Fieri fiere e ferie. L’editoriale di Cristiano Seganfreddo

Cristiano Seganfreddo riflette sull’efficacia delle fiere, mettendo a confronto il modello Art Basel con le proposte nostrane.

Superato lo scoglio dei giochi di parole (fieri, fiere, ferie…), e prima di posare l’asciugamano giallo, a righe verticali, su quello vero, è quello che mi rotolava in testa scendendo da Basilea verso Milano, dopo Art Basel. La settimana svizzera comincia già la domenica con i primi pellegrinaggi a Zurigo, con l’apertura di grandi gallerie come Hauser & Wirth, con Dubuffet museali, nel grande complesso di Löwenbräu, cinque piani popolati da Luma Foundation, Migros, Kunsthalle Zürich… e champagne al Bar au Lac, con il jet set. Eppoi tutti, ma proprio tutti, di corsa con autista, al pre-pre-opening del lunedì di Art Basel, con Unlimited, Design Miami e Liste. Cittadina deliziosa per quanto grande come una nostra di provincia, ha nella fiera il suo cuore economico. Il padiglione fieristico di Herzog & de Meuron è in centro città, e la fa ruotare, con orologi e opere d’arte. Basilea è un concentrato di interessi, relazioni, informazioni. Tutto in una settimana, a distanza di passeggiata. Un luogo di cambio-scambio continuo che ne determina la sua forza e il suo magnetismo internazionale. Del resto le città, oggi e sempre, si qualificano per la loro capacità di produrre e smistare informazioni. Basilea ha esportato il suo modello a Miami, poi a Hong Kong, adesso – in forma diversa – a Buenos Aires. Si è aperta al design con Design Miami. Oggi è il vero motore dell’arte, più di biennali, manifeste e musei, più di gallerie e sistemi editoriali. Un hub.

LE FIERE ITALIANE

E qui si arriva a Chiasso, facendo la dogana senza interruzioni. I capitali, nel caso dell’Italia, sono in uscita, non in entrata. Scendendo così verso la Pianura Padana, ripensavo alle nostre fiere di cui siamo così fieri. Ne abbiamo tante quanti gli aeroporti o gli uffici del turismo. E questa dispersione territoriale le rende così deboli e poco adatte ad affrontare un sistema ampio e globale, che si sposta solo quando ha senso. E il senso viene offerto dai contenuti. Lo stesso capita nel fashion o nel cinema. Ecco che ArteFiera, Artissima, ArtVerona, miart e tutte quelle che si aprono nei vari padiglioni dovrebbero ripensarsi profondamente e trovare una nuova dimensione-soluzione. Che le renda interessanti a medio termine per un pubblico che sarà sempre più internazionale e sempre meno locale. Trovando formule evolute di coopetizione e di relazioni con i pochi grandi appuntamenti internazionali italiani come la Biennale di Venezia e il Salone del Mobile. Oggi dobbiamo confrontarci non più fra Torino e Milano, con relativi dissidi politici e dialettali, ma su una scala che trova ridicole le nostre distanze e la nostra miopia progettuale. Apriamo un Google calendar comune per capire dove e come fare le cose. Buone ferie.

Cristiano Seganfreddo

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44

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