Mauro Folci – Vacanze

Informazioni Evento

Luogo
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA ENNIO MORRICONE
Viale Pietro De Coubertin 34, Roma, Italia
Date
Dal al

Gli ultimi due giorni della mostra, 18 e 19 maggio, presentazione del film di Demetrio Giacomelli L'estinzione rende liberi, 2017

Vernissage
20/04/2017

ore 19 con la performance Mal Detto

Artisti
Mauro Folci
Generi
arte contemporanea, personale
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Mauro Folci con questa mostra sembra suggerire come questa terza via di esodo nel possibile si possa realizzare nella “inoperosità”, nella sottrazione attivamente inoperosa, la vacanza appunto.

Comunicato stampa

In Abecedario Gilles Deleuze racconta di quando, nel 1936 - lui ragazzo undicenne -, il governo di Blum impose le ferie pagate a tutti i lavoratori dipendenti, e di come la borghesia di destra e antisemita della Francia di allora fosse scandalizzata, oltre che seriamente preoccupata, di quella particolare misura sociale.
Le ferie è infatti un periodo di tempo che è di vacanza dal tempo del lavoro; è tempo liberato per la cura del sé e questo rappresenta, da sempre, un serio pericolo per la macchina che trasforma il tempo in capitale. È una minaccia in quanto libera cariche desideranti che sono potenziali forme diverse di vita: una “vita altra” che fa dell'essere vacante il principio di un'azione destituente nei confronti dei poteri costituiti.
Essere vacanti è la potenza che definisce la natura umana, è ciò che delinea il confine tra l'essere dell'animale e l'essere dell'umano, quella relazione dialettica tra zoe (vita non qualificata politicamente) e bios (vita qualificata politicamente) su cui l’Occidente politico struttura la sua forma di esclusione inclusiva, cioè quel rapporto di esclusione/inclusione che di volta in volta decide cosa è umano e cosa non lo è.
E’ la problematicità di questa relazione che l’artista è interessato a rendere visibile approfittando della caratteristica spaziale dello spazio espositivo, diviso in due sale distinte ma allo stesso tempo comunicanti: la sala esterna, luminosa e aperta, che si affaccia sulla strada, che si apre letteralmente sui tavoli del bar adiacente dove una dozzina di “cattivi” si dilettano nel gioco linguistico di dire la verità al modo polemico dei cinici antichi, è trasformata in spazio dell’arguzia dei motti di spirito e dello sfottò, cioè dell’artificio linguistico irriverente proprio dell’animale politico, del bios. La sala interna invece, oscura e nascosta, dove i sensi si immergono nel profondo russare di un orso che dorme di cui si percepisce foscamente la forma, diventa il luogo della bestia, dell’altro da sé, la “zona” inqualificabile relativa al mondo della zoe.
La tensione dialettica bios/zoe la si ritrova, in realtà, già tutta nell’azione Mal detto che si svolge tra i tavoli del bar, dove si pratica la parresia polemica, ossia, si dice la verità con franchezza nel modo dei cinici, con la sfrontatezza e strafottenza questa volta non dei potenti ma di individui che nel pieno godimento della propria autonomia si prendono gioco dei poteri e delle convenzioni; dire la verità con coraggio su sé stessi e sugli altri è una particolare pratica della cura del sé che necessariamente si pone all’ascolto dell’animale in un rapporto differente con il discorso politicamente qualificato.
Mettendo in comunicazione queste due realtà l’artista tenta così di disattivare il dispositivo biopolitico uomo/non uomo, e di cogliere una immagine di quel vuoto, di quella zona di indistinguibilità che si pone al confine tra l'animale e l'umano, da cui poter cogliere una vita inseparabile, né animale né umana. E’ quella terza via teorizzata da Agamben come una forma di vita che permetta di sottrarsi alla strumentalizzazione della polarità bios/zoe: “il problema ontologico politico fondamentale è, oggi, non l'opera, ma l'inoperosità, non la ricerca affannosa e incessante di una nuova operatività, ma l'esibizione del vuoto incessante che la macchina della cultura occidentale custodisce al suo centro”.
Anche Mauro Folci con questa mostra sembra suggerire come questa terza via di esodo nel possibile si possa realizzare nella “inoperosità”, nella sottrazione attivamente inoperosa, la vacanza appunto. Poiché proprio la vacanza, e da qui il titolo della mostra, può essere il dispositivo che disattiva quel rapporto mortifero e così sottrarsi alla cattura della macchina capitalista per cercare di individuare nuovi, inaspettati e rivoluzionari modi di stare al mondo.