Venezia a numero chiuso. L’editoriale di Cristiano Seganfreddo

L’introduzione dei tornelli a Venezia per dirigere i flussi turistici a Venezia è una notizia che ha fatto il giro del mondo. Ma siamo sicuri che sia una soluzione corretta?

Venezia s’è messa i tornelli. Come succede a Gardaland, al McDrive o all’ingresso della metro. I punti sono strategici. In piazzale Roma verso il Ponte di Calatrava e davanti alla Stazione Santa Lucia, appena la calle si inabissa. Certo, son bei tornelli tecnologici, d’acciaio e velette di cristallo, che servono ad arginare, forse, l’orda/onda di turisti che si scaricano in decine di migliaia, a Venezia, ogni giorno. La città della Biennale ne fa più di 25 milioni quando ha poco più di 50mila abitanti. 500 volte tanto. E non appena arriva il caldo scatta pure il Bollino al nero di seppia come in A4. Il varco è una piccola soddisfazione, ma mica tanto, per i residenti ormai ossessionati dalle cimici turistiche. Ormai i poveri veneziani sono certi di vivere come in un Fidenza Village o in una ricostruzione di Minitalia a Las Vegas. Un Truman Show lagunare. “Perché si sa che noi italiani con tutti questi beni artistici c’abbiamo tanti turisti, che pure è un valore per l’economia e le città”, ha detto poche ore fa un noto politico, nel Paese senza governo. Eh sì, ed è proprio così. E nel futuro ci arriveranno sempre più cinesi e asiatici.

MARGHERA NORD: New passenger harbour from NET Engineering International on Vimeo.

Ma è davvero così che ci immaginiamo il futuro del nostro patrimonio artistico? Con tornelli, bollini neri, pizze al taglio multicolor e grandi gelaterie, spinte da megaparcheggi parcheggiati in periferia o da grandi navi sul Canal Grande? È così che immaginiamo Roma, con i tornelli anche fuori dal Colosseo o da San Pietro, magari con i centurioni romani a fare da guardie? La grande richiesta di Italia che proviene dagli enormi interessi dei tour operator e delle mafie turistiche va mediata con un progetto sull’Italia che pensiamo. Rischiamo di inebetire migliaia di anni di lenta costruzione con packaging a basso costo e varchi elettronici. L’urgenza non è aprire nuovi musei, o portare più visitatori negli attuali, ma preservare l’identità e il suo patrimonio. Il focus dovrebbe essere su come valorizzare le nostre città con la contemporaneità e la tecnologia di un territorio che ha nella diversità il suo valore. I tornelli, che a questo punto dovrebbero essere a pagamento, per essere seri ed efficaci, non sono che l’inizio di una lunga discussione sull’identità più che sul turista che paga per stare in coda.

Cristiano Seganfreddo

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #43

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