La cultura a 5 Stelle. Ipotesi sul futuro

Una riflessione sulle possibili politiche culturali messe in atto dalle due rappresentanti del Movimento 5 Stelle elette prime cittadine di Roma e Torino: Virginia Raggi e Chiara Appendino. Fra rischi, sfide e opportunità.

NUOVI ASSETTI TRA ROMA E TORINO
Roma, Torino. Due grandi città. Due centri di produzione culturale che contano. Il Movimento 5 Stelle è stato eletto per governare due territori difficili, due snodi cruciali di ciò che può divenire il futuro culturale nel nostro Paese, ma anche due roccaforti nel mondo della cultura, in cui le dinamiche di gestione seguono degli itinerari piuttosto ricorrenti, un processo di routine che è sempre difficile modificare. Ma non è questo l’unico punto di difficoltà. Roma e Torino rappresentano anche delle città in cui la questione cultura emerge su molteplici versanti: dalle periferie all’interculturalità, dalla gestione del territorio all’attrazione di nuovi investimenti, e ancora turismo, arredo urbano ecc.
Tutto ciò, in un momento in cui c’è un vuoto notevole per ciò che concerne le politiche culturali nel nostro Paese, in cui le riforme non seguono un disegno preciso, quanto piuttosto assecondano intuizioni (giuste o sbagliate che siano).
Le città, ormai è quasi un decennio che lo ripetiamo, rappresentano le nuove polis del futuro globale e occidentale, e in quanto tali, rappresentano anche i più importanti centri di innovazione: nella gestione della pubblica amministrazione, nell’innovazione sociale, nella definizione di ciò che la cultura possa concretamente rappresentare per il territorio o meno.
Entrambi i nuovi sindaci (o le nuove sindache, come vuole una recente versione del politically correct) hanno mostrato di essere consapevoli circa il ruolo che la cultura è chiamata a giocare nei processi di governo cittadino, e pertanto ci sono degli argomenti che necessariamente dovranno trattare.

Roma

Roma

GLI INTERVENTI POSSIBILI
È ragionevole infatti affermare che ci sono un po’ di passi obbligati, un po’ dalle circostanze, un po’ per coerenza con le linee politiche del Movimento 5 Stelle: attenzione alle periferie, anche favorite dal bando, attualmente in corso per la riqualificazione delle zone marginali della città; riduzione della concentrazione delle erogazioni di fondi comunali, con un evidentemente necessario aumento dei player del comparto culturale. Forte piano operativo su outcome di politiche (eventi, festival, marketing territoriale) e forte attenzione alle connessioni tra turismo e cultura (che è il binomio che più facilmente permette di quantificare gli interventi in termini di politiche culturali, e ne avranno bisogno, dato che entrambe le giunte saranno sottoposte a un’attenzione particolare).
Uno degli spettacoli più interessanti della retorica politica, tuttavia, è che in periodo di elezione non si può (né conviene) scendere nel dettaglio delle proposte, anche se a giudizio di chi scrive la vera battaglia politica dovrebbe essere imperniata più sul come che sul che cosa.
Come realizzeranno questi interventi Raggi e Appendino?
Le difficoltà saranno tantissime, le resistenze immani. Anche perché loro sono “giovani” nel reticolo di connessioni tra politica e amministrazione pubblica (sempre informalmente schierata). Certo, non è loro responsabilità, ma prima che si creino le sinergie è probabile che bisognerà aspettare un po’ di tempo. E questo, probabilmente, lo sapeva bene il Governo Renzi, quando ha promulgato un bando così importante (18 milioni per le periferie) a ridosso delle elezioni, implicitamente affermando che sarebbe stato saggio non cambiare schieramenti amministrativi.

Chiara Appendino, photo www.chiaraappendino.it

Chiara Appendino, photo www.chiaraappendino.it

LA STRATEGIA POLITICA
Ed ecco che sul come, rientra anche una strategia politica importante. Perché se il Movimento 5 Stelle vorrà davvero lasciare un segno nelle politiche urbane, dovrà puntare, nei suoi aspetti più concreti e difficili, ad ampliare il ventaglio di cooperazione tra amministrazione pubblica e privati, perché sono questi ultimi (cittadini, associazioni, comitati di quartiere, volontari, ma anche imprese, start-up, incubatori universitari, e ancora tanti altri) a intervenire direttamente sul territorio. Sono loro il tessuto produttivo di una cultura accentrata, che vede spesso ripetersi i soliti nomi (anche se a differenza di altri settori spesso sono nomi che hanno tutte le ragioni di esser lì). Ma questo modo di fare cultura sta mostrando da anni una certa debolezza sistemica.

L’AIUTO DEI PRIVATI
E quindi una delle più concrete possibilità per questi governi di cambiare davvero qualcosa è quello di avviare e accettare l’aiuto che tutti i soggetti privati (for o non-for profit) possono offrire non solo nell’erogazione di servizi culturali, ma anche e soprattutto nelle scelte di policy. Questo è il cambiamento tuttavia più difficile, perché qui le resistenze sono tantissime. Molte connessioni culturali si basano su rapporti di lunga durata, e molte organizzazioni ormai sopravvivono soprattutto per le convenzioni che hanno nel tempo instaurato con la pubblica amministrazione. Togliere i fondi a queste organizzazioni comporterà forti problemi di sostenibilità, e questo non sarà un argomento di facile conversazione.
In termini più concreti può essere utile l’esempio di Torino, e con maggior dettaglio proprio le slide che Appendino ha inserito all’interno del programma culturale: nella sezione cultura, si può apprendere la ripartizione del bilancio cultura del Comune di Torino relativo all’anno 2014. Su un bilancio di circa 25 milioni di euro, le Fondazioni risultano essere destinatarie di circa l’88% delle risorse, pari a ventidue milioni e centomila euro, mentre gestiti direttamente dal Comune risultano essere circa tre milioni. Di questi fondi, quanto erogato a favore delle attività giovanili rappresenta meno dell’1% (e più precisamente lo 0,8% pari a circa € 205.000).
Allora, per dirla con i conti della serva, dati i 25 milioni di euro che vengono assegnati, o si abbassa il livello di erogazioni alle fondazioni o si aumento le risorse a disposizione. Purtroppo viviamo in un mondo in cui per assunto e per concreto le risorse sono limitate: e quindi bisognerà in qualche modo ridurre questi apporti. Ma come? E verso chi? Ci sono fondazioni storiche a Torino che probabilmente non riuscirebbero a sopravvivere senza le erogazioni, e ridurre tali risorse significa anche ridurre le attività che possono mettere in atto, le risorse umane di cui si avvalgono, le spese di normale gestione.

Torino

Torino

LA VIA DI MEZZO
Probabilmente non si potrà che trovare una “via di mezzo”: da un lato aumentare leggermente il bilancio, dall’altro rinegoziare, ove possibile, gli accordi già presi. Potrebbe essere inoltre una buona strategia quella di ricorrere a “bandi” che vengono formalizzati in altre voci di bilancio ma che, di fatto, potrebbero aumentare l’apporto di capitali e di risorse alla cultura.
Questo esempio, che è quanto di più semplicistico possa esserci, è già sufficiente a dimostrare che per riuscire in questo intento c’è bisogno di competenza, determinazione e capacità di sapersi muovere in veri e propri reticoli di un capitale umano stratificato e informale che è uno degli aspetti più rilevanti nei processi di governo della cultura, soprattutto a livello locale.
La rilevanza del tema è palese, perché il mondo della cultura è un mondo che parla ormai di città, di quartieri, e sempre meno di Stati e di Europa.

Stefano Monti

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

Scopri di più