Sarenco – Le carte di Salò

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE 107
Via Andrea Sansovino 234, Torino, Italia
Date
Dal al

gio-dom ore 14-19

Vernissage
20/05/2016

ore 18

Artisti
Sarenco
Generi
arte contemporanea, personale
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In Fondazione 107 Sarenco presenta Le carte di Salò, un’unica grande opera composta da 200 collage realizzati nel 2015/2016 durante un periodo di riposo forzato durante il quale l’artista ha ricostruito il suo percorso artistico rielaborando le opere più significative dal 1963 ad oggi attraverso l’esercizio della memoria.

Comunicato stampa

Sarenco, nome d’arte di Isaia Mabellini, è nato a Vobarno, sulle montagne della Vallesabbia, in provincia di Brescia, nel 1945. All’età di sedici anni, nel 1961, scrive la sua prima poesia. Nel 1963 produce la sua prima opera di ‘poesia visiva’. Nel 1965 la sua prima mostra di poesie visive.
Dal 1966 ad oggi la sua attività espositiva conta centinaia di mostre nel mondo, quattro partecipazioni alla Biennale di Venezia, una partecipazione alla Documenta di Kassel e una partecipazione alla Biennale di Siviglia. Ha pubblicato una trentina di libri, fondato numerose riviste d’avanguardia (la più famosa delle quali rimane Lotta Poetica). Negli anni ’80 si è trasferito part-time in Kenya, realizzando opere di forte impatto anti-coloniale, in seguito alla sua amicizia e collaborazione con i grandi eroi Mau Mau, sopravvissuti alla mattanza del colonialismo inglese. Rientrato in Italia per problemi di salute, ha costituito con il fratello Oriano la ‘Fondazione Sarenco’ che, tra le altre cose, si occupa del suo lavoro e dell’organizzazione del lavoro di alcuni dei più interessanti artisti africani contemporanei. Attualmente vive e lavora a Salò, sul Lago di Garda, dove si occupa del riordino di tutte le sue numerose pubblicazioni, della conservazione dei suoi cinque film (presenti per ben due volte a Festival Internazionale del Cinema di Venezia) e dei suoi dieci video-film professionali.
In Fondazione 107 Sarenco presenta Le carte di Salò, un’unica grande opera composta da 200 collage realizzati nel 2015/2016 durante un periodo di riposo forzato durante il quale l’artista ha ricostruito il suo percorso artistico rielaborando le opere più significative dal 1963 ad oggi attraverso l’esercizio della
memoria. L’installazione si sviluppa tracciando una linea continua che seziona lo spazio espositivo tagliandolo in due piani. Al centro della sala esplode Caravanserraglio, una selezione di opere a partire dagli anni ’90 che costruiscono una grande installazione. Scultura, pittura, collage, fotografia e performance
sono presenti in un allestimento che evoca il nostro immaginario nel Caravanserraglio, luogo di riposo e di ristoro per i viandanti ma anche territorio di incontro e di scambio. Sculture alte oltre 4 metri laccate di bianco raffigurano i ritratti giovanili dei poeti amati da Sarenco, i ‘veri giganti’ della cultura del XX secolo: Marinetti, Apollinaire, Tzara, Breton così come grandi dipinti su corteccia realizzati in Africa: superfici su cui parola ed immagine si integrano, sovrappongono e talvolta contrastano in un gioco in cui la traccia è la storia poetica dell’artista, o quadri con le ceramiche di Siviglia realizzate in occasione della Biennale, con il materiale tipico utilizzato dagli artigiani di questa città. Con Il Poeta è nudo, installazione a terra disposta a tappeto, attraverso la provocazione (Aiutate l’arte, grazie per l’offerta), Sarenco testimonia il ruolo del poeta contemporaneo, ultimo anello di un sistema economico indifferente alla sopravvivenza della “vera” cultura, quella dei “no man” (i poeti, gli artisti non ufficiali, ecc.). Un‘installazione di pali funerari Giriama (una tribù della costa del Kenya), ognuno dedicato a un poeta morto, quelli che hanno fortemente influenzato la sua vita di poeta e, nel caso dei poeti contemporanei, i compagni di viaggio che hanno condiviso con lui la gioia e il peso di essere ‘poeti’. 14 lavagnette scolastiche organizzate come una Via Crucis o le sculture di un’installazione di
donne della tribù Maasai del Kenya, stuprate dai colonizzatori inglese durante la lotta di indipendenza organizzata dai Mau Mau del Monte Kenya o i 3 Black Voyeurs, installazione scultorea in cui gli africani prendono coscienza della loro identità vitale e culturale diventando ‘personaggi pubblici’.
Chiude questa rassegna antologica la rielaborazione del portale di Aushwitz di cui Sarenco ha modificato la famosa scritta sostituendo la parola ARBEIT (“lavoro”) con la parola GEDICHT (“poesia).
In una sala a parte é esposto African Dada, in occasione del centenario dalla nascita del movimento Dada (1916) é presentata un’importante opera composta da 42 tavole e 1 scultura raffigurante il dittatore Amin Dada secondo una teoria che sostiene che i tre grandi movimenti artistico-culturali delle avanguardie storiche del Novecento (Futurismo, Dada, Surrealismo) abbiano radici profonde nell’humus dell’Africa Nera.
In mostra catalogo edito da Fondazione 107 con testi di Achille Bonito Oliva, Enrico Mascelloni e Sarenco.
Mostra in collaborazione con Fondazione Sarenco.

Francesco Del Conte presenta il ciclo completo di Fräsen, installazioni di proiezioni di grande formato. L’artista si muove tra due approcci contrapposti: uno fondato sulle proprietà oggettive dello strumento fotografico, l’altro sulla possibilità di astrarre porzioni di realtà grazie all’intervento dell’uomo.
Del Conte esplora il mezzo fotografico attraverso la ritualità dei passaggi operativi, la materialità del negativo, le tempistiche dilatate e il modo in cui tutti questi elementi si riflettono sull’esito del lavoro.
In Fräsen, tradotto dal tedesco “Fresare”, la ricerca è volta ad enfatizzare l’oggettività della macchina fotografica generando una riflessione sull’estetica di attrezzi meccanici industriali – frese – oggetti plasmati che hanno a loro volta il compito di modellare altri materiali. Attraverso l’intervento dell’artista questi
oggetti sono presentati in scala differente, assumono una valenza totemica, architetture possibili, custodite nella nostra memoria sino a diventare “altro”.

Project Room di Peter Mohall, artista svedese, presenta AB-X #8, un’opera scultorea che ha origine dal fitness e realizzata con i dispositivi di addestramento addominale resi noti dai messaggi pubblicitari delle TV. Questi dispositivi attraverso la manipolazione dell’artista sono riassemblati per dare origine ad
un segno, una scrittura di volumi. In questo modo la comunicazione viene alterata generando un oggetto astratto non più riconoscibile.