Al Mattatoio di Roma non c’è più il Macro. Nuova grafica e naming ma poco sulla programmazione

Nuovo sito e nuova identità per il Mattatoio, non più sotto il cappello del Macro, ma in gestione all’Azienda Speciale Palaexpo. Ancora non è chiaro però il futuro dello spazio.

Qualcuno ha ironizzato su Facebook sul fatto che in un’epoca in cui i discorsi sull’antropocene e sul veganesimo si fanno sempre più serrati, il naming Mattatoio, senza quel consolatorio previsso “ex”, appaia un pelo fuori luogo. Ma nomenclature e marchi a parte, la questione più stringente diventa il futuro dello spazio, come vivrà, cosa accadrà. “Si chiamerà Mattatoio e smetterà di chiamarsi Macro”, aveva annunciato l’Assessore Luca Bergamo nella dibattutissima conferenza stampa prenatalizia per presentare la nuova direzione del Museo d’Arte Contemporanea di Roma, chiarendo che lo spazio a Testaccio non avrebbe trovato posto all’interno del progetto del neo direttore Giorgio De Finis del “Macro Asilo”. Costruito tra il 1888 e il 1891 e progettato da Gioacchino Ersoch, il bello e complesso spazio del Mattatoio è stato restaurato nei primi anni 2000, il cantiere è stato aperto nel 2006 e consegnato nel 2010. La sua gestione, affidata ai Musei in Comune della Sovrintendenza Capitolina fino al 2017 (sotto il cappello del Macro), passa per volontà di Roma Capitale, alle cure dell’Azienda Speciale Palaexpo unitamente ad un altro spazio adiacente in passato bistrattato e tirato per la giacchetta tra assessorati e dipartimenti: la Pelanda. Il tutto in coerenza con la delibera di Luca Bergamo che ridisegna tutte le geografie culturali capitoline, una impostazione che sulla carta abbiamo considerato positiva.

Il padiglione 9d dell'Ex Mattatoio di Testaccio

Il padiglione 9d dell’Ex Mattatoio di Testaccio

COSA È PALAEXPO?

Si tratta di un ente della città di Roma che ha in capo la gestione di Palazzo delle Esposizioni, del Macro e del Mattatoio per conto di Roma Capitale. In realtà la divisione tanto auspicata da Bergamo tra gli spazi prima fratelli, non cambia di molto la sostanza. Le recenti vicende della sede di Testaccio avevano visto l’edificio – tra i più significativi in termini di archeologia industriale della Capitale – trasformarsi in una location di mostre pressoché a noleggio. Spesso degnissime, per carità, qualche volta perfino bellissime, ma poco rispondenti ad una programmazione organica e ad una chiara “linea editoriale” e identità. Gli ultimi due eventi, inaugurati a inizio anno nella struttura, anche questi di ottimo livello, sembrano procedere comunque in una direzione tutt’altro che armonica e comprensibile. Roma è piena di location (ultimamente per fortuna o purtroppo sempre di più con i vari Guido Reni District, Ex Dogana e Palazzo degli Esami), come mai il Comune deve fare concorrenza ai privati utilizzando i suoi spazi istituzionali a questo fine?

LE MOSTRE

La prima è la bella mostra organizzata dalla Comunità Ebraica di Roma, intitolata Mauro Maugliani. Ètoiles Filantes e prosegue un progetto cominciato nel 2017 con la mostra al Musée Masséna di Nizza. Esposte venti nuove opere ritraenti volti e figure di bambini deportati da Roma e dall’Italia ai campi di sterminio nazisti. La seconda, a cura di Lucilla Meloni, è la prima personale in Italia di Luis Felipe Ortega (Città del Messico, 1966), che ha rappresentato il Messico (con Tania Candiani) alla 56a Biennale di Venezia. Ma che nesso ci sia, in termini di palinsesto, tra le due e quali siano stati i criteri di selezione e di accostamento, non è dato di saperlo. Da Palaexpo però ci rispondono che il Mattatoio non sarà una location in affitto. E allora chi decide?  “Dal 2018 la programmazione e la gestione del Mattatoio è affidata all’Azienda Speciale Palaexpo, ente strumentale della città di Roma che gestisce anche il Palazzo delle Esposizioni e il Macro per conto di Roma Capitale.”, ci dicono. “L’Azienda Speciale Palaexpo, che dal 2018 è diventata il perno del nascente Polo del Contemporaneo e del Futuro, progetto promosso dall’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale, tramite i propri uffici definisce la programmazione ed esamina le proposte pervenute sottoponendo il tutto ai propri organi di governo”. Cambia quindi il naming, l’immagine coordinata, la comunicazione (onestamente non sembra che ci abbiano lavorato su i migliori studi grafici d’Italia…), ma ancora resta poco chiaro quale sia il progetto per il futuro di questo spazio così bello e così sfortunato, senza una identità precisa e con un programma ancora in definizione. La sezione mostre e eventi del (nuovo) sito web non dà ulteriori risposte. Da Palaexpo ci rispondono che la programmazione prevede una mostra dedicata ad Andrea Pazienza, poi ci sarà una esposizione in collaborazione con l’Ambasciata della Costa d’Avorio, infine delle collaborazioni con Short Theatre e la Fondazione Romaeuropa per l’omonimo festival. Tutti eventi importantissimi, ma di provenienza esterna, che escludono una idea di programmazione organica. Con quali benefici per una città in grave crisi d’identità culturale?

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Redazione

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