Moderno tunisino. Intervista con Lilia Ben Salah

Terza tappa del nostro reportage dalla Tunisia. Dopo il racconto del Paese e della sua capitale, e dopo l’intervista a Lina Lazaar, vi raccontiamo della top gallery di Tunisi. Dalla viva voce della sua direttrice, Lilia Ben Salah.

L’arte moderna della Tunisia è sempre più presente nelle collezioni dei grandi musei, nelle fiere d’arte internazionali e in asta. Elmarsa, con sede a Tunisi e Dubai, è da sempre la galleria di riferimento per numerosi artisti moderni tunisini tra i più importanti nel panorama storico artistico mondiale. Ne abbiamo parlato con Lilia Ben Salah, direttore della galleria.

Nel panorama storico artistico moderno della Tunisia, quali sono stati gli artisti più importanti ?
Yahia Turki (1903-1969), Aly Ben Salem (1910-2001), Ammar Farhat (1911-1987), Jelal Ben Abdallah (nato nel 1921) e Abdekaziz Gorgi (1928-2008): questo gruppo di artisti formò la prima scuola modernista in Tunisia. La loro era una pittura di fattura realista ispirata alla vita in Tunisia. Di grande pregio stilistico, il lavoro di alcuni di questi artisti è rimasto però vincolato alle forme proprie di uno stile che veniva insegnato nelle accademie d’arte locali fondate durante il protettorato francese in Tunisia.
Un altro artista moderno che occupa un posto importante nella storia dell’arte tunisina è Nejib Belkhodja (1933-2007). Sperimentò diverse forme di arte astratta, tra cui la calligrafia, con grande successo. E poi Hatim Elmekki (1918-2003), il quale documentò la realtà del suo tempo con uno sguardo che oggi potremmo definire politico. Dedicò gran parte del suo lavoro ai temi sociali, quale la lotta per l’indipendenza.

Tra gli artisti moderni tunisini, quali hanno il mercato migliore? E quali sono i più amati dai collezionisti?
Gli artisti di cui parlavo poc’anzi funzionano bene sul mercato e sono richiesti dai collezionisti non solo tunisini, ma anche internazionali. Ad essi possiamo aggiungere Nja Mahdaoui (nato nel 1937), Abderrazak Sahli (1941-2009), Gouider Triki (nato nel 1949) e Khaled Ben Slimane (nato nel 1951), che hanno tutti un grande seguito. La loro è considerata una forma d’arte astratta, ispirata ai simboli, alle forme geometriche e alla calligrafia.

Ammar Farhat, Orange seller in the souk, 1980. Courtesy Elmarsa

Ammar Farhat, Orange seller in the souk, 1980. Courtesy Elmarsa

Ci racconti qualcosa di più sulla calligrafia nel contesto dell’arte moderna?
I lavori calligrafici degli autori del XX secolo sono molto diversi dalla calligrafia classica del periodo coloniale. La calligrafia contemporanea è ispirata a quella tradizionale ma, come nel caso dell’opera di Khaled Ben Slimane, è riletta all’interno di un contesto preciso, il patrimonio calligrafico arabo-islamico. Il suo recente lavoro su carta, tela, legno e ceramica mette in evidenza la pratica multidisciplinare dell’artista nell’esplorazione della spiritualità della forma calligrafica stessa. Ben Slimane evoca letteralmente il Sufismo attraverso la sua ripetizione grafica e calligrafica, per creare un effetto che trascende le barriere tra i mondi spirituale e terreno. Quanto a Nja Mahdaoui, è un calligrafo di fama mondiale: una sua mostra è in corso al Sheikh Abdullah Cultural Center in Kuwait.

In quali musei e collezioni private si trovano i lavori degli artisti moderni della Tunisia ?
Nelle collezioni private un po’ ovunque nel mondo. In Medio Oriente, in collezioni quali Barjeel Art Foundation di Sharjah, Sharjah Art Foundation, Dalloul Art Foundation di Beirut, The Dar Noor Collection in Kuwait, Kamel Lazaar Foundation qui a Tunisi. Quanto ai musei, tutti i più prestigiosi: il British di Londra, lo Smithsonian di Washington, il Mathaf di Doha, l’Institut du Monde Arabe di Parigi, la National Gallery di Kuala Lumpur, l’Idemitsu Museum di Tokyo, il Benaki di Atene, la Jordan National Gallery of Fine Arts di Amman, il Badisches Landesmuseum di Karlsruhe, il Museu de Ceramica di Barcelona, il Minneapolis Institute of Art. E sono solo alcuni!

 – Riccarda Mandrini

www.galerielmarsa.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44

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