La Libertà non è uno spazio libero

Informazioni Evento

Luogo
MAU - MUSEO D'ARTE URBANA
via Rocciamelone 7 c , Torino, Italia
Date
Dal al
Vernissage
24/04/2015

ore 18

Artisti
Max Petrone, Xel, Angelo Barile, Francesca Gerlanda di Francia, Madame Decadent, Alessandro Caligaris, Diego Bonelli, Sarah Bowyer, Giordana Brucato, Gianpiero De Gruttola, Antonio Filippini, Richy Mandarino
Curatori
Edoardo Di Mauro, Togaci
Generi
arte contemporanea, collettiva
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L’arte ed il Settantesimo Anniversario della Liberazione.

Comunicato stampa

Nell'ambito delle numerose iniziative dedicate dal Museo d'Arte Urbana al sociale si inserisce la mostra che sarà inaugurata il 24 aprile dalle ore 18.00 presso la sede espositiva di via Rocciamelone 7 c, gestito dalla Associazione HulaHoop Torino/Roma.
Lo spunto è fornito dal Settantesimo Anniversario della Liberazione.
Il Borgo Campidoglio, così come il limitrofo quartiere di San Paolo e l'intera città di Torino, è un luogo denso di storia e memoria. Nel quartiere, oltre al Rifugio Antiaereo di Piazza Risorgimento, uno dei più grandi e meglio conservati di Torino, riscoperto casualmente nei primi anni Novanta, ha sede la sezione dell'ANPI Martinetto.
Il MAU dedica una intensa attività didattica e documentaria alla ricostruzione storica del territorio. La Responsabile Archivio Barbara Bordon è andata alla scoperta di quattro storie esemplari, collocate temporalmente tra il 1938 ed il 1968, che costituiranno l'ossatura documentaria dell'evento.

L'inaugurazione sarà preceduta da due visite guidate ; la prima al Rifugio Antiaereo di Piazza Risorgimento, in collaborazione con il Museo Diffuso della Resistenza, la seconda al MAU ed al Borgo Campidoglio, in collaborazione con Abbonamento Musei Torino Piemonte.

I curatori Edoardo Di Mauro e Togaci hanno dal canto loro selezionato 12 autori, prevalentemente giovani, insieme ad artisti già conosciuti nel mondo dell'arte contemporanea, ai quali hanno affidato il tema di evidenziare, con l'immagine, il simbolo e l'allegoria, il rapporto da loro intrattenuto non tanto con il “mito” della Resistenza, ma con la dimensione della libertà, un bene prezioso che l'Occidente dà per scontato, mentre invece va acquisito ed aggiornato giorno dopo giorno.
La più giovane generazione corre il rischio di vedere nelle celebrazioni, giuste e doverose, della Liberazione una sorta di “messa laica”, in cui ci si accontenta, poche volte all'anno, di esporre le proprie bandiere ed urlare slogan che evocano un senso, spesso illusorio e poco concreto, di appartenenza.
Quanto conta è la consapevolezza di un impegno costante, e stoicamente teso alla rivendicazione di valori che vivono in primo luogo nella dimensione interiore.
I curatori hanno preso a prestito una strofa di una celebre canzone di Giorgio Gaber, intellettuale irrequieto ed anticonformista, che recita “La libertà non è uno spazio libero”, assunto che riassume in pieno lo spirito dell'evento.

Tutta la storia del Novecento è stata caratterizzata dal rapporto tra arte e politica, che, dopo la Rivoluzione Industriale, si sviluppa al di fuori del dominio della ritualità. Gli strumenti di riproducibilità tecnica, come ben comprese Walter Benjamin, allargano enormemente la base fruitiva dell'arte e la collocano decisamente nella sfera della politica. Nella prima metà del secolo, l'epoca in cui nascono totalitarismi di vario colore, l'arte persegue con tenacia la possibilità di condizionare il potere, incanalandone le scelte al fine di costruire una società egualitaria, in cui il momento ludico della creatività sia considerato importante al pari del tempo di lavoro. La tragedia del secondo conflitto mondiale genera, nei primi anni del secondo dopoguerra, una disillusione negli artisti soprattutto relativamente ad un ruolo positivo che la tecnologia può giocare per creare una società estetica. In Italia abbiamo il dibattito, tutto interno alla sinistra post resistenziale, sul ruolo che intellettuali ed artisti possono ricoprire per agevolare un processo di profondo rinnovamento sociale, con la famosa contrapposizione, che durò poco, tra “figurativi “ ed “astratto -formalisti”. La ricostruzione ed il “boom economico”, fin dalla metà degli anni Cinquanta generano nuovo ottimismo e la convinzione, sviluppata dal Situazionismo di Guy Debord, Pinot Gallizio, Asger Jorn e Costant, di come l'arte e gli artisti debbano essere investiti da un ruolo di primo piano in una società in rapida evoluzione, e dell'abbattimento totale di qualsiasi barriera tra arte, vita e politica. Questa “onda lunga” proseguirà fino al Sessantotto ed al Maggio francese, con slogan come “l'immaginazione al potere” , di diretta emanazione situazionista, propagandosi per tutto l'arco del vitalistici, ma anche tragici e contraddittori, anni Settanta. Il decennio successivo, l'ingresso nella dimensione post moderna e l'esaltazione dell'individualismo generano, al netto di qualsiasi valutazione estetica, una rarefazione nei rapporti tra arte e politica, in cui, nei casi peggiori, si rinvengono nuovamente aspetti di cortigianeria e di esaltazione succube ed interessata del potere.
I tempi che viviamo, sotto la sferza del dominio della finanza e della globalizzazione, rivendicano nuove forme di partecipazione, che non si limitino a ricalcare, fuori tempo massimo, parole d'ordine ed atteggiamenti degli anni della contestazione. Il consenso ottenuto dalla street art, che è un' espressione di libertà, è la prova di come l'arte avverta forte l'esigenza di riscoprire la sua dimensione etica. L'arte può e deve giocare un ruolo importante in questa fase storica. Le giovani generazioni si trovano a vivere nella dimensione di un'eterno presente, privi di punti di riferimento, e facile preda di demagoghi di ogni risma. L'arte può sviluppare in concreto una riflessione importante sulle contraddizioni sociali e sulla necessità di salvaguardare libertà e diritti civili che non si devono dare per acquisti una volta per tutte, ma per i quali è necessario lottare, anche per allargarli alla luce dei nuovi bisogni. Iniziative come quella promossa dal MAU e dalla HulaHoop Gallery, alla quale seguirà, il 17 maggio, un Flah Mob sul tema dell'omofobia, in collaborazione con l'Associazione Tesso ed il Torino Pride, vanno in questa direzione, che è in primo luogo didattica, quindi politica.

La mostra vedrà allestiti lavori di Angelo Barile, Diego Bonelli, Sarah Bowyer, Giordana Brucato, Alessandro Caligaris, Gianpiero De Gruttola, Gerlanda Di Francia, Antonio Filippini, Madame Decadent, Richy Mandarino, Max Petrone, Xel.

Contributo di Regione Piemonte e Compagnia di San Paolo.