta Vanali

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Roberta Vanali

Roberta Vanali

Roberta Vanali è critica e curatrice d’arte contemporanea. Ha studiato Lettere Moderne con indirizzo Artistico all’Università di Cagliari. Per undici anni è stata Redattrice Capo per la rivista Exibart e dalla sua fondazione collabora con Artribune, per la quale cura…

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