Maurizio Vetrugno – Scagliando si impara

Informazioni Evento

Luogo
GUIDO COSTA PROJECTS
Via Giuseppe Mazzini 24, Torino, Italia
Date
Dal al

tutti i giorni, esclusi festivi, dalle 15.00 alle 19.00

Vernissage
03/05/2017

ore 19

Artisti
Maurizio Vetrugno
Generi
arte contemporanea, performance - happening, personale
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La mostra-performance Scagliando si impara, prosegue idealmente la stagione di galleria dedicata all’immateriale, e si articolerà via via fino al 10 giugno, arricchendosi di una selezione di opere dell’artista realizzate tra gli anni ’80 ed oggi.

Comunicato stampa

Mercoledì 3 maggio 2017, alle ore 19.00, negli spazi di Guido Costa Projects in Via Mazzini 24, a Torino, verrà presentata al pubblico, a due decenni dalla data della nostra prima collaborazione, la nuova, inedita performance di Maurizio Vetrugno: Scagliando si impara (poems 1976-1979 & costume punk percussion). La performance, della durata di circa 30 minuti, agiti interamente da un attore di teatro, raccoglie e amalgama le svariate anime creative dell’artista torinese, ripercorrendo alcune tappe della sua lunga storia e riassumendo in forma di partitura musicale quanto caratterizza la sua attività nelle arti, attività tra le più ricche e proteiformi nell’attuale panorama artistico.
Fin dai suoi esordi sul finire degli anni ’70 la poetica di Vetrugno si è distinta per l’estrema libertà nell’uso delle fonti e delle suggestioni, proponendosi come frutto maturo ed elaborato di un’apertura culturale ampia ed articolata, capace di far tesoro di territori non esattamente comunicanti tra loro, come la musica, la storia del costume, la filosofia e alcune tra le più sofisticate declinazioni delle arti visive. Un percorso, quello di Vetrugno, assolutamente inedito per i tempi in cui nasce e per le modalità di sintesi proposte, che anticipano di un buon decennio quella cultura del cross over e della contaminazione tra le arti, che tanta fortuna avrebbe avuto negli anni a seguire. Ma l’importanza di Vetrugno come artista, declinata in una serie di mostre assolutamente significative per quegli anni, non si è limitata alle gioie (e ai conseguenti dolori), che sempre accompagnano ogni destino di precursore e ogni voce alternativa rispetto allo status quo. Ciò che ci propone Vetrugno è innanzitutto un esperimento di poesia e di vita, assolutamente inedito per i tempi ed i luoghi in cui prese forma.
Ecco, dunque, le ragioni più intime del suo sottrarsi allo strapotere dell’Occidente (il suo trasferirsi a Bali in tempi non sospetti), e la radicale sperimentazione di tecniche espressive non convenzionali, considerate all’epoca del tutto marginali (dal ricamo, alla tessitura; dalla fotografia stampata su supporti polimaterici, all’installazione ambientale): una parabola creativa totalmente inedita e ad altissimo rischio. Pochi altri, infatti, si avventurarono come lui in tali terre incognite: Ashley Bickerton, ad esempio, anche lui un balinese della primissima ora, o il giovanissimo Richard Prince durante la sua collaborazione con Colin De Land di American Fine Arts. Insomma, un vero e proprio omaggio al più schietto underground, di cui Maurizio Vetrugno è stato un protagonista di altissimo livello e di pari, solitaria radicalità.
Di quegli anni, a cavallo tra il 1980 e la fine del millennio, ci restano svariate tracce, alcune divenute assai celebri, come la straordinaria selezione di copertine di LP in ricamo, o i tanti arazzi e opere in tessuto. Eppure, anziché riconoscimento, come avrebbero meritato, tali opere rimasero sconosciute ai più. Un destino esemplare, quello di Maurizio Vetrugno, sebbene sia stato capace, tra i pochi artisti, di collegare in sistema le voci di tre continenti, realizzando un circuito di distribuzione assolutamente antagonista, in cui Occidente ed Oriente si trovarono in relazione reciproca passando per gli antipodi. Insomma: non più l’approdo finale alle grandi capitali dell’arte come Londra o New York, partendo dalla periferica Torino, ma un significativo capovolgimento di prospettiva, in cui venne addirittura messa in discussione la centralità dell’Occidente. Non più Londra via Torino, ma Los Angeles tramite l’Indonesia o via New Delhi. Maurizio Vetrugno è stato uno dei primi artisti occidentali ad essere rappresentato soltanto da gallerie indiane o indonesiane, venduto più a Bangkok che a Milano. Ma di tutto ciò se ne sono accorti soltanto i più avveduti tra noi, capaci, fin dagli anni ’80, di attingere a fonti e vocabolari già ampiamente globalizzati.
Da qui penso che nasca l’attenzione dell’artista verso tutto ciò che è ibrido e trasversale, concretizzata in opere bizzarre, ironiche e fuori fuoco, nate in tempi in cui proprio la coerenza di idee e materiali pareva essere l’unica strada percorribile con una certa credibilità dall’artista che ambisse al successo.
Creatore eretico ed iconoclasta per natura, Maurizio Vetrugno, tra gli anni ’80 ed oggi, ha messo in rete tecniche arcaiche come il ricamo ed il batik con suggestioni pop, beat e punk; ha ibridato cultura bassa e linguaggio delle minoranze, filtrando il tutto con suggestioni e citazioni spesso elitarie e assolutamente classiche. Tale precipitato di avanguardia e anacronismo l’ha reso unico nel suo tempo e anticipatore di un panorama intellettuale divenuto poi assolutamente corretto, addirittura inevitabile. Dunque, la musica, sorretta da una competenza rara ed enciclopedica, la poesia sperimentale, la letteratura, la filosofia, la riflessione colta sull’alterazione, la deriva e la dissidenza.
La performance che verrà messa in scena mercoledì 3 maggio in galleria si fonda esattamente su tale humus culturale, creando un ponte immaginario tra i suoi esordi di intellettuale più vicino alla poesia che alle arti visive, e la sua attenzione chirurgica e disincantata sulla più stretta contemporaneità.
Tutto ciò spiega le ragioni della lettura teatralizzata di un corpus inedito di sue poesie giovanili (le poesie dei suoi vent’anni, 1976-1979), e della musicalizzazione di uno dei vertici e dei feticci della cultura visiva di oggi, perfettamente incarnato nella scultura Flowers (1986), di Jeff Koons, usata come strumento.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un uso improprio delle fonti e alla radicale spettacolarizzazione delle idee. Il tutto condito con la sua consueta e corrosiva ironia, capace, ancora una volta, di trasformare la pesantezza del reale in una sorta di lieve sberleffo su di esso.
La mostra-performance Scagliando si impara, del 3 maggio, prosegue idealmente la stagione di galleria dedicata all’immateriale, e si articolerà via via fino al 10 giugno, arricchendosi di una selezione di opere dell’artista realizzate tra gli anni ’80 ed oggi.

