Furtiva e selvatica come una cerva

Informazioni Evento

Luogo
MARONCELLI 12
Via Maroncelli 12 , Milano, Italia
Date
Dal al

Da martedì a venerdì 12.00-19,30
O su appuntamento

Vernissage
07/05/2015

ore 18,30

Contatti
Email: f.neerman@tiscali.it
Artisti
Carlo Zinelli, Pietro Ghizzardi, Tarcisio Merati, Umberto Bergamaschi, Curzio Di Giovanni, Agostino Goldani, Franca Settembrini
Generi
arte contemporanea, collettiva
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A un anno esatto dall’apertura, Maroncelli 12 vuole celebrare il suo primo anniversario con la mostra “Furtiva e selvatica come una cerva. Capolavori dell’Arte Irregolare italiana”.

Comunicato stampa

A un anno esatto dall’apertura, Maroncelli 12 vuole celebrare il suo primo anniversario con la mostra “Furtiva e selvatica come una cerva. Capolavori dell’Arte Irregolare italiana”. Un omaggio anche alla città di Milano in occasione dell’Expo 2015, per contribuire al messaggio di “nutrire” il pianeta, con il cibo dell’anima che l’Art Brut sa offrire. Con una selezione delle opere di sette maestri italiani (Umberto Bergamaschi, Curzio Di Giovanni, Pietro Ghizzardi, Agostino Goldani, Tarcisio Merati, Franca Settembrini, Carlo Zinelli), la galleria inaugura il 7 maggio una collettiva che mette in mostra una trentina di dipinti, tra i lavori più rappresentativi dell’Arte Irregolare.
L’abitudine a inserire il soggetto della composizione all’interno di una forma chiusa e circolare gli è arrivata per caso mentre era concentrato nel copiare una moneta. Umberto Bergamaschi (1954) ne rimase così soddisfatto da non abbandonare più quella forma circolare. Ogni soggetto è presentato come una pura effigie, figure elegantemente stilizzate, senza profondità, in un universo fetale dove spazio e tempo non esistono. Questa volontà di astrarre ed emarginare gli elementi dalla realtà riflette la tendenza dell’autore a cercare rifugio in un universo silenzioso e protetto.
Curzio Di Giovanni (1957) dal 2001 frequenta l’atelier di pittura Adriano e Michele e i suoi lavori acquisiscono nel tempo grande sicurezza del segno grafico. I suoi personaggi, resi in modo segmentato come in un mosaico, risultano deformati anche per il contrasto tra il tratto nitido e il colore steso anche oltre il confine della figura.
Nato a Viadana (1906-1986), di origini umili, Pietro Ghizzardi porta fin da subito nella sua pittura l’impronta della vita dura del contadino. Dipingere era per lui un modo per godersi la vita, per ritrarre la sua inconscia attrazione verso l’universo femminile. Comincia a dipingere su cartoni di recupero, da ambo le parti, e a causa dell’indigenza usa fuliggine, mattone tritato, terre, ocre, bacche ed erbe.

Agostino Goldani (1915-1977) vive i primi trent’anni della sua vita tra difficoltà economiche, la guerra, il lavoro in Libia, fino a rimanere coinvolto in un bombardamento che lo lascia illeso ma duramente provato. Da quel momento si ritira in una stanza e scopre la pittura. Per quasi trent’anni vince la sua angoscia dipingendo migliaia di cartoncini di piccolo formato: ritratti straniati, gruppi di persone incapaci di comunicare ma espressione del suo inconscio.
Tarcisio Merati (1934-1995) si ribella presto alle condizioni disagiate e allo stile di vita della sua famiglia. A 25 anni subisce un tracollo psichico: la miseria, le liti in famiglia, un lavoro non amato lo rendono vulnerabile. Lui reagisce scegliendo un nuovo ruolo sociale, in preda a un delirio di onnipotenza. Nel 1959 entra per la prima volta nell’ospedale neuropsichiatrico di Bergamo e dal 1975 scopre la pittura: immagini di un suo personale alfabeto, “uccelletti”, “macchinette”, in un’esplosione di colori.
Grande protagonista dell’Art Brut, Franca Settembrini (1947-2003) a 11 anni, viene ricoverata nell’Ospedale psichiatrico di Firenze. Dal 1976, per dieci anni, frequenta il laboratorio di attività espressive La Tinaia dipingendo con molta energia anche se in maniera discontinua. Riprende i pennelli in mano nel 1992 nell’atelier di pittura dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere dove viene trasferita in seguito a un piccolo furto, per ritrarre il suo universo femminile fatto di bambine e giovani donne dalla folta capigliatura, soli accesi, uccelli dalle piume colorate.
Carlo Zinelli (1916-1974) è l’artista brut italiano più noto e collezionato all’estero, il primo a essere entrato nella collezione di Jean Dubuffet grazie alla segnalazione dello psichiatra Vittorino Andreoli. La sua vicenda artistica si intreccia con l’esperienza dello scultore scozzese Michael Noble che nel 1957, sotto la direzione di Cherubino Trabucchi, apre nell’ospedale psichiatrico di Verona (dove l’autore è ricoverato da dieci anni con la diagnosi di schizofrenia paranoide) un atelier di pittura. Zinelli frequenta il laboratorio con assiduità riempiendo le sue tele di figure stilizzate, animali, uccelli, fino alla chiusura dell’ospedale nel 1971 e al suo trasferimento in un’altra struttura.