Leonardo Santoli / Gianfranco Sergio

Informazioni Evento

Luogo
CCCTO - EX BIRRIFICIO METZGER CENTRO DI CULTURA CONTEMPORANEA
via Pinelli 63/a , Torino, Italia
Date
Dal al

tutti i giorni su appuntamento

Vernissage
03/04/2014

ore 18

Artisti
Leonardo Santoli, Gianfranco Sergio
Curatori
Edoardo Di Mauro, Alessandro Novazio
Generi
arte contemporanea, doppia personale
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Doppia personale di Leonardo Santoli e Gianfranco Sergio, a cura di Edoardo Di Mauro ed Alessandro Novazio.

Comunicato stampa

In un’epoca di ridefinizione dei generi la pittura mantiene la sua centralità riuscendo, nei casi migliori, a rinnovarsi da un punto di vista iconografico, quindi conservando quella caratteristica che le è propria, implicita al concetto di “technè”, di tirocinio artigianale visto in una dimensione di sublimazione dell’agire artistico, con modalità attente e riflessive, abbinando a questa antica vocazione la capacità di osservare con occhio partecipe e disincantato al tempo stesso l’esistente, decontestualizzandolo dalla sua effimera contingenza materiale per dargli forma nella dimensione del simbolo. Da quando l’arte si è calata in una nuova realtà sociale, che le ha mutato diversi connotati ponendola all’interno di un diverso e più complesso sistema relazionale, cioè dall’inizio dell’ 800, la pittura si è posta in due occasioni, ovviamente tra loro diverse, a salvaguardia dei suoi valori fondativi : all’esordio della rivoluzione industriale, con le correnti del Romanticismo che ne difendevano il livello auratico, e dopo il 1975, a seguito dell’ingresso nella società postindustriale e della crisi del Concettuale. Seguo con partecipazione le vicende della pittura sin dagli esordi della mio mestiere di critico ed organizzatore culturale, quindi dal 1984.
Negli anni Zero la mia ricerca è proseguita culminando, nel 2005, con la curatela, presso la Fusion Art Gallery di Torino de “La contemporaneità evocata”, e, nel 2012, di “22 pittori italiani”, presso la Pow Gallery, rassegne nella quali ho colto alcuni spunti di parziale mutazione stilistica che mi paiono validi a tutt’oggi. Essendo, sin dall’antichità remota, lo strumento mimetico per eccellenza, la pittura riesce a metabolizzare, con procedimento metamorfico, tutto quanto proviene dall’esterno, e sta riuscendo nell’impresa anche relativamente a strumenti come la fotografia, l’immagine digitale e, più in generale, tutto l’inesauribile armamentario di simulacri della contemporaneità. Quindi il termine “evocazione” in questo caso è interpretabile in una duplice accezione. Da un lato il ritorno di un’attenzione curiosa e partecipe nei confronti degli stereotipi mediali, come avvenne negli anni’80, ma mantenendo molte caratteristiche di quell’atteggiamento di freddo ed algido distacco mentale tipico, almeno secondo la mia lettura, degli anni ’90. La contemporaneità appare nuovamente come narrazione iconografica prevalente, ma sfumata in un atteggiamento evocativo di suggestioni che furono un tempo intense e nel “qui ed ora” si ripropongono come sfocate dalla consapevolezza e dal disincanto.
La premessa di taglio storico vale ad inquadrare il lavoro di due protagonisti della scena artistica contemporanea, attualmente impegnati sul fronte pittorico, come Leonardo Santoli e Gianfranco Sergio, che ho il piacere di presentare, insieme ad Alessandro Novazio, in questa bi – personale, che inaugura la sede espositiva della Sala della Vasca, presso l'ampio immobile che ospita, a Torino, i locali dell'Ex Birrificio Metzger – Centro di Cultura Contemporanea.
Seguo il lavoro di entrambi gli autori da molti anni, con Gianfranco Sergio abbiamo avuto varie occasioni di collaborazione mentre con Leonardo Santoli, di cui ho sempre stimato il coerente percorso artistico e le qualità umane e professionali, è il primo ed atteso momento di confronto diretto.
Cosa accomuna i due artisti?. Nella fase attuale, oltre all'uso della pittura, una poetica ludica, irriverente ma al tempo stesso colta e consapevole, che li collega alla parte migliore della tradizione culturale italiana, quella che parla al presente conscia della lezione del passato e poco incline a piegarsi al dettato globale dell'”international style”, sinonimo di “politicamente corretto”.