Le poesie di Maurizio Vetrugno saranno lette da Sax Nicosia. La scultura “sonora” è Flowers, 1986, di Jeff Koons (collezione privata, Torino).

Maurizio Vetrugno e Guido Costa Projects ringraziano per la gentile e fondamentale collaborazione Rosa Mogliasso, il Teatro Baretti di Torino, Sandro Carnino, Maria Bruni, Jeff Koons, Sarah Cosulich e gli amici-sostenitori anonimi, senza ai quali non sarebbe stato possibile realizzare la performance.

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Maurizio Vetrugno (Torino, 1957), è uno degli artisti italiani più interessanti della sua generazione. Eclettico per vocazione, esordisce a Bologna sul finire degli anni ’70 con il gruppo degli enfatisti, sostenuti da Francesca Alinovi. Di quegli anni sono le sue prime mostre nella galleria Neon, di cui è tra i fondatori. I suoi interessi per la musica e la teoresi lo portano a sperimentare forme sofisticate di ibridazione tra le arti, declinate in installazioni sonore e interattive, esperimenti fotografici, incursioni nella moda e nelle arti applicate. Attivo a Bali, in Indonesia, dalla metà degli anni ’80, espone costantemente a livello internazionale in gallerie private, musei e spazi pubblici in Europa, Asia e Stati Uniti. Il suo interesse per la cultura e la storia del lontano Oriente si manifesta anche in una vivace attività collezionistica, rivolta soprattutto alle arti decorative cinesi di alta epoca, territorio di cui è riconosciuto grande esperto. Sue opere sono conservate in importanti collezioni private in Italia e all’estero e in alcuni musei internazionali. La sua collaborazione con Guido Costa Projects risale ai primi anni ’90. Questa, di mercoledì 3 maggio, è una delle sue rare performances pubbliche ed un ritorno sulla scena torinese dopo svariati anni di assenza.