Leopoldo Kostoris e la sua collezione

Informazioni Evento

Luogo
CIVICO MUSEO REVOLTELLA - GALLERIA D'ARTE MODERNA
Via Armando Diaz 27, Trieste, Italia
Date
Dal al

tutti i giorni (martedì chiuso) ore 10-19

Vernissage
08/12/2011

ore 18.30 su invito

Contatti
Email: candotti@studiosandrinelli.com
Biglietti

6 (intero), € 4,50 (ridotto), € 2,70 (scolaresche)

Artisti
Renato Birolli, Afro Basaldella, Emilio Vedova, Filippo De Pisis, Mario Sironi, Zoran Music, Armando Pizzinato, Giuseppe Santomaso, Ottone Rosai, Carlo Carrà, Aligi Sassu, Alberto Martini
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Dalla casa romana di Fiorella Kostoris Padoa Schioppa arriva a Trieste, al Museo Revoltella, la singola e unica collezione di Leopoldo Kostoris che chiedeva agli artisti italiani dei primi anni Cinquanta di disegnare una tavoletta di 13×18 centimetri, poco più che una cartolina illustrata. Oltre 220 opere, quasi “un universo tascabile”, come l’ha definita Claudio Magris, della pittura italiana di quegli anni.

Comunicato stampa

Dalla casa romana di Fiorella Kostoris Padoa Schioppa arriva a Trieste, al Museo Revoltella, la singola e unica collezione di Leopoldo Kostoris che chiedeva agli artisti italiani dei primi anni Cinquanta di disegnare una tavoletta di 13x18 centimetri, poco più che una cartolina illustrata. Oltre 220 opere, quasi "un universo tascabile", come l'ha definita Claudio Magris, della pittura italiana di quegli anni. Il Comune di Trieste propone una mostra per riscoprire la Collezione e la figura di Leopoldo Kostoris, rappresentante emblematico di quella grande cultura ebraica mitteleuropea che ha costituito una componente essenziale per Trieste, della sua peculiarità, della sua creatività, dalla letteratura alla politica.

Carrà, Vedova, De Pisis, Cantatore, Sironi, Rosai, Sassu, Santomaso, Campigli, Afro, Prampolini, Mascherini, Spacal, Crali: sono solo alcuni degli oltre 200 artisti che nei primi anni Cinquanta hanno dipinto, la tavoletta del singolare formato 13x18 centrimetri che Leopoldo Kostoris, commerciante triestino, fondatore del negozio Arbiter e ideatore dell'omonimo premio d'arte Arbiter, inviò loro con una richiesta discreta ma inappellabile. “Il babbo – racconta Fiorella Kostoris Padoa Schioppa, autorevole economista e figlia di Leopoldo Kostoris, in un recente scritto di Fabio Isman – diceva che un artista vero, pur se abituato a dipingere in formato parete come Sironi, sa comunicare gli stessi messaggi e valori anche entro limiti ristretti”.

Amante dell'arte, “pittore della domenica” come lui stesso si definiva, Leopoldo Kostoris tra il 1951 e il 1955 scrive agli artisti chiedendo loro un'opera, e alla lettera allega una tavoletta di compensato del formato 13x18 centimetri, poco più che una cartolina illustrata. Sceglie la misura in base alle sue ridotte disponibilità di finanze e di spazio. Solo pochissimi artisti non rispondono. Il risultato? 220 opere per una collezione praticamente unica al mondo che rappresenta, oltre che la passione di una vita, una rassegna veramente ragguardevole e tra le più complete della pittura italiana degli Anni Cinquanta, aperta alle più diverse correnti e ai più diversi contenuti; quasi un “universo tascabile”, come l'ha definita Claudio Magris. Ne sono rappresentati dai vecchi maestri della tradizione “novecentesca” (Carrà, Tosi, De Pisis, Guidi, Sironi, Campigli, Rosai, Borra), alla cosiddetta generazione di mezzo (Cagli, Birolli, Afro, Mafai, Saetti, Santomaso, Sassu), ai più giovani, le “promesse” dell'arte italiana: Hollesh, Tancredi, Finzi, Gianquinto, Diani, Francken. Ricca l'articolazione degli schieramenti regionali, con una netta prevalenza di artisti triestini e veneziani. Vi si possono così individuare tutte le tendenze e scuole di allora (con Savino, Cantatore, Cassinari, Tomea, Crali, Sassu, Levi, Migneco, Vellani Marchi, Music, Menzio , Stradone, Soldati, Vedova, Pizzinato, Alberto Martini). Il discorso antologico sulla pittura italiana che aprì Kostoris è proprio ciò che differenzia questa collezione dalle altre dello stesso genere.

Tutto avviene a Trieste e gli anni nei quali Kostoris raccoglie questa collezione sono quelli tra il 1951 e il 1955. L'atmosfera la descrive perfettamente Claudio Magris in uno scritto del catalogo edito in occasione dell'esposizione del 1999. “Sono anni difficili, fervidi e desolati per Trieste, situata e quasi abbandonata alla periferia della Storia, una periferia che in qualche modo è anche un centro, perchè la città ai margini dell'Italia, e anzi divisa dall'Italia, si trova su un confine che taglia in due il mondo, la cortina di ferro, e dunque sulla linea di fuoco, del conflitto per il dominio e il destino del mondo”. Anni durante i quali Trieste è un territorio libero governato dalle forze angloamericane. Solo nel 1954 tornerà all'Italia. Però sono anche anni di grande fervore, di tensione intellettuale ed emotiva, di fioritura culturale, anni di letteratura, di musica, di arti figurative e di pittura.

Dopo l'ultima esposizione del 1999 alla Galleria Nazionale di Roma, dal 9 dicembre 2011 al 31 gennaio 2012 la collezione (inaugurazione giovedì 8 dicembre ore 18.30), normalmente ospitata a casa di Fiorella Kostoris, sarà visitabile proprio a Trieste al Museo Revoltella. Organizzata dal Comune di Trieste – Assessorato alla Cultura e dallo stesso Museo Revoltella, con la collaborazione determinante della figlia di Fiorella Kostoris, Caterina Padoa Schioppa, giovane architetto che si è impegnata nella progettazione dell'allestimento, si tratta di una mostra fortemente voluta, “un riconoscimento – racconta Fiorella Kostoris a Fabio Isman nel testo del catalogo della mostra – di ciò che Trieste è stata per mio padre, a 55 anni dalla sua morte a 60 dal premio Arbiter. Questi 220 dipinti rappresentano qualcosa che mi ha sempre accompagnato, e mi ha aiutato per tutta la vita. […] Alcuni di questi quadri non smetterei mai di guardarli. Rappresentano anche una bella avventura figurativa, la passione di una vita.”

A fianco delle opere il visitatore può trovare numerose foto di famiglia, ritagli di giornale e altri documenti che lo aiuteranno a ricostruire la Trieste degli anni Cinquanta, ma soprattutto la figura di un uomo, colto ed elegante, di un'eleganza non vistosa, che ha saputo unire il senso degli affari a una grande sensibilità verso la cultura e l'arte, e che, come scrive Claudio Magris, è “rappresentante emblematico di quella grande cultura ebraica mitteleuropea che ha costituito una componente essenziale per Trieste, della sua peculiarità, della sua creatività, dalla letteratura alla politica”.