Leonardo Santoli appare alla ribalta dell'arte italiana negli anni Ottanta, caratterizzati da una decisa virata verso il clima della post modernità. La formazione dell'artista è, per sua stessa ammissione nell'ambito di una intervista corollario di un progetto a quattro mani sviluppato con Lucio Dalla, grande amante dell'arte, in quel periodo, influenzata dalla linea concettuale e comportamentista degli anni Settanta. Santoli non si limità, però, ad una diligente opera di ricalco di schemi precedenti, ma ribalta i termini della questione collocandosi nella scia di autori atipici come Boetti, Mondino ed Ontani, quest'ultimo in particolare per la linea espressiva sviluppata nelle sculture e nell'ampio repertorio oggettuale. Il percorso di Santoli si articola in alcuni precisi filoni di ricerca iconografica. Nella parte finale degli anni Ottanta abbiamo la serie “Arcaica”, caratterizzata da composizioni aniconiche risolte con la modalità di una astrazione concreta, sul modello del MAC anni Cinquanta. In seguito l'autore sviluppa le “Mappe” , cartografie bizzarre e variopinte che si ispirano all'incerta ricerca dei confini del mondo tipica dei tempi antichi, per passare a quelle dei “Personaggi” e degli “Animali”, dove il registro dell'autore opera un corto circuito tra passato e presente, tra repertorio pop e mitologia, con un effetto finale di indubbia coinvolgente originalità. Questa ricerca costante rivolta verso gli stereotipi culturali, abilmente condotti nella dimensione globale del presente, è evidente nella serie degli “Arlecchini”, che sarà presentata in mostra a Torino. In queste composizioni la tradizionale maschera italiana, ubiqua ed irrequieta, calza i panni di svariati personaggi calati in pose di quotidianità, di balletto e di sfida, sullo sfondo di intensi e fitti patterns cromatici. L'anonimato del volto, maschera senza occhi nè fattezze umane, sta ad indicarne l'intercambiabilità e la predisposizione ad interpretare molte parti in commedia.
Gianfranco Sergio è un autore che esordisce giovanissimo nei primi anni Ottanta, presentandosi alla ribalta con una importante personale presso la storica galleria Rinaldo Rotta di Genova. I lavori di quegli anni si pongono in sintonia più che con gli autori della generazione a lui coeva, con cui Sergio gioca di anticipo, con la fase del post concettuale emerso a partire dalla fine degli anni Settanta. Sono evidenti analogie con autori appartenti al gruppo dei Nuovi Nuovi teorizzato da Renato Barilli. Si tratta di opere che oscillano da una campitura larga di martice astratto – organicista, ad altre vivacizzate da un dinamico puntinismo che evoca i pixel dell'immagine digitale. La fase successiva degli anni Novanta, dove avviene il mio incontro con l'autore, è quella dello svilupparsi di un ampio repertorio oggettuale ed installativo. L'artista racchiude frammenti di memoria all'interno di contenitori che assumono le vesti di scrigni del vissuto personale ed al pari si cimenta nella creazione di macchine e velivoli che potremmo definire di “archeologia futuribile”, sulla scia di un campione di questo genere di progetti come Gianni Piacentino. Dopo questa fondamentale ricerca tridimensionale Sergio decide che è ora di ritornare nell'ambito, in fondo prediletto, della tela, dove riproporrà quell'interesse per le forme sinuose, curvilinee, aguzze e coniche che aveva già sperimentato in precedenza. L'artista si pone anch'egli, come Santoli, nella scia della tradizione italiana, proponendo uno stile figurativo sorprendente e pirotecnico, dove elementi tratti dalla sperimentazione del Secondo Futurismo, Balla, Depero l'aereopittura, si congelano talvolta in interni e paesaggi di maggiore volumetria formale e sospensione metafisica, sempre contraddistinti da una giocosa e non banale ironia, in grado di parlare del presente adoperando lo strumento dell'allegoria. Come da me sottolineato in una delle varie presentazioni che gli ho dedicato : “Sergio contestualizza gli elementi che da sempre caratterizzano la sua arte all'interno di una figurazione gioiosa e neo barocca perchè caratterizzata dallìipotassi dei piani, un vero e proprio inventario umano e culturale dotato di una precisa nervatura concettuale”.
Con Alessandro Novazio, prendendo spunto dalle affinità dei due autori e dagli Arlecchini di Santoli, abbiamo deciso di intitolare la mostra “Servitori di due padroni”.

Edoardo Di Mauro, marzo 2014